L’IMPERFEZIONE CHE MUOVE I PASSI. CIMA D’ASTA PER IL SENTIERO BASSANESI
Non sono un’alpinista. Neppure un’arrampicatrice. E neanche una blogger.
E allora perché sono qui? Perché mi appassiona l’andare, fare piccole (grandi) esperienze in ambiente montano e mi appassiona la parola scritta.
Di più, penso che scrivere e camminare tra rocce e cielo, sguardo attento, controllo eppure libertà dell’animo, siano due momenti di vita possibili assai legati tra loro. Vado in montagna come e quando posso, scrivo come e quando posso e le sensazioni vissute che si condensano nel mio respiro e poi si spandono in sentieri misteriosi di me, diventano parole necessarie che quei sentieri su cui ho davvero posato i miei passi raccontano.
Salgo tra rocce di granito, il piede tiene, si può camminare ed è come una danza, mi posso fidare ed è bellissimo fidarsi, io che non lo faccio mai. Chi è con me, più esperto e sicuro ogni tanto si gira a guardarmi e io mi sento grata di questa attenzione e grata di essere qui, di aver scelto la strada meno praticata e più scomoda. Il percorso si fa sassoso, massi di ogni dimensioni, mi aiuto con le mani, sembra sempre che non ce la faccia, invece no.
Ancora duecento metri e siamo in cima. Intorno silenzio e solitudine panorami lunari come di un mondo altro in cui trovare un senso per quello della vita, che ci richiede ogni giorno. E ogni volta è un sentire familiare eppure nuovo, sempre scoprirsi, e chiedersi onestà, essenzialità, passo rispettoso e mai invadente. Voglio entrare tra queste rocce senza disturbare, senza farmi sentire, essere fessura tra le fessure, perché dalle fessure passa anche la luce. Vado con la mia paura e la mia incertezza, che pure mi richiamano ancora e ancora in questi luoghi selvaggi e solitari. Arrampico e pure nel poco c’è comunque la bellezza del gesto che aggancia radici profonde. Cerco i passaggi migliori, sento il ruvido, il liscio, il solido sotto le mie dita, ho imparato che non si deve pensare troppo, ma lasciar spazio allo sguardo e all’intuizione, perché bisogna scegliere e andare. Ma non è forse la vita?
Piccola sosta al bivacco Cavinato, sulla cresta sommitale e poi in cima: fa freddo, è magnifica la vista, tanta la strada fatta, bello essere arrivata. Ma di più l’esserci stata, sulla strada fino a qui, accolta, imperfetta come sono. Lievi parole di noi sul libro di vetta, traduzione di sogni poetici a cui non so rinunciare …
Ma non è finita, salire si veste anche del ritorno, è tempo di scendere, un tempo lungo che vuole pazienza, che insegna a dar spazio ai diversi momenti necessari, a viverli comunque con pienezza: una piccola ferrata, e poi giù, fino al lago, uno specchio argento e blu, quasi irreale, come quello che di noi non conosciamo, che questi grandiosi Lagorai fanno affiorare con la loro anima potente e misteriosa.
E ancora strada: arriveremo camminando al buio, i profili neri delle montagne intorno, sull’infinita stradina bianca che ci illumina i passi sotto un’invenzione di cielo stellato, una sorta di magia che trasforma ogni cosa.
1 commento/i dai lettori
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