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Intervista di Sara Taiocchi, vincitrice del premio speciale IMS al Blogger Contest.2016 con Jean Pierre Perrier e Tatiana Bertera. Nella veste di “inviata speciale” Sara aveva il compito di raccontare ai lettori di altitudini l’edizione 2016 dell’International Mountain Summit (IMS) che si è svolta a Bressanone dal 14 al 16 ottobre 2016.


Meet. Mountain. People. Soul. Questo il tema di IMS – International Mountain Summit 2016. Ed è l’incontro che diviene il centro della chiacchierata con l’alpinista che ha fatto della velocità il suo personale stile di arrampicata e di avventura.
E’ sabato e a Bressanone ci sono i mercatini di antiquariato che affollano le vie del centro, attirando curiosi con oggetti dimenticati, a volte sbiaditi, ma ancora pieni di storie da raccontare. Fra le viuzze di questa cittadina ai confini più remoti del tricolore passeggia, fra tanti, un tipo sportivo con uno zainetto.
Non ha nulla di particolare questo tizio, se non un paio di occhi color ghiaccio che affiorano da un berretto calato sulla testa. Si muove in fretta verso il Forum e se forse qualcuno potrebbe non notarlo, chi mastica pane e alpinismo non può che riconoscere The Swiss Machine, vale a dire Mr. Ueli Steck.

Ueli inizia ad arrampicare presto e nel popolo degli alpinisti comincia a farsi conoscere a 18 anni per la sua prima salita sull’Eiger, lungo la via Heckmaier, la parete più temuta delle Alpi. Ed è proprio l’Eiger che diviene la sua palestra di allenamento, così come la roccia prediletta per definire il suo stile di arrampicata, caratterizzato dalla velocità. Ueli si guadagna il sopranome di Swiss Machine appunto, proprio per il suo stile veloce ed essenziale, che lo porta in vetta con pochissimo materiale e talvolta, correndo il tratto di avvicinamento. Un allenamento che non lascia nulla al caso, come si fa nella corsa per prepararsi a una maratona. Ed è proprio questa preparazione meticolosa che sembra avergli permesso di raggiungere gli obiettivi prefissati, primo fra tutti la riconquista del suo record sul “suo” Eiger, mantenuto da Dani Arnold dal 2011 fino al 16 novembre 2015.

Ueli ci ha raccontato che dopo il suo primo record, si è chiesto come potesse migliorare le sue prestazioni e attraverso una serie di allenamenti specifici, sia riuscito nel suo scopo. Allo stesso modo, è convinto che anche l’alpinismo stesso potrà compiere passi enormi, se concepito in questo senso.
L’abbiamo incontrato prima della serata a lui dedicata, inserita nel programma dell’International Mountain Summit e gli abbiamo fatto qualche domanda, come si parlerebbe di montagna con il proprio compagno di cordata. Perché se il suo stile di arrampicata è pulito e veloce, il suo approccio è trasparente e umile.

Ueli, hai iniziato ad arrampicare molto giovane, intorno ai 12 anni. Al tempo c’era una figura, un personaggio o magari un libro che ti aveva affascinato o motivato verso questa disciplina?
No, è iniziato tutto in maniera molto semplice. Un amico di mio padre mi chiese di accompagnarlo in montagna e la cosa mi piacque. All’inizio è stato quindi lui il mio ispiratore, perché era stato il primo a farmi conoscere l’arrampicata su roccia. Credo che avvenga semplicemente così, anche nelle cose della vita. Penso sia anche interessante capire perché si faccia una determinata cosa e io non so esattamente perché l’ho fatto. Ho avuto questa chance dell’arrampicata, mi è piaciuto e ho continuato a farlo. Da bambini non si pensa troppo sulle cose, al perché si facciano certe cose, si fa solo quello che piace fare, come giocare. Purtroppo è qualcosa che si perde con l’età e spesso ci si ritrova a pensare troppo sul perché delle cose, invece di farle e basta.

Che cosa significa avventura per te?
Molto semplice darne una definizione. L’avventura è qualcosa che non sai esattamente se funzionerà o no, perché c’è sempre qualcosa di incerto, che non puoi prevedere. Se sei sicuro al 100%, sai che puoi farcela, che tutto funzionerà perfettamente e che nulla andrà storto: questa non può essere di certo avventura.

Sei probabilmente luomo di montagna e salitore più veloce. Ci sono dei valori o delle caratteristiche del tuo stile di arrampicata che desideri preservare e mantenere? E come pensi che questi possano essere trasmessi alle nuove generazioni? Perchè anche se tu non hai avuto un vero e proprio ispiratore, forse, per i giovani potresti esserlo. Ci hai mai pensato?
Sì, questo è un argomento a cui sono veramente attento, perché il mountaineering è pericoloso e specialmente al giorno d’oggi. Siamo assorbiti da Facebook, Instagram ed è facile ritrovarsi a fare cose esclusivamente per condividerle. Molta gente va in montagna per fare le cose più pazze e per loro, ciò che più conta è avere un video o una fotografia da postare, perdendo la passione autentica per quello che si fa. Specialmente l’arrampicata deve essere la tua passione e devi arrampicare per te stesso e non per mostrare quello che hai fatto, o per raccontare di aver raggiunto questa o quella cima. Il rischio è davvero troppo, troppo alto, quando ti spingi al limite semplicemente per farne mostra.

Quindi ti chiedi come possano essere interpretate anche le tue ascese?
Sì, e a volte sono davvero molto preoccupato di avere una cattiva influenza sui più giovani, perché ciò che si vede è solo un video, una foto, ma non è possibile comprendere tutto ciò che sta dietro quella determinata scena.

Torniamo invece al tuo stile. Spesso, hai condotto ascese in solitaria. Si tratta di un modo per scappare dalla realtà o una via per immergersi in un modo di vivere più autentico?
Che cos’è la realtà? – Ride, nda. – La realtà è ciò che uno sceglie. Mi piace stare con gli altri, ma mi piace anche stare per conto mio e credo sia qualcosa che la gente non è più capace di fare. Quando si è soli, diventa essenziale essere molto onesti con se stessi, ci si confronta con la propria interiorità, senza interruzioni, completamente immersi sul sé. Mi piace quindi stare da s olo in montagna, perché è la maniera più intensa per vivere quel m omento. Allo stesso modo, è anche molto semplice, perché non devi discutere con nessuno sull’andare più forte o più piano, sul fermarsi o meno. E’ qualcosa di molto semplice e intenso, perché quando sono da solo, sono molto più consapevole della montagna rispetto a quando c’è un compagno di cordata. Infatti, quando c’è un’altra persona, l’attenzione si sposta anche sul partner, si fa conversazione e anche l’altro diviene parte dell’esperienza. Quando sei da solo, sono la montagna e la natura a divenire esperienza. Non mi sento mai solo quando sono in montagna: mi piace essere lì, esserne parte.

Per finire, vorrei chiederti qualcosa su corsa e alpinismo, perché sei anche un runner. Due mondi molto diversi, ma credi ci sia una correlazione tra i due? Kilian ha scalato lEiger con te, mentre tu hai corso la CCC® sul Monte Bianco questestate. Esistono, quindi, degli elementi comuni fra le due discipline?
Mi piace davvero molto la sensazione del movimento e penso che questo fattore sia ciò che accomuna e caratterizza entrambe le discipline. Personalmente, ciò che ho trovato nella corsa è la possibilità di spingermi davvero al limite, cosa che nel mountaineering non si può fare: non si può arrivare fino al massimo, perchè diventa troppo rischioso. Ma nella corsa puoi spingerti proprio fino al limite estremo, perché cosa può succedere? La cosa peggiore che possa capitare è al massimo non finire la gara, perché ti saltano le gambe! Quello che vedo nella corsa è poi una grande attenzione all’allenamento e penso che anche il mountaineering abbia grandi potenzialità di crescita in questo senso.

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Ueli, l’uomo veloce come il vento

Un racconto di Sara Taiocchi ispirato dalla intervista a Ueli Steck

ims_2016_ueli-steck_02C’era una volta il signor Ueli, l’uomo più veloce del mondo nello scalare le grandi pareti delle vecchie e stanche montagne. Viveva in una piccola casa, con una grande finestra da cui scrutare i crinali e le vette con i suoi occhi color del ghiaccio, pieni di curiosità e voglia di avventura. Da qui, sceglieva le pareti da scalare e, sempre con lo stesso entusiasmo, si lanciava nella sua corsa verso l’alto, tastando le rocce, per trovare gli appigli più sicuri.
Correva, sicuro e preciso in ogni movimento, sfidando il vento che soffiava forte contro la parete, cercando di raggiungere la cima più in fretta delle sue raffiche. Una volta lassù, Ueli e il vento se la ridevano insieme, come vecchi amici. Il vento raccontava vecchie storie di montagna e Ueli lo ascoltava soddisfatto.
Un giorno, durante una delle sue corse contro il vento, quello si fermò in un diedro e lo interrogò:

— Piccolo uomo, chi ti ha portato sulle rocce? E’ tanto che ti vedo scalar montagne e correre sulle vette – sussurrò il vento in un fischio. Ueli si guardò attorno e vide il vento arrotolarsi su se stesso, fra le due pareti di roccia.
— E’ da quando sono bambino che vengo quassù, avevo 12 anni. Un amico di mio padre mi fece conoscere la montagna e da bambini non si pensa molto al perché delle cose: si fa semplicemente ciò che piace. E arrampicare mi piaceva.
— Perché vieni quassù da solo? Stai scappando dalla tua realtà? — chiese il vento.
— Che cos’è la realtà? E’ ciò che qualcuno sceglie e io scelgo di venire qui. Non sono solo, sono qui con te, infatti stiamo chiacchierando. Mi piace stare in mezzo alla gente, ma quando vengo qui, non mi sento mai solo, anche se non mi accompagna nessuno. La montagna diviene il mio compagno per scalare e non ci devo mai discutere, sai? — disse Ueli con un sorriso.
— Cerchi avventura? Gloria? — incalzò il vento, sempre diffidente verso gli uomini. Ueli sorrise e i suoi occhi di ghiaccio brillarono.
— L’avventura è semplicemente ciò che non possiamo prevedere. Non si può cercare.

Ueli e il vento restarono ancora un po’ a chiacchierare, poi, il vento si stancò delle parole e se ne andò. Ueli guardò in alto, sorrise. Poi riprese a correre, veloce, verso valle, verso casa.
L’orco della grande montagna (1) appuntita sorrise e nel silenzio, risuonò piano per Ueli.
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(1) Per scoprire l’Eiger, la montagna-orco, potete organizzare la vostra gita qui, senza fare corse contro il vento, ma arrivando direttamente in parete, nella comoda carrozza di un treno!

Sara Taiocchi autore del post

Sara Taiocchi | Bergamasca, bionda e iperattiva. Parlo le lingue, adoro mangiare e fare sport. Sono curiosa e quando scrivo ascolto sempre tutti i miei sensi, sia che si tratti di fiabe, sia di giornalismo sportivo o recensioni di materiali. Mi piace imparare e mi nutro di libri, persone felici e dolcetti.

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  1. Pingback: Di velocità, di Eiger e di Ueli Steck | racconta e discute di montagna e alpinismo 1 Mag, 2017

    […] Bressanone, il 14 ottobre scorso mi offrì l’occasione di intervistare Ueli Steck, insieme a Sara Taiocchi. Ne nacque una piacevole ed empatica conversazione capace di dimostrare, una volta di più, che il […]

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