Sono mitteleuropea, sono pallida come il calcare, che c”entro con il blues?

Eppure ne sono esperta, perlomeno di una sua variante peculiare: il mountain blues. Avete presente il ricordo dolente dell”andar per vette quando lo sguardo è oppresso dalla mancanza di pareti?
Quella libertà che si respira lassù, quanto la si rimpiange fra le catene del tran-tran quotidiano? Il dolore è forse poca cosa rispetto a quello provato dagli schiavi afroamericani, ma avvicina allo stato d”animo del blues.
Vedo il mare ogni giorno, che ne posso sapere di montagna? Eppure su quello specchio d”acqua si affaccia un porto con ben tre storiche associazioni alpinistiche: la Società Alpina delle Giulie spegne quest”anno 130 candeline; lo Slovensko Planinsko Društvo Trst, l”associazione slovena, 109; la XXX Ottobre, 95.
Quel porto si chiama Trieste ed io – mi presento – sono la Val Rosandra, forra rocciosa che incide il Carso alle sue spalle.

Val Rosandra in veste invernale

Val Rosandra in veste invernale

Forse ancor più assurda di una valle che parla

vi sembrerà una città di mare con una così atavica voglia di Alpe. Andate a passeggiare per le sue Rive in una giornata tersa d”inverno e ne capirete il motivo: una quinta scintillante di montagne innevate emerge dalle acque del golfo come una fata morgana.
Sono le Alpi Giulie, a nord, e le Dolomiti Bellunesi, a nord-ovest: i due amori dell”alpinista triestino. In quei giorni esse appaiono così vicine che sembra se ne possa toccare i canaloni e le pareti con le dita.
Robert Macfarlane sostiene che la montagna sia un luogo della mente, inventato da chi fantastica di salirci. Trieste allora è una fucina secolare di orogenesi culturale, scolpita nel desiderio frustrato da un”amante che si concede solo nei fine settimana.
Ed io? Io sono la consolazione a quel blues, che gli alpinisti triestini sono venuti ad intonare per generazioni sulle mie placche e sui miei diedri, trovando appigli così simili a quelli delle Dolomiti o delle Giulie, a seconda del versante che accarezzavano.
Ricordo Julius Kugy: fu forse il primo a venirmi a visitare solo per contemplarmi, senza altri scopi. Era un romanticone, di sicuro il primo a frequentarmi in preda al mountain blues. Si limitava a scrutarmi malinconico attraverso quegli occhiali tondi, come un amante non corrisposto. Lui in montagna ci andava con le guide, non gli passava neanche per la testa di mettersi in cordata sulle mie paretine casino spiele per allenarsi, non era un”intuizione della sua generazione ma online casinos di quella successiva a cui apparteneva Napoleone Cozzi, il mio secondo spasimante storico, il primo a farsi avanti e ad aver avuto il coraggio di toccarmi.

La Fessura Cozzi sul Campanile di Val Montanaia ed il suo "prototipo" sul Crinale della Val Rosandra

La Fessura Cozzi sul Campanile di Val Montanaia ed il suo “prototipo” sul Crinale della Val Rosandra

Lo scontro generazionale era anche sociale,

all”alpinismo alto-borghese con guida di Kugy si contrapponeva quello da ceto medio di Cozzi. Lui e i suoi coetanei citavano Mummery e ne facevano una questione di etica.
Sarò maligna: per me era prima di tutto una questione di grana. Non potendo disporre di guide o vacanze troppo lunghe in ambiente dovettero arrangiarsi a cercare rocce casalinghe su cui impratichirsi, surrogati di montagna. Gli online casino inglesi li trovarono nel Lake District, tedeschi e austriaci nella cosiddetta Svizzera Sassone. Qualche anno dopo – a cavallo fra i secoli XIX e XX – Cozzi trovò la sua palestra domestica fra le mie braccia di pietra.
Ma se in Inghilterra e in Sassonia iniziarono ad appassionarsi più alle rocce che alle montagne, preferendo quindi i surrogati mobile casino all”originale da veri precursori dell”arrampicata sportiva, ciò non accadde a Cozzi e compagni: loro mi scalavano con sempre in mente le Alpi.
Ovvio, a differenza di inglesi e tedeschi, Cozzi, quando rubava un”arrampicata al freddo di marzo sui miei versanti, vedeva quelle candide cime, monti veri, casino online e il mountain blues gli si appiccicava all”anima… Tra i miei anfratti egli individuò le copie-carbone dei problemi alpinistici dell”epoca: se il Camin quadrato dei veci sulla mia destra orografica può ricordare il camino Cozzi sulla Torre Trieste del Civetta, è impossibile non collegare la fessura Cozzi nel Crinale sulla mia sinistra a quella omonima sul Campanile di Val Montanaia.

Via Comici-Fabjan alla Sorella di Mezzo, 1929 (in alto a sx); La Bianca, 1927 (in basso a sx); La Grande, 1928 (in alto a dx)

Via Comici-Fabjan alla Sorella di Mezzo, 1929 (in alto a sx); La Bianca, 1927 (in basso a sx); La Grande, 1928 (in alto a dx)

Dopo la grande guerra, la prima,

si fece largo un nuovo spasimante, il più grande: Emilio Comici, il mountain-bluesman per eccellenza. Nessuno come lui lo cantò con tale acribia sui miei contrafforti calcarei, ricavandone il vocabolario completo della montagna che andava poi ad abbracciare nei fine settimana. Non era un geloso, con sé portava tanti altri spasimanti e fu così che io divenni la prima palestra di arrampicata italiana.
E poi Emilio mi portò tantissime ragazze, facendole arrampicare anche come capocordata, mai visto prima tante donne dalle mie parti, come la povera Bruna Bernardini che vidi precipitare un giorno dal Crinale sul diedro che ora porta il suo nome.
Emilio venne a trovarmi per aprire vie nuove, sempre più ardite, anche quando il blues lo spinse a trasferirsi a Misurina. Ma le sue vie che ricordo con più affetto sono quelle che aprì sul mio versante destro nei tardi anni “20: la Bianca nel “27 e la Grande nel “28. Sperimentava il 6° grado che inaugurò, primo in Italia nel 1929, sulla Sorella di Mezzo del Sorapiss.

Sempre più arrampicatori vennero

a trovarmi dopo la seconda guerra. Tra gli ultimi a scalarmi con il mountain blues in cuore ricordo Enzo Cozzolino e Tiziana Weiss, poi il vento di Yosemite soffiò anche lungo il mio corpo roccioso e i “climbers” di oggi che mi frequentano spesso non pensano più alle pareti alpine. Forse rivendicano un amore più autentico per me, senza proiezioni, eppure quando aprono una via come quella accanto al Diedro Bernardini, sparandomi nella roccia talmente tanti fittoni da sembrare una scaletta antincendio, non penso sia amore vero.
Forse paragonarmi alle pareti dolomitiche è stato il modo con cui Cozzi, Comici, Cozzolino, Weiss e gli altri mi hanno fatto sentire più bella, come quando gli innamorati ti cantano serenate scomodando iperboli pindariche.
Sicuramente è stato il modo con cui mi hanno fatto entrare nella storia dell”alpinismo, io, umile forra carsica di provincia.

firmato
Val Rosandra

Lorenzo Filipaz autore del post

Lorenzo Filipaz | Triestino, blogger (vincitore del Blogger Contest.2012), co-fondatore del gruppo alpinistico semiserio “Le Cavre”, amante da sempre della montagna in tutte le sue dimensioni, compresa quella letteraria e cinematografica.

6 commento/i dai lettori

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  1. Lorenzo Filipaz
    Lorenzo Filipaz il1 ottobre 2013

    Come ho scritto altrove desidero ringraziare Wu Ming 1 per essersi lasciato deliberatamente saccheggiare l’idea di associare il blues all’alpinismo e a Emilio Comici. Il suddetto sta infatti portando avanti uno spettacolo musicale assieme al gruppo jazz Funambolique intitolato proprio “Emilio Comici Blues”.
    http://pointlenana.tumblr.com/tagged/Funambolique
    http://funambolique.wordpress.com/

  2. Anonimo concorrente il24 settembre 2013

    “Altitudini Blues” non è male, ma sarebbe stato un titolo troppo paraculo :-D
    I link esterni pensavo non fossero ammessi, ma in effetti non c’è alcun divieto in merito nel regolamento, guarda un po’ come si formano i bias cognitivi!
    Ecco come ne parlavano del libro di Macfarlane sul compianto Intraisass http://www.intraisass.it/rec51.htm
    E qui un assaggio visivo di quello che intendevo per Mountain Blues nella declinazione triestina https://www.google.it/search?q=monti+trieste&rlz=1C1GGGE_itIT443IT446&um=1&ie=UTF-8&hl=it&tbm=isch&source=og&sa=N&tab=wi&ei=ndZBUrmAH8GN7QaE5oDIAQ#hl=it&q=montagne+trieste&tbm=isch&um=1

  3. Pingback: Il Point Lenana Tour come opera totale e transmediale | Giap 13 Set, 2013

    […] In Val Rosandra, alla fine degli anni Venti, Comici e i suoi compagni del GARS (Gruppo Alpinisti Rocciatori Sciatori) aprirono la scuola di arrampicata che esiste tuttora. In Val Rosandra, Comici cercò repliche “miniaturizzate” dei grandi “problemi” alpinistici dell’epoca, sperimentando innovazioni nelle tecniche d’arrampicata che poco dopo gli permisero di aprire nuove vie in tutte le Alpi orientali e centrali. Se non vi fidate della nostra parola, qui è la valle stessa a raccontarcelo in prima persona. […]

  4. chiarofiume il7 settembre 2013

    “Le montagne erano come briciole sopra una tovaglia increspata. Tutte le civiltá le hanno ignorate. Gli scalatori le hanno rese gigantesche. Le montagne sono opere loro. Mcfarlane racconta questa storia capovolta.” ERRI DE LUCA … trovato in http://www.alpinia.net/editoria/recensioni/rec_scheda.php?id=24 … non sapendo che Robert Macfarlane ha scritto un libro intitolato “Come le montagne conquistarono gli uomini”.

    • Anonimo concorrente il21 settembre 2013

      Grazie Chiarofiume, puntualizzazione importante la tua che non sono riuscito ad inserire nel post per via del limite di 1000 parole – “Come le montagne conquistarono gli uomini” sono ben 6 ! :-)
      Testo purtroppo quasi introvabile (mai più ristampato dal 2005) ma fondamentale per capire “l’orofilia”, come nell’arco di tre secoli le montagna sia diventata sublime nella testa degli uomini da orribile, qual era considerate in età pre-contemporanea.

      • chiarofiume il22 settembre 2013

        Secondo me “il collegamento” tra montagna e blues è il desiderio di “concatenare appigli” che possano permetterci di arrivare a una meta. Il limite delle 1000 parole si dovrebbe poter superare usando i link come se fossero appigli. Per un post sulla montagna, poi, si potrebbe anche immaginare di trovare qualcosa che renda l’idea del “mettersi in sicurezza”. Ce n’è abbastanza per re-intitolare questo post Altitudini Blues? Cosa ne pensi?

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