Esausti superiamo la diga di Fener

Filippo e Giacomo. Esausti superiamo la diga di Fener

Dal monte Peralba al mare Adriatico lungo il fiume Piave.

Un fiume, due amici e spirito di avventura. Ecco gli ingredienti di questa storia che ci vede protagonisti in un viaggio di scoperta nelle terre “di casa”.
Sono davvero di casa
per Filippo, 23 anni di San Donà di Piave, che con il “suo” Piave ci convive da sempre e racconta:
“Grazie alla mia famiglia ho sempre vissuto a stretto contato con il Piave. Lo abbiamo sempre sentito come una presenza e non solo come parte del nome della nostra città. Fin da piccolo andavamo in canoa o in barca. Andavamo a pescare e ad esplorarne le isole… Ho sempre sentito il Piave come parte di me.”
Le esperienze al fiume erano però come pezzetti di un grande puzzle chiamato Piave che le accomunava ma di cui ne sfuggiva l’immagine intera, la completezza. Per guadagnare una visione di insieme è necessario porsi dal punto di vista del fiume stesso, condividerne il percorso ed adattarsi ai suoi ritmi naturali. Senza imposizioni, senza forzature.

Da questi pensieri comincia a formarsi nella mente di Filippo l’idea di un viaggio in autonomia dalle sorgenti alla foce del fiume. Un itinerario le cui parole chiave sono scoperta e condivisione. Un’avventura del genere, infatti, non può non fondarsi su un’amicizia, da cui trae e a cui restituisce forza.

L’amico in questione sono io, Giacomo, 24 anni di Foligno. Umbro naturalizzato veneto dagli anni di università, del Piave ne so poco o nulla quando Filippo mi illustra la sua pazza idea. Le sfide però mi sono sempre piaciute e per questo accettato immediatamente la nuova proposta.
L’idea di base è affascinante quanto semplice. Percorrere con le nostre sole forze i 231 km attraverso cui si snoda il Piave. Uno scheletro immediato e robusto su costruire la nostra impresa.

mappa piave_01Due giorni di cammino fino a Pieve di Cadore e poi via di pagaia fino alla foce

Il punto di partenza viene fissato sulla vetta del Peralba, alle cui pendici si trovano le sorgenti del fiume, in modo da rendere omaggio alla maestosa cima e alla nostra passione per la montagna. Da qui fino a Cortellazzo, dove il Piave sbocca sull’Adriatico, calcoliamo 7 giorni di spostamenti. Vista la natura del percorso decidiamo di coprire a piedi il primo tratto in cui il fiume è poco più che un torrente, e di utilizzare due kayak nel resto del tragitto. Due giorni di cammino fin sotto la diga di Pieve di Cadore e poi via di pagaia fino alla foce.

La prima condizione che decidiamo di imporci è l’autonomia di mezzi e viveri. Una tenda e il cibo necessario caricati in spalla o stipati nei kayak per poter isolarci dalla civiltà circostante e di instaurare la giusta sintonia con il Piave e la natura che lo caratterizza.
Organizzate le tappe e i metodi manca solo da fissare la data della partenza. Un controllo incrociato dei rispettivi calendari elegge a settimana dedicata quella che va dal 6 al 12 agosto 2012 per mancanza di concorrenti. Gli impegni universitari la fanno da padroni e ci lasciano disponibile quello che si teme essere il periodo più caldo degli ultimi cinque anni. Non ci spaventa tanto l’afa quanto il rischio di trovare il fiume in secca. In ogni caso non possiamo farci niente quindi ci limitiamo ad incrociare le dita in attesa dell’inizio della nostra avventura.
La vigilia della partenza arriva in fretta e ci dirigiamo verso l’alta Val Sesis con ancora l’incognita di dove lasciare i kayak per poterli ritrovare dopo i giorni di cammino. Per fortuna una gentile signora di Macchietto (Comune di Perarolo di Cadore) ci viene incontro e si offre di custodirci le canoe fino al nostro ritorno. La ringraziamo con una bottiglia di prosecco e le diamo appuntamento a tre giorni dopo. L’ultimo problema organizzativo è risolto.

Il punto massimo è raggiunto, ora dobbiamo solo di scendere

La notte del 5 agosto la passiamo sopra i duemila metri, sull’uscio di un fortino della prima Guerra Mondiale non lontano dall’inizio del sentiero Papa Giovanni Paolo II che porta alla vetta. Un magnifico cielo stellato fa da sfondo al nostro bivacco. Siamo emozionati e volenterosi di iniziare la nostra avventura.

ore 07.00 il suono della campana sulla vetta del monte Peralba (2694  m)

ore 07.00 il suono della campana sulla vetta del monte Peralba (2694 m)

La mattina della partenza ci svegliamo prima dell’alba perché vogliamo poter ammirare le prime luci del giorno dalla cima di 2694 metri. Saliamo in fretta in tempo per suonare la campana di vetta alle 7 in punto. “Il punto massimo è stato raggiunto! Adesso si tratta solo di scendere!” mi trovo a gridare.

Nei due giorni che seguono cerchiamo di rimanere fedeli al nostro iniziale intento di discostarci il meno possibile dal letto del Piave, ma presto ci rendiamo conto che la cosa è meno semplice del previsto. Infatti la selvaggia vegetazione fluviale costringe a deviazioni e guadi continui. Questo dominio incontrastato della natura ci regala degli scorci mozzafiato ma ci costringe spesso a deviare ed utilizzare la strada. Il chilometraggio passa dai 25 chilometri giornalieri preventivati a più di 40.
Per rispettare le tappe del viaggio ci diamo man forte a vicenda e affrontiamo, non senza sofferenza, circa 14 ore di cammino al giorno fino all’arrivo notturno alla località dove abbiamo lasciato i kayak due giorni prima. Siamo esausti ma speranzosi che le giornate in canoa siano più leggere e divertenti.

Le prime pagaiate

Le prime pagaiate

Il nuovo capitolo del viaggio ci mostra da subito i suoi lati più belli. Il contatto con il fiume ora è totale. Siamo immersi in un ambiente incredibilmente affascinante e vediamo scorci generalmente riservati alla fauna del fiume. Siamo estasiati.
Filippo a proposito dice: “Seppur in un contesto fortemente urbanizzato quale il Veneto, navigare il Piave è viaggiare in un mondo completamente separato dalla civiltà. Il sentimento è simile a quello che si prova quando si visitano delle rovine antiche, magari abbandonate e sconosciute.”  E continua: “L’alternanza e la varietà della geologia del tratto montano suscitano in un inesperto come me, stupore. Allungando la mano dal kayak la puoi far scorrere lungo pareti a perpendicolo sull’acqua turchese con visibili i segni della forza immane che ne ha contorto gli strati. Pareti rosse e lisce, rocce verdi, scogli grigi acuminati, sassi rosa tondi. La stessa varietà poi la ritrovi nelle piante, nei colori dei loro fiori che, ignari, catturano il tuo sguardo di passante. Gli animali sono invece più disturbati. I pesci guizzano via da sotto la canoa e gli aironi e i cormorani si alzano in volo da distante per poi tornare, dopo il tuo passaggio, dov’erano. Non importa.”

Spostarsi in kayak poi è di gran lunga più divertente che camminare. Continue rapide e confluenze di fiumi minori rendono il percorso molto stimolante per due scavezzacollo quali siamo Filippo ed io.
Ci sono però alcuni inconvenienti con cui presto ci troviamo a convivere. Le piacevoli rapide in cui ci cimentiamo fanno sì che l’acqua entri nei nostri kayak aperti e ci inzuppi completamente. Considerando che le nostre “valigie” sono i kayak stessi, lo stesso si verifica per gran parte della nostra roba come i sacchi a pelo, la tenda e anche i telefoni. Senza questi ultimi ci ritroviamo ad essere ancor più scollegati dal mondo di quanto già non fossimo. E’ una condizione con cui diveniamo presto familiari.
Il secondo inconveniente è dato dai numerosi sbarramenti che dobbiamo attraversare lungo il percorso. Dighe e centrali idroelettriche impongono un aggiramento che si rivela spesso lungo e faticoso e sottraggono una grande quantità di acqua al fiume.

Dopo ogni diga il Piave ritorna ruscello e i suoi navigatori, viandanti

In questo modo passano i primi due giorni di navigazione, con una media di 15 ore di moto e 60 km percorsi al giorno. Al quinto giorno dalla partenza dobbiamo fare i conti con il timore che ci accompagna da tempo: la siccità.
In prossimità del Montello, dopo aver trascinato speranzosi i kayak su pochi centimetri d’acqua per qualche chilometro, vediamo il nostro Piave scomparire nel terreno. Ci ritroviamo soli in mezzo all’immenso letto del fiume.
In condizioni indecorose, dopo giorni a mollo nell’acqua del Piave, cerchiamo soccorso e veniamo fuori da questa situazione imprevista grazie ad una gentile famiglia autoctona che ci aiuta a superare la secca e a raggiungere Ponte di Piave, dove ritroviamo acqua sufficiente ma un fiume trasfigurato. Da qui in avanti l’acqua sarà stagnante per diventare poi, nei pressi di San Donà di Piave, salata e rossa a causa del reflusso marino.

Il mare si avvicina e alcuni amici ci vengono incontro

Il mare si avvicina e alcuni amici ci vengono incontro

Gli ultimi due giorni procedono senza intoppi e al giorno designato raggiungiamo Cortellazzo, accolti dagli amici festanti. Il tanto sognato mare si avvicina così come la fine della nostra impresa.
Il puzzle si compone e guadagniamo la visione di insieme che Filippo manifesta dicendo: “Per la prima volta ho avvertito quanto siano ‘vicine’ le Dolomiti al mare.”
Abbiamo accompagnato il Piave durante la sua crescita per i 231 km del suo tragitto e ora lo vediamo, finalmente pronto, gettarsi nel mare. Siamo stati partecipi di questo percorso che ha cambiato anche noi. Siamo pronti.
Lasciamo i kayak sulla spiaggia e ci tuffiamo in mare.

Video “Piave 2012 – From Zero to Hero – Discesa in kayak dell’intero fiume” di Filippo Michelino e Giacomo Mariotti

Consigli utili (click per vedere):

Piave_consigli_01Info utili:
– Prevedete più di 2 giorni per la prima parte a piedi di quasi 80 km, che separa la vetta del Peralba da Perarolo. Indossate scarpe da ginnastica piuttosto che scarpe da montagna in quanto gran parte del percorso a piedi si svolge su asfalto.
– Utilizzare kayak robusti anche non esclusivamente da torrenti, considerato che gli ultimi 40 km sono in acque piatte.
– Se il kayak ne è sprovvisto, fornitelo di solide maniglie a prua e a poppa. Tenete conto che dovrete caricarlo con molta attrezzatura.
– Si è rivelato utile avere una cima (essendo in ambiente nautico meglio usare questo termine).
– Utile è stato anche avere un machete, per districarsi nella vegetazione delle rive soprattutto in funzione di crearsi una piazzola per la tenda.
– Portatevi sacche stagne (il più possibile).
– Fate attenzione alla diga di Soverzene che presenta un salto non segnalato e non protetto (puntare direttamente al bordo di cemento e scendere per la rampa di rimonta dei pesci.
– Per essere certi di non trovare tratti del fiume “in secca” fate un sopralluogo, specialmente nella zona del Montello (isola dei morti) e all’altezza di Cimadolmo.
– Il periodo migliore per la navigazione è la primavera o dopo abbondanti piogge
– Indossate un paio di guantini, tipo quelli da ciclismo, per non trovarvi a combattere con le vesciche.
– E fortemente consigliata la dotazione base: paraspruzzi, corpetto salvagente e casco, oltre ovviamente a saper nuotare.

E per saperne di più:
1 tratto selvaggio in provincia di Belluno
6 facili percorsi in provincia di Treviso

Per conoscere un fiume bisogna navigarlo (click per vedere):

michele zanettiPer conoscere un fiume bisogna navigarlo

La strategia migliore per conoscere un territorio è percorrerlo, misurandone le distanze a piedi; così come, per conoscere un fiume, non c’è soluzione migliore che navigarlo, dalla sorgente alla foce.
Giacomo e Filippo hanno scelto dunque il modo giusto per “impadronirsi culturalmente”, ovvero per conoscere e per “metabolizzare”, la realtà ambientale, paesaggistica e idraulica del Piave.
Fiume di straordinaria importanza, quest’ultimo rappresenta una sorta di “spina dorsale” idrogeologica del Veneto. Non solo, ma costituisce l’infrastruttura idraulica ed ecologica di collegamento e di interscambio fra le Dolomiti (le montagne più belle e più celebrate del mondo) e la Laguna di Venezia (uno dei maggiori giacimenti d’ambiente, di natura, di paesaggio, di storia, d’arte e di cultura del pianeta).
Per questa ragione: per la strategia adottata e per l’importanza del Piave nello scenario dei fiumi italiani ed europei, quella dei due “giovani avventurieri” è stata un’esperienza che non esitiamo a definire memorabile, anche se vissuta con il tipico spirito giovanile e con tutti i limiti, peraltro affascinanti, dell’improvvisazione.
Giacomo e Filippo hanno potuto scoprire la bellezza del fiume e toccare con mano, o meglio, vivere sulla loro pelle, i gravi problemi del fiume.
Le manomissioni dell’alveo a fini idroelettrici, le derivazioni idrauliche, le drammatiche secche estive che “interrompono” il fiume, annullandone l’ecosistema lineare, sono state le situazioni di sfondo della loro esperienza. Al tempo stesso essa hanno rappresentato gli elementi che hanno accresciuto le loro conoscenze e che consentiranno ad ambedue di parlare del Piave con la necessaria consapevolezza.

Michele Zanetti
Presidente dell’Associazione Naturalistica Sandonatese

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Video di una discesa in kayak del Piave da Santo Stefano di Cadore al ponte della Lasta (tratto percorso a piedi da Filippo e Giacomo) http://www.youtube.com/watch?v=sN3rPGsAQdI

F. Michelino e G. Mariotti autore del post

Filippo Michelino | nato nel 1989 a San Donà di Piave, ora padovano d'adozione per motivi universitari. Sportivo poliedrico, fin da piccolo ha trovato una passione forte per la montagna e l'avventura. Giacomo Mariotti | classe 1988 di Foligno, si trasferisce a Padova dove frequenta l'Università e si laurea in fisica. Pratica la scherma fin da bambino e a questa affianca la passione per la montagna e lo scialpinismo che scopre arrivando in Veneto.

1 commento/i dai lettori

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  1. MARZIO VANZETTO. il14 novembre 2013

    GRANDI. IO HO 45 ANNI IN UNO E IL PIAVE L’HO GIRATO IN BICI, ULTIMO GIRO 120 KM DA MESTRE A CIMADOLMO, TUTTO ARGINI E STERRATO IN COMPAGNIA DI UN AMICO COME VOI. E’ DA TEMPO CHE MI PIACEREBBE APPUNTO PROVARE ANCHE IL KAYAK E IMPARARE. COMUNQUE SUI SASSI IO HO CAMMINATO A PIEDI NUDI, PER UN PO’QUANDO CI SIAM FERMATI A FARE UN BEL BAGNO ERA ESTATE DI QUEST’ANNO. IL PIAVE E’ IMPONENTE, BELLO VERO. POI ABBAIAM FATTO ANCHE L’OASI DI CODIBUGNOLO NATA PROPRIO ACCANTO E DENTRO IL PIAVE, LA VEDETE IN INTERNET. COMUNQUE BRAVI, OTTIMA L’IDEA DELLA TELECAMERINA SULL’ASTA. IO L’HO MESSA SULLA MOUNTANBIKE CHIASSA’ SI POTREBBE FARE UN PERCORSO MISTO BICI KAIYAK..CERTO CHE A PENSARCI SON DUE MEZZI ECCEZZIONALI……FIBRA CARBONIO ..STAVO QUASI PENSANDO AD UN KAYAK CHE POSSA TRASPORTARE UNA BICI. BENE. UN BEL GIRO AVETE FATTO MA SOPRATTUTTO SENZA GRANDI COSE, O PERO’ IL CASCHETTO IO LO METTEREI. ANCHE PERCHE IO DI VOLI NE HO FATTI E TOSTI ANCHE. GRAZIE. ORA CHE FARETE?

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