IMS Walk Day 2014 alla Plose (©ph. Teddy Soppelsa)

IMS Walk Day 2014 alla Plose (©ph. Teddy Soppelsa)

Montagne high tech. Aspettando la neve nel vasto campo giochi della Plose (Bressanone) si fa geocathing con vista sulle Odle.

Bisognerà familiarizzarsi con il termine geocatching (www.geocaching-italia.com), “la caccia al tesoro high-tech del nuovo millennio”. Giustamente sensibile a tutto ciò che in montagna è trendy, l’International Mountain Summit di Bressanone ne ha svelato i segreti in ottobre in quella soprastante sala giochi che è la Plose, mirabile comprensorio sciistico e parco dei divertimenti a oltre duemila metri di quota.

Per chi tra i 7800 frequentatori (quorum ego) del Summit non ce la faceva più ad ascoltare nei pur accoglienti padiglioni del festival le conferenze degli alpinisti e i pur interessanti e approfonditi dibattiti su doping e/o disabilità varie, la salita (in funivia) alla Plose ha rappresentato un diversivo e in molti casi una scoperta.
La visita si è consumata in un’intera giornata ludico-escursionistica denominata IMS Walk Day by GORE-TEX®, e pazienza se qualcuno prova un’idiosincrasia per questa terminologia da press release. C’erano, in quel radioso 19 novembre insieme con i geocatchers, vari appassionati di parapendio, volo a delta, specialisti del GPS, manager, membri dei club alpini, alpinisti illustri come Peter Habeler ed Hervé Barmasse.
E poi per raccontare come sono andate le cose c’eravamo noi fortunati blogger selezionati da altitudini.it (Simonetta Radice, Matteo Zanga e Federico Balzan in arte Fre oltre al sottoscritto e attempato cronista webbizzato e al nostro guru Teddy Soppesa, intrepido coordinatore di questo diffuso web magazine).

Si è così appreso che il geocatching è uno sport (?) consistente “nel cercare dei contenitori (i cache), nascosti in tutto il mondo da altri geocacher, scoprendo così bellezze e curiosità del nostro pianeta”.
Ma la montagna, si dirà, deve per forza sottomettersi alla tecnologia per risvegliare sopiti stupori? O non è meglio che mantenga una sua naturalezza allegra-con-brio?
In questa “zona pedonale” che è la Plose, così vicina alla città, dove oggi il celebre cineasta delle Dolomiti Luis Trenker  potrebbe sentirsi spaesato ma al tempo stesso compiacersi per il gusto e la classe degli imprenditori concittadini, sembra a prima vista che ce l’abbiano messa tutta per far dimenticare, anzi per occultare la tecnologia che è alla base dell’impiantistica e dunque dell’unico possibile sviluppo turistico in quest’area del Sud Tirolo.

Un esempio? Nello straordinario panorama, con le Odle appuntite che incombono fantasmagoriche sullo sfondo, mano libera è stata data agli intagliatori di legno con le loro rustiche fantasie destinate a solleticare i bimbi e il bimbo che è in noi. Niente a che vedere con certi luna park svizzeri come Les Diablerets dove giusto in questi giorni si è inaugurato, come ha annunciato a suo tempo MountCity, un ponte (pedonale) sospeso che collega le estremità di due vette, il primo al mondo nel suo genere.

Qui alla Plose i manufatti sono di legno, ripetiamo, e non di acciaio o leghe speciali o altri materiali ad alta tecnologia con cui oggi si costruiscono strutture in alta quota.
E la natura? Ma si, qui viene rispettata pur nel… rispetto dell’esigenza di attivare flussi turistici e dunque di mantenere a buoni livelli il fatturato. Del resto c’è da essere sicuri che questi lindi pascoli un tempo erano solo sfasciumi. Non da ieri il Creato è stato antropizzato: ma qui con criterio, non sempre e non per forza in peggio.
Quindi non scandalizziamoci se, appena sbarcati dalla funivia assieme a ciclisti downhill camuffati da extraterrestri, vediamo subito un ligneo labirinto per i pupi che una volta arrivati quassù, non si sa mai, potrebbero avvertire la carenza dell’abituale campo giochi cittadino.

Poi via via lungo il comodo sentiero che di mezza costa conduce alla Rossalm gli artigiani del legno hanno predisposto nell’ordine: un gigantesco rapace (arrampicabile), una coppia di renne in grandezza naturale, un mulino alimentato da uno dei rari rigagnoli di queste aride praterie, un minaccioso serpente da percorrere in equilibrio, uno scivolo scavato in un tronco con atterraggio su un letto di trucioli di legno. E infine, meravigliatevi pure: in un laghetto c’è una zattera che i bimbi naufragati quassù possono manovrare afferrandosi a una corda.
Interessante il tutto, gradevole. Ma non è il caso di cercare qui quella natura che, come osserva acutamente Federico Balzan nei suoi mirabili post premiati al Blogger Contest 2014, si presenta ancora, talvolta, con le sue ataviche bellezze e con i suoi moderni drammi. No, qui dovremmo semplicemente accettare questa passerella di promozioni turistiche, di immagini che forse sanno di inganno ma si sposano inoffensive con l’ambiente naturale.

E allora accogliamo pure l’invito dell’amico Federico a documentare anche il resto, anche se sgradevole, impattante. E il resto qui alla Plose, quell’altra faccia della medaglia tecnologica, è rappresentato dalle limpide acque della vasca di cemento che con i primi freddi vengono pompate verso i cannoni del vasto domain skiable, lungo quelle tubature che corrono sotterranee e invisibili in questo intreccio di delizie naturali e artificiali tra le quali tenta di farsi strada l’ipertecnologico geocatching.
(Roberto Serafin, inviato di altitudini.it all’IMS)

Roberto Serafin autore del post

Roberto Serafin | Giornalista professionista, redattore per un quarto di secolo del notiziario del CAI Lo Scarpone. Ha curato a Milano la mostra “Alpi, spazi e memorie” e il relativo catalogo, ha partecipato con il Museo della Montagna “Duca degli Abruzzi” all’allestimento della mostra “Picchi, piccozze e altezze reali”. E’ autore di numerosi libri di montagna, tra cui l’ultimo “Walter Bonatti, l’uomo, il mito“. Con il figlio Matteo ha pubblicato il volume “Scarpone e moschetto”. Da alcuni anni di dedica quotidianamente alla sua creatura editoriale www.mountcity.it

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