pgcf_copertina Frammenti 4_01Recenti studi condotti sulle Alpi francesi hanno dimostrando che alcuni recinti pastorali hanno origini preistoriche. Ora il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi ha avviato una ricerca scientifica sui “cerchi di sassi” presenti nell’area protetta.

Conoscete la rivista Frammenti?
È una pubblicazione dell’Amministrazione Provinciale di Belluno che nel marasma dell’ente si è miracolosamente salvata grazie all’impegno appassionato della squadra di redazione catalizzata da Cesare Lasen e dal provvidenziale intervento finanziario della Regione Veneto, del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e di quello delle Dolomiti d’Ampezzo. Nella sua testata il sottotitolo recita: “Conoscere e tutelare la natura bellunese” e crediamo che ogni persona, che veramente abbia a cuore questo obiettivo, dovrebbe avere Frammenti nella sua biblioteca.
Nel n°4 del luglio 2012 la rivista ha dedicato largo spazio a una ricerca-proposta sulle antiche strutture pastorali di alta quota, col titolo “Nel recinto di Polifemo”, che intendeva gettare un sasso nello stagno dell’indifferenza manifestata anche dagli ambienti scientifici verso questi veri e propri monumenti della storia del popolamento delle nostre montagne.
Ricerca: perché il nostro gruppo si è fatto carico di un’indagine sul terreno che ha portato ad “accatastare” quasi un centinaio di antiche strutture di pietre a secco, principalmente recinti per la mungitura degli ovini con annessi ricoveri dei pastori.
Proposta: in quanto, oltre ad auspicarne lo studio in chiave etnoarcheologica, se ne proponeva la tutela da parte delle pubbliche amministrazioni e se ne invocava il rispetto e la considerazione da parte di tutti i frequentatori delle nostre montagne.
Con grande soddisfazione dobbiamo dire che il lancio del sasso ha subito colto nel segno, provocando da parte del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi una reazione di grande favore verso le proposte avanzate. La storia dei contatti e delle iniziative messe in campo con questa amministrazione è ben riassunta nella newsletter diramata in questi giorni dal Parco stesso, che riportiamo:

La struttura di Malga Federa: recinto multiplo con annessa probabile struttura abitativa (ph P. Cesco Frare)

La struttura di Malga Federa: recinto multiplo con annessa probabile struttura abitativa (ph P. Cesco Frare)

“Molti escursionisti avranno notato, durante le loro passeggiate in montagna, dei cerchi di sassi, più o meno grandi e regolari, spiccare sulle praterie di alta quota. Si tratta dei resti di antichi ricoveri e di recinti pastorali, utilizzati in passato per radunare le greggi per la mungitura. (…)
Fino a poco tempo fa gli studiosi ritenevano che questi recinti fossero strutture relativamente “giovani”. Recenti studi condotti sulle Alpi francesi hanno però smentito clamorosamente tale ipotesi, dimostrando che alcuni di questi recinti hanno origini preistoriche, risalgono all’età del Bronzo e hanno quindi più di 4000 anni!
Appassionati di archeologia locale, coordinati da Piergiorgio Cesco Frare e Gabriele Fogliata, hanno censito negli anni scorsi i recinti pastorali presenti in provincia di Belluno e nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, rilevando e misurando complessivamente una ottantina di siti, di cui una decina all’interno del territorio del Parco. (…)
Per approfondire lo studio di queste preziose testimonianze storiche ed archeologiche, il Parco ha stipulato una convenzione con l’Associazione ARCA – Gruppo Archeologico Agordino. Il progetto prevede il completamento del censimento dei recinti nel territorio del Parco e la realizzazione di alcuni saggi di scavo, per cercare indizi utili alla datazione delle strutture come, ad esempio, resti di carbone, che possono essere datati con il metodo del radiocarbonio. Il sito individuato per effettuare i saggi di scavo si trova in Busa delle Vette, nel settore sud occidentale del Parco.

Immagine ripresa con drone di un recinto pastorale in Busa delle Vette

Immagine ripresa con drone di un recinto pastorale in Busa delle Vette

Prima di procedere con lo scavo, che sarà realizzato il prossimo anno sotto la direzione della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto e con la collaborazione tecnico scientifica delle Università di Trento e di York, è necessario un rilievo accurato del sito, letteralmente “sasso per sasso”. Questo rilievo, solitamente condotto sul terreno con mezzi manuali, è stato per la prima volta effettuato utilizzando i più aggiornati mezzi tecnologici. Nei giorni scorsi, infatti, un drone archeologo”, sorta di piccolo elicottero dotato di apparecchiatura fotografica ad uso fotogrammetrico e sviluppato dalla società Zeta Esse, è stato utilizzato in Busa delle Vette, per rilevare e misurare con estrema precisione il complesso di strutture pastorali in località Vette Piccole.
Le informazioni fornite dal drone consentono di capire quali parti del recinto siano presumibilmente più antiche e di individuare i punti in cui effettuare i saggi di scavo, nella speranza di trovare tracce della antica frequentazione umana. (…)

Ma torniamo a quanto scrivevamo nella rivista Frammenti del 2012 conclusione della nostra ricerca:
“Desideriamo, infine, rivolgerci a tutti quelli che frequentano per vari scopi le nostre montagne, perché acquistino consapevolezza di questo patrimonio culturale nascosto, evitando di manometterlo magari coll’intento di bonificare il territorio o, peggio, per seguire la frivola moda di “scrivere” con le pietre sui pascoli faticosamente strappati nel corso di secoli all’ingrato ambiente delle alte quote”.

Un prato di alta quota deturpato dai petrografomani

Un prato di alta quota deturpato dai petrografomani

A proposito del fenomeno purtroppo dilagante delle scritte fatte colle pietre, lasciando ad altri indagarne sulle cause “antropo socio psico cultural e quant’altro logiche”, vogliamo solo aggiungere che all’evidente sfregio ambientale e paesaggistico che questa mania di derivazione grafittara provoca, si aggiunge il danno al patrimonio etnografico e archeologico che, come abbiamo potuto constatare in certi casi, manomette irrimediabilmente preziose testimonianze storiche legate alla millenaria frequentazione dell’uomo.

P.S. Naturalmente, caduto anch’io nella dispettosa trappola logica sottesa a “asino chi legge/asino chi scrive” mi assegno un’autopatente di asinità avendo aggiunto, anche se in maniera del tutto virtuale, la scritta cubitale sul verde tappeto erboso dell’immagine. Valga come penitenza per l’offesa, seppur bonaria, arrecata a tutti i petrografomani (tra cui ho scoperto – ma mi sembra ancora impossibile – un mio stimatissimo amico, che non dico).

Piergiorgio Cesco Frare autore del post

Piergiorgio CESCO FRARE | Autore di saggi su escursionismo, toponomastica, archeologia e storia della provincia di Belluno

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