La scorsa estate, sono salito sul Monte Bianco per la cresta dell’Innominata
ed in quella occasione mi sono fermato al Monzino a fare una pausa, perché
conosco quel rifugista: se non mi fossi fermato sarebbe stato davvero “triste”,
sarebbe stato un vero peccato.

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Sara Taiocchi, Ueli Stech e Alessandro Pelicioli / Brixen 10.2016

L’Ims di Bressanone, il 14 ottobre scorso mi offrì l’occasione di intervistare Ueli Steck, insieme a Sara Taiocchi. Ne nacque una piacevole ed empatica conversazione capace di dimostrare, una volta di più, che il parlare e il vivere di montagne, sia uno dei tanti modi per avvicinare gli uomini, facendoli sentire fratelli. L’intervista nata in quell’occasione è rimasta poi inspiegabilmente e senza un particolare motivo, nel cassetto fino a questo pomeriggio e solo dopo aver letto del tragico incidente dell’alpinista svizzero sulla parete del Nupse mi è tornata alla mente.
Il desiderio di riascoltare quella spensierata chiacchierata per poi condividerla vuole quindi essere un semplice ed umile gesto d’affetto e di stima nei confronti di quest’uomo, protagonista di alcune delle pagine più entusiasmanti nella storia dell’alpinismo.
L’IMS di Bressanone ci ha permesso di incontrare Ueli Steck e di parlare con lui della sua maniera di fare alpinismo e del suo amore per l’Eiger.

Bressanone, 14 ottobre 2016 — E’ ormai naturale associare il nome di Ueli Steck alla parola “velocità” ed alla mitica “Nord dell’Eiger”. Un associazione che nasce spontanea, perché se l’alpinista svizzero classe 1976 è oggi colui che tutti conosciamo, lo si deve in particolar modo alla montagna di casa, l’Eiger – sulla quale ormai si sente a casa visto il suo ultimo record e le oltre 40 ascese già portate a termine – e alle sue prestazioni da record.

Ueli Steck rappresenta nell’alpinismo del giorno d’oggi, una delle massime espressioni di dedizione, allenamento, preparazione e costanza, ma anche di estrema consapevolezza dei propri mezzi. A ribadirlo vi sono anche i 2 Piolet d’Or in carriera: il primo vinto nel 2009 con Simon Anthamatten per la Nuova via sul Tengkampoche in Nepal ed il secondo nel 2014 per la sua direttissima in solitaria sulla sud dell’Annapurna.
Con il desiderio di approfondire la sua conoscenza, l’abbiamo incontrato all’International Mountain Summit di Bressanone, poche ore prima di uno spettacolo conferenza nel quale si è poi raccontato.

Alessandro: La nord dell’Eiger: l’hai salita per la prima volta a 18 anni, realizzando poi nel 2015 il record in velocità di 2 ore e 22 minuti. Con Kilian Jornet, l’anno scorso hai toccato la sua cima 39 volte.

Ueli: Ed ora siamo a 41.

Alessandro: 41 volte significa che quando ti chiedi: “Cosa posso fare oggi?” è quasi naturale che ti risponda “Salgo l’Eiger!”.

Ueli: Lui è lì… Per me è così: posso fare colazione, salire sull’Eiger per poi ritornare a casa in giornata. Ed è una cosa che mi piace davvero molto. Ho fatto grandissimi progressi e l’Eiger è per me un luogo in cui io posso correre o arrampicare se le condizioni lo permettono. E’ una cosa molto naturale.

Alessandro: Cosa significa questa montagna per te?

Ueli: La prima volta che la salii, affrontai un mondo sconosciuto: è una montagna icona e vi sono così tante storie a riguardo. Ma ora so esattamente cosa c’è e cosa mi devo aspettare: mi sento come se fossi a casa. E penso che questa sia una dinamica interessante. Mi piace tornare su una montagna dove sono già stato, perché mi sento più mio agio e posso spingere il mio limite, sempre un po’ più in là. Si si, è un processo veramente interessante. Vado sull’Eiger e mi dico: ”Ah, questa è casa mia!”.

Alessandro: Le relazioni della nord dell’Eiger, indicano da 1 a 3 giorni per la salita: il tuo record è 2h 22m. In futuro si riuscirà a fare di meglio lungo questi 1800 m di parete?

Ueli: Sono certo si possa fare sotto le 2 ore. Quale è il record per il chilometro verticale?

Alessandro: Il record è di Urban Zemmer ed è intorno ai 30 minuti.

Ueli: Vedi! C’è un grandissimo potenziale nell’alpinismo che è ancora ad un livello molto basso: al giorno d’oggi non c’è ancora una modalità d’allenamento adeguata. Per questo penso che nel futuro si farà davvero un enorme passo in avanti. Tutto ciò accadrà solo nel momento in cui l’alpinismo verrà considerato uno sport a tutti gli effetti e non solo un’avventura.

Alessandro: La tua maniera di andare in montagna si caratterizza intorno al concetto di “velocità”. Cosa ci puoi dire a riguardo?

Ueli: Dico che ogni tanto bisogna darsi una calmata, perché c’è il rischio di perdere la “gioia” dell’arrampicare per via di quel “Devo essere più veloce, più veloce!”. Negli ultimi due o tre anni, ho imparato che durante gli allenamenti posso anche fermarmi da qualche parte per qualche istante e guardarmi intorno, per poi ripartire a tutta: se ti stai facendo un allenamento, non cambia nulla. Credo che sia importante non essere sempre di corsa, perché poi perdi la percezione delle cose. La scorsa estate, sono salito sul Monte Bianco per la cresta dell’Innominata ed in quella occasione mi sono fermato al Monzino a fare una pausa, perché conosco quel rifugista: se non mi fossi fermato sarebbe stato davvero “triste”, sarebbe stato un vero peccato.

Alessandro: Nel tuo curriculum alpinistico ci sono 2 Piolet d’Or: che valore hanno per te?

Ueli: Prima di risponderti devo fare una premessa: quando vado in montagna, il momento che io vivo è connesso a quel preciso istante e se mi guardo indietro, non riesco proprio a dire: “Questa è stata la mia migliore scalata!”. Perché per me la scalata migliore è la prossima che andrò a fare! Tutto ciò che è stato fatto… è stato fatto! Che dire di più? Potremmo uscire domattina a correre e questo sarebbe bello, perché mi permetterebbe di fare qualcosa. E’ la stessa cosa con il Piolet d’Or: certo nel momento in cui lo ricevi percepisci che è un gran riconoscimento, ma sai già che quel premio riguarda un qualcosa che è ormai passato.

Alessandro: Resta però la soddisfazione…

Ueli: Si, resta la soddisfazione. Però, c’è qualcosa nella vita che va avanti e non è veramente importante quello che hai fatto: una salita dura o non dura, se è stata lunga… Io penso che devi accettare, che quel momento è andato ed è per questo che non penso molto ai fatti del passato. E’ stato bello ricevere il Piolet d’Or e sicuramente aiuta se l’hai nel tuo curriculum: ma la mia carriera sarà quello che scalerò, quello che farò nel futuro.


Tutto ciò che è stato fatto… è stato fatto! Che dire di più?
Potremmo uscire domattina a correre e questo sarebbe bello,
perché mi permetterebbe di fare qualcosa.

AP Ueli STECK_01

Alessandro Pelicioli autore del post

Alessandro Pelicioli | Il mio nome è Alessandro e dal 1979 sono circondato da una splendida famiglia. Scrivo, leggo, cammino e sempre cerco con Sara – nella cenere dei giorni e con l’intento di condividere – solo ciò che è bello. Perché una cosa bella, Keats insegna, è una gioia per sempre.

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