Collerin (3475 m) e Pian Gias dove si verificò l'incidente del povero Castagneri. Alpi Graie, al confine tra Italia e Francia (da Wikipedia)

Collerin (3475 m) e Pian Gias dove si verificò l’incidente del povero Castagneri. Alpi Graie, al confine tra Italia e Francia (da Wikipedia)

La “miserevole istoria” di Angelo Castagneri di Balme nell’alta Val d’Ala, soccorso (per modo di dire) dopo 8 giorni di abbandono e agonia.

Il 18 agosto del 1867 la Gazzetta Piemontese pubblicò una lettera del dott. Gioachino Valerio diretta a Vittorio Bersezio, presidente del Club Alpino Italiano di recente fondazione, in cui raccontava la “miserevole istoria” di Angelo Castagneri di Balme nell’alta Val d’Ala, in provincia di Torino.
Un racconto di grande interesse per chi lo legge a 150 anni di distanza, perché dice molto sul rapporto tra gli abitati delle alte valli alpine e la montagna e sull’organizzazione sociale quale era negli anni della proclamazione del Regno d’Italia. Per fornire un riferimento di storia alpinistica, ricorderemo che il fatto di cui parliamo si verificò l’anno successivo alla prima salita al Cervino per opera dell’inglese Whymper. Ci informa dunque il dott. Valerio che il giovane Castagneri (22 anni), operaio alla costruenda ferrovia del Cenisio, interrotti i lavori per la stagione ormai avanzata, in una giornata di fine ottobre tornava a casa in gruppo con una decina di compagni. Per far prima avevano preso la scorciatoia del Collerin e stavano scendendo per un canalone di ghiaccio e neve che porta al ghiacciaio di Pian-Ghias. Pare che il Castagneri, per essersi avvicinato troppo alle rocce, sia scivolato nella crepaccia terminale, scomparendo alla vista dei compagni.
“Il Castagneri, a quanto pare, camminava  sull’orlo di questo laddove si trova aperto per l’ordinario un vano tra la gelida massa e la parete della valle; il piede scivolando precipitava in basso nel sottostante burrone.”

Si sarebbe indotti a pensare che i compagni abbiano cercato di prestare soccorso all’infortunato; ma le cose non sono andate così:
“I compagni del povero Castagneri, giovani inesperti, atterriti dall’avere sovente udito come colui il quale cade in una crepaccia di ghiacciaio sia bell’e spedito, si smarrirono e, venuto loro meno il coraggio e l’intelletto, abbandonarono l’infelice al suo destino.”

Verso il Collarin dal rifugio Averolle (© Fernando Re Fiorentin www.paesaggiverticali.it)

Verso il Collarin dal rifugio Averolle (© Fernando Re Fiorentin www.paesaggiverticali.it)

Quando successe la disgrazia, il gruppo di trovava a poco più di un’ora di cammino da Averolle, e la cosa più logica sarebbe stato di correre al paese a chiedere aiuto; ma la scelta fu diversa:
“Invece di tornare solleciti sui loro passi ad Averolle … a porre sull’avviso la gente del contado e chiedere ed ottenere aiuto, svagati continuarono la loro strada e vennero in Balme al casolare nativo del Castagneri per informare la famiglia della vittima del funesto avvenimento.”

Saremmo inclini a pensare che si sia immediatamente formata una squadra per raggiungere il luogo dell’infortunio; ma ci sbagliamo:
“Otto giorni dopo, con a capo il padre dello sventurato Castagneri, dieci o dodici uomini partivano da Balme in sul luogo del disastro, muniti di corde e di una scala a mano in cerca del cadavere.”

Nulla ci dice il narratore sui motivi di questo incomprensibile ritardo. Tuttavia una sorpresa attende questi che solo impropriamente possiamo definire soccorritori:
“Giunti i novelli venuti sul luogo, primo il padre scese nel vano al sottostante suolo umido e fangoso; brancolando si dà a cercare e trova il corpo del suo carissimo, lungo prosteso a terra. Tenta allora – pensate con quanto affanno dell’animo – di sollevarlo facendo forza di mani al disotto delle spalle di esso. Ma quale non dovette essere  il suo stupore, quando vide che quel capo esangue apriva gli occhi sbarrati per guardarlo, e colla bocca articolava parole in risposta alle di lui esclamazioni!”

Aiutato dai compagni, il padre riuscì a portare fuori il figlio che, seppure in gravi condizioni, dava qualche segno di vita, nonostante gli otto giorni e le nove notti trascorse nel fondo del crepaccio. Ma, a questo punto, avevano inizio nuovi patimenti. Ancora, invece di portare il giovane, ferito e assiderato, nella vicina Averolle, i soccorritori, dopo averlo steso sulla scala che era servita al recupero, lo trasportarono fino a casa, lungo un percorso che durò nove ore, reso più difficoltoso da un persistente nevischio.

“Quando fu posto sul paterno giaciglio il giovane operaio era agonizzante; ed era tale ancora allora che, non so quanti giorni dopo, veniva chiamato a visitarlo un distinto medico di quelle valli, il quale trovatolo senza polso, senza voce, i piedi congelati, disarticolantisi, ed il volto scomposto, sentenziò impossibile il trasporto del morente a Lanzo, improvvida l’amputazione sul luogo.”

E tuttavia, Angelo non morì, anche se il suo calvario fu atroce, come ci informa un successivo articolo pubblicato sul Bullettino del CAI (n°2):
“…corre oggi il nono mese dal giorno del terribile avvenimento, ed il Giovanni Angelo Castagneri per la sua valida costituzione vive tuttora, ed anzi va sensibilmente migliorando. I suoi piedi staccatisi per cancrena dalle tibie, essicati, neri, mummificati, sono sepolti nel cimitero del villaggio; ma il suo sorriso comecché pallido, è soave, vivido talvolta il balenare degli occhi neri e lucenti, e da tutto, il suo volto adombrato da folta e nera capigliatura, traspira un’anima che sente ed un intelletto sortito a miglior destino.”

Antonio Castagneri (1845-1890), famosa guida di Balme, coetaneo di Angelo (Museo delle Guide di Balme). A dx il conte Saint-Robert, uno dei fondatori del CAI (Ass. Saint-Robert, Castagnole Lanze)

Antonio Castagneri (1845-1890), famosa guida di Balme, coetaneo di Angelo (Museo delle Guide di Balme). A dx il conte Saint-Robert, uno dei fondatori del CAI (Ass. Saint-Robert, Castagnole Lanze)

Alla fine di luglio dell’anno successivo il povero ragazzo ricevette la visita di due signori che ancora non venivano definiti “alpinisti”, ma piuttosto – e a ragione – “scienziati”: Paolo di Saint-Robert e Bartolomeo Gastaldi, il primo che preparava la salita alla Ciamarella. Scrive Saint-Robert:
“Non dimenticherò giammai l’impressione di dolore e di pietà che mi fece questo disgraziato giovane coricato sul suo giaciglio anziché letto, colla figura pallida e macilenta, le mani lunghe lunghe e scarne. A prima vista parvemi un ragazzo di circa 15 anni, non ostante ch’egli ne abbia ben 21, come dissemi poi egli stesso. Ei non si ricorda punto di quanto avvenne dopo il momento in cui cadde; avendo urtato col capo svenne, e non si riscosse se non quando vennero per raccoglierne il corpo una settimana dopo.”

La visita dei due gentiluomini non fu inutile, perché nell’occasione prese corpo l’iniziativa di una pubblica sottoscrizione e del trasporto all’ospedale Mauriziano di Lanzo, dove i chirurghi si presero cura del corpo mutilato e debilitato. In una lettera a Bersezio, pubblicata sullo stesso giornale alla fine di novembre del ’67, il medico curante ci informa che:
“Fra alquanti giorni, quando i monconi delle gambe saranno cicatrizzati compiutamente, si ha ragione di credere che per mezzo del capo supremo del magistero dell’ordine di San Maurizio e Lazzaro si potrà avere in gesso i modelli delle gambe nella parte lesa; e questi saranno spediti gratuitamente, per mezzo di un nostro concittadino, il quale visse più anni nella città di Nuova York, in America, al grande stabilimento meccanico colà esistente, ed ottenere, per cura e per la nota generosità de’ nostri connazionali ivi dimoranti, due calzari di gomma elastica, fatti con quell’arte che finora è superiore a quante sonvi nelle altre nazioni, per semplicità, per finitezza e per congegno.”

Tutto indurrebbe a pensare che la vicenda si sia risolta in maniera accettabile. Ma non fu così. Il n°3 del Bullettino del Club Alpino Italiano riporta una scarna notizia:
“Il povero Angelo Castagneri di Balme delle cui disgrazie parlammo a lungo nel precedente Bullettino morì il mese scorso nell’ospedale di Lanzo in seguito a nuova accadutegli disgrazia. Torino, 1° luglio 1868. La Redazione.”

Escursionisti sul bordo di una "rima" in una foto di fine '800 (Museo delle Guide di Balme)

Escursionisti sul bordo di una “rima” in una foto di fine ‘800 (Museo delle Guide di Balme)

La Gazzetta Piemontese, che aveva pubblicato in prima pagina la lettera a Vittorio Bersezio da cui abbiamo i passi riportati, non ritenne l’evento tanto rilevante da darne notizia. Il conte Saint-Robert, tra i fondatori del CAI, di formazione scientifica e militare, cercò di trarre dalla tragedia qualche norma di comportamento su ghiacciaio:
“- Non inoltrarsi mai sopra un ghiacciaio, per quanto benigno possa apparire, senza essere legato ad un altro con una lunga fune, talché se ad uno avvenisse mai di precipitare, tosto l’altro lo possa sorreggere;
– Non abbandonare mai un compagno caduto in una rima [crepaccio], e cercare di estrarnelo subito.
Il caso dell’ingegner Tonini viene in conferma di ciò. Caduto egli in una rima [ …] fu udito parlare dopo, ed avrebbe potuto molto probabilmente essere salvato, se si avesse avuta in pronto una fune.”

Il caso a cui Saint-Robert si riferisce è quello di Antonio Tonini, alpinista e cartografo, che aveva compiuta la prima ascensione dell’Uja di Ciamarella nel 1857. Nel 1860, mentre scendeva con alcuni compagni il Ghiacciaio dell’Agnello, cadde in un crepaccio. Gli amici cercarono di scendere a valle per procurarsi delle corde in modo da poterlo recuperare. Quando ritornarono adeguatamente equipaggiati, il povero Tonini era morto.

Approfondimenti (click per vedere):

Ledo Stefanini autore del post

Ledo Stefanini | Docente di fisica all'Università di Pavia (sede di Mantova), studioso di storia dell'alpinismo.

8 commento/i dai lettori

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  1. Gianni Castagneri il26 dicembre 2013

    Ho pubblicato il suo articolo sul numero 41 di Barmes News, giornalino culturale di Balme (TO). Lo può scaricare a questo link: http://www.comune.balme.to.it/ComRubriche.asp?R=1157.
    Grazie ancora e cordiali saluti.

  2. apollonia castagneri il28 ottobre 2013

    molto bravo,ha ritrovato notizie che mi mancavano ,era un cugino di mio bisnonno,e da mia nonna ho saputo che è poi morto per polmonite la ringrazio e la saluto

  3. Gianni Castagneri il27 maggio 2013

    La ringrazio, potrebbe uscire sul numero di dicembre, quello di giugno è ormai saturo. Cordiali saluti.
    gc

  4. Gianni Castagneri il24 maggio 2013

    Complimenti per la ricostruzione: qui a Balme la storia è conosciuta ma non in tutti i particolari da Lei ritrovati. Se Lei fosse d’accordo mi piacerebbe pubblicare il suo scritto in un prossimo numero di Barmes News, semestrale culturale di cui sono curatore: http://www.comune.balme.to.it/index.php?option=com_content&view=article&id=22&Itemid=31.
    Con l’occasione, invio cordiali saluti.
    Gianni Castagneri

    • LEDO STEFANINI il27 maggio 2013

      La sua idea di pubblicare il mio scritto mi onora. Del che la ringrazio. L. Stefanini

    • Daniele Russo il21 gennaio 2014

      Gentile Signor Castagneri,
      l’estate scorsa durante una gita alla Pointe de l’Arcelle (vicino la Ribon, sul confine), ho notato il relitto di un aereo che il mio compagno d’escursione dice essere precipitato negli anni ’30.

      Mi diceva che questo relitto è noto sia ai valligiani delle Graie, che della val Susa. Tuttavia non ho riscontrato nulla su internet e mi piacerebbe saperne di più. Vorrei scriverne un breve articolo,anche per ricordare chi perì in quel volo, chi intervenne, ecc.

      Potrebbe aiutarmi nella ricerca? Mi contatti pure al mio indirizzo mail, se può.

      La ringrazio cordialmente

      Daniele Russo

  5. Gianfranco il17 marzo 2013

    Complimenti, interessante il ruolo del Saint Robert, nel cercare di stabilire una norma di comportamento. Ancora una volta si sottolinea il carattere e la correttezza del conte.

  6. lela cori il14 marzo 2013

    Grande Ledo !! :D

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