Tamara Lunger (www.eoft.eu/it/programma/tamara)

Tamara Lunger (www.eoft.eu/it/programma/tamara)

L’intervista che segue a Tamara Lunger è stata raccolta da Silvia Benetollo durante il recente Kiku. International Mountain Summit (IMS) di Bressanone. Silvia insieme a Omar Gubeila, nella veste di “inviati speciali”  scelti dalla giuria del Blogger Contest.2015, avevano il compito di raccontare ai lettori di altitudini l’edizione 2015 del l’IMS.


Persone semplici che fanno cose straordinarie.

Quando mi hanno proposto di partecipare all’Kiku.International Mountain Summit come inviata di altitudini.it non sapevo bene cosa aspettarmi. Mi dicevo che sarebbe stato senz’altro interessante, ma non avendo nessuna esperienza di questo tipo di manifestazioni, sono partita con lo stesso stato d’animo di una persona che si mette in viaggio, all’avventura, verso un paese sconosciuto: un misto di curiosità e timore.
Quando però ho varcato la soglia del Forum di Bressanone, ho capito subito in che posto ero arrivata. Perché l’IMS è, sostanzialmente, un ritrovo di persone che concretizzano i loro sogni, e che hanno fatto della propria passione il perno attorno al quale ruota la loro vita; quindi, come tutti i luoghi con un’alta concentrazione di gente soddisfatta, felice e entusiasta, anche al Forum di Bressanone l’atmosfera esaltante la si percepiva ancora prima di varcare la soglia. Se adesso qualcuno mi chiedesse cosa mi ha colpito di più dell’IMS, direi che non è tanto l’incredibile disponibilità di persone che hanno fatto cose straordinarie, che vivono vite straordinarie e allo stesso tempo semplicissime; più di tutto mi ha colpito l’entusiasmo che si respira, e il fatto che non puoi fare a meno di farti contagiare.

Scalare montagne, senza ossigeno e senza portatori.

La stessa impressione l’ho avuta durante la mia breve intervista a Tamara Lunger, che in fatto di entusiasmo e di realizzazione dei propri sogni decisamente ne sa qualcosa. Tamara non ha ancora 30 anni, ma ha già tagliato traguardi importanti: ha iniziato con l’atletica leggera (due volte vice campionessa italiana nel lancio del disco) prima di iniziare, nel 2002, a praticare sport alpini. È campionessa italiana di scialpinismo nel 2006 e nel 2008; sempre nel 2008 è campionessa mondiale di scialpinismo sulla lunga distanza. Ma l’obiettivo era quello di scalare un ottomila, anche se mancava ancora l’aggancio giusto, e a questo punto entra in gioco… Facebook.
Sembra incredibile, ma è così: Tamara rintraccia Simone Moro tramite il social network (quando si dice di fare un buon uso dei moderni strumenti di comunicazione!) e in questo modo si concretizza il suo primo viaggio in Nepal. È il 2009, e Tamara ha appena 23 anni quando prende parte alla spedizione di Moro sul Cho Oyu. Purtroppo, dopo un primo periodo di acclimatamento, la Cina chiude le frontiere impedendo di fatto tutti gli accessi al Tibet.
Tamara non riuscirà a salire sul Cho Oyu, ma ormai il battesimo dell’aria sottile è avvenuto, e l’anno successivo parte per la sua seconda spedizione, sempre con Simone Moro, questa volta sul Lhotse. Tutto fila liscio, ma durante la permanenza al campo base giunge la notizia che un alpinista russo è morto per un edema durante la salita. Il morale riceve un brutto colpo, Tamara si trova ad affrontare per la prima volta la morte in montagna, è insicura e si chiede se sia questo ciò che davvero vuole. Ma gli imprevisti e gli incidenti, anche mortali, devono essere messi in conto quando si vuole realizzare il sogno di scalare una montagna, che sia un ottomila o la cima dietro casa.
Recuperata la determinazione, Tamara e Pemba Sherpa si mettono in viaggio: su suggerimento di Simone, Tamara prende con sé una bombola di ossigeno: è il suo primo ottomila, non si sa mai. Lo utilizzerà solo a quota 8.100, perché aveva molto freddo e non voleva rischiare. Dopo una salita di 10 ore dal campo 4, i due raggiungono la vetta nella mattinata del 23 maggio.
Tamara è la più giovane scalatrice (italiana) a salire un ottomila. Un’esperienza incredibile, racconta Tamara nel suo sito, non solo per il panorama (di notte, l’aria è talmente limpida da poter vedere la scia luminosa di alpinisti in salita sull’Everest), ma anche per la faticosissima via del rientro, durata 40 ore e con appena un litro di acqua a disposizione. La stanchezza, le difficoltà ma anche la gioia e la soddisfazione fanno capire a Tamara che sì, questo è esattamente quello che vuole fare nella vita. Scalare montagne. Però senza ossigeno, e senza portatori, regola d’oro dalla quale non si discosterà più.

Tamara Lunger nel ritratto di Silvia Benetollo (da una foto di Stefano Michelin)

Tamara Lunger nel ritratto di Silvia Benetollo (da una foto di Stefano Michelin)

Tamara, intanto grazie per il tempo che dedichi ai lettori di altitudini.it. Inizierei subito chiedendoti: quando hai iniziato a praticare sport e a frequentare la montagna?
Fin da piccola papà mi portava con sé nei suoi giri, ma non erano semplici uscite in montagna. Ho ricordi bellissimi di interi fine settimana trascorsi in montagna, e le nottate a dormire nel furgone. A volte saltavamo la scuola al sabato per fare le nostre uscite. Era molto bello. Poi, quando papà ha iniziato a correre in bici, lo seguivamo nelle sue gare. È iniziato tutto da qui.

Anche quest’anno la redazione di altitudini.it ha indetto un blogger contest, e il tema questa volta era l’avventura. Cos’è per te l’avventura? Qual è l’avventura che più ricordi?
Ah, questa è una domanda difficile! Fammi pensare… l’avventura che più ricordo è stata la traversata sugli sci del Karakorum pakistano. Siamo partiti in quattro: mio padre, io e due cameraman. Niente portatori, volevamo essere un piccolo gruppo autosufficiente, infatti abbiamo portato solo ciò che potevamo trasportare. È stata forse la mia spedizione più bella, più di un mese vissuto in solitudine con mio padre, due salite su cime ancora inviolate e la difficoltà di decidere ogni giorno come aggirare gli ostacoli per raggiungere i nostri obiettivi. Però, se mi chiedi cos’è l’avventura, ti dico che per me è uscire da sola, con gli sci sulle montagne di casa, magari in posti dove non sono mai stata. In queste occasioni ho la completa responsabilità di decidere che linee seguire e, in definitiva, la responsabilità di tornare a casa.

Porti mai qualcun altro, per esempio gli amici, in queste uscite?
No, in genere in questi casi mi muovo da sola.

Ho letto che preferisci non usare portatori. Per quale ragione?
Sì, a parte quando devi raggiungere un campo base: in questi casi devi portare talmente tanto materiale, che dovresti fare su e giù per settimane! Però quando posso, come durante la traversata di cui ti parlavo prima, preferisco portare io il materiale necessario. La fatica fa parte integrante dell’avventura. Io devo fare fatica, per me è fondamentale, per capire quali sono i miei punti di forza e le mie debolezze. Anche trasportare ciò che serve per la mia sopravvivenza è un modo per affrontare con onestà la montagna.

Le tue spedizioni hanno come obiettivo montagne che si trovano in paesi con culture completamente diverse dalla nostra. Come ti rapporti con la popolazione locale?
Mi piace molto entrare in contatto con la cultura dei luoghi in cui vado. È un aspetto importante delle mie spedizioni. Purtroppo a volte è difficile: per esempio, alla partenza della mia traversata in Pakistan siamo stati in villaggi davvero remoti, collegati da una strada solo da pochi anni. Mi sarebbe piaciuto poter parlare con le donne, ma è stato impossibile.

Tamara Lunger e Nikolaus Gruber

Tamara Lunger e Nikolaus Gruber

E’ fantastico raggiungere una cima,
ma ancora più belle sono la fatica, l’esperienza e le emozioni che si riportano a casa.

Purtroppo il tempo a disposizione è stato davvero poco, ma a proposito di culture e popolazioni locali avrei voluto chiederle com’era la cucina del cuoco Karim al campo base del K2, che Tamara ha scalato l’anno scorso (con Nikolaus Gruber), obiettivo finale raggiunto nonostante una tendinite e un’allergia solare. Nonostante questo, la spedizione è un successo: dopo tre escursioni di acclimatamento, che prevedevano ogni volta il pernottamento in un campo superiore, finalmente arrivati al campo 4 si apre una finestra di tempo favorevole per l’ultima salita. La cima sembra vicina, come racconta Tamara nel suo sito, ma in realtà la strada è ancora lunga e difficile. Partono poco dopo la mezzanotte, e poco prima dell’alba arrivano al collo di bottiglia, il passaggio-chiave verso la cima. Ma la via è bloccata, perché il traverso è impraticabile. Già altri alpinisti stanno aspettando. Non appena è stato possibile, Tamara riparte, con il proprio ritmo. Riesce a sorpassare gli altri alpinisti, e giunge finalmente in cima, da sola, alle 15.00.

Durante la serata conclusiva dell’IMS è stato proiettato il video che Tamara stessa ha girato non appena arrivata in cima, ed è stato emozionante anche per i presenti in sala; non solo per l’impresa di salire una delle montagne più pericolose del mondo, ma soprattutto per l’emozione di questa giovane atleta, che vede il sogno avverarsi dopo mesi di allenamento, tenacia e dedizione. Questa è la prima cosa che colpisce di Tamara: non c’è nessuna vanità o senso di superiorità in quello che racconta, traspare solo la gioia per quello che fa e l’entusiasmo per il duro lavoro che l’aspetta nel cammino verso gli obiettivi che ha deciso di raggiungere. La seconda è l’incredibile tenacia e volontà che mette nella realizzazione dei propri sogni: è chiaro che i limiti con i quali deve confrontarsi sono quelli fisici e psicologici, spostati un po’ più in là a ogni spedizione, ma non esiste nel suo approccio all’attività alpinistica né la paura di fare fatica, né tanto meno carenze di volontà.

Questa grande forza di volontà che la caratterizza è stata ancora più evidente durante la sua ultima spedizione, sul Manaslu di nuovo con Simone Moro. I due hanno intenzione di fare la prima salita invernale, e di concatenare la cima principale con l’East Pinnacle, il più alto dei 7000. Ma la neve cade, copiosa. In pochi giorni ne scende fino a 6 metri, Tamara e Simone devono impegnarsi a spalare per liberare tenda e attrezzatura. Decidono allora di dedicarsi ad altre salite, un diversivo nella valle del Khumbu, dove rimarranno tre settimane e scaleranno un 6000 ancora inviolato. Ma alla fine il maltempo ha la meglio. Di ritorno al campo 1, l’amara scoperta: la neve è caduta talmente abbondante, da aver letteralmente seppellito le tende. Scavare e sondare risulta inutile: il materiale è perduto, e oltre a questo le valanghe scendono proprio vicino all’accampamento. Simone e Tamara, dopo settimane passate a spalare, decidono di desistere. Ma non ci sono né rabbia né delusione nel racconto e nel video che Tamara mostra al pubblico dell’IMS: è fantastico raggiungere una cima, ma ancora più belle e importanti sono la fatica, l’esperienza e le emozioni che si riportano a casa, perché costituiscono i mattoni dai quali partire per la prossima avventura. E scommettiamo che la prossima avventura di Tamara non si farà attendere.

_ web site di Tamara Lunger:
www.tamaralunger.com/index.php/about-me | www.tamaralunger.com

Tamara Lunger e Simone Moro ai piedi del Manaslu

Tamara Lunger e Simone Moro ai piedi del Manaslu


Tamara Lunger con gli gli inviati di altitudini: Silvia Benetollo e Omar durante il Kiku. International Mountain Summit (IMS)

Tamara Lunger con gli gli inviati di altitudini: Silvia Benetollo e Omar durante il Kiku. International Mountain Summit (IMS)

Silvia Benetollo autore del post

Silvia Benetollo | Da che ho memoria sono sempre andata in montagna, dove ho consumato una considerevole quantità di scarponi. Ho una passione per le Dolomiti bellunesi e per la toponomastica alpina, perché penso che risalire all’origine del un nome di luogo caro sia il modo migliore per entrare davvero a farne parte.

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