La cresta che conduce al Zemu Peak (c. 7780 m),  il cui vertice si connette con la possente cresta Est-Sud-Est del Kanchenzonga Sud (8476 m)

La cresta che conduce al Zemu Peak (c. 7780 m), il cui vertice si connette con la possente cresta Est-Sud-Est del Kanchenzonga Sud (8476 m)

capitolo . 2

La spedizione Thanghla, proveniente da Occidente, era impegnata sul lato meridionale della montagna in cerca di una via possibile lungo lo Sperone Sudovest, ancora inviolato. Composta in prevalenza da giovani alpinisti dell’American Alpine Club e da alcuni italo-americani e un britannico, era la terza delle spedizioni esplorative in quella remotissima regione nel Nord del Tibet.

La mattinata era bella, la neve dura in alta quota si lasciava pestare come docile ghiaccio, e in cielo c’era una strana chiazza di nebbia biancastra simile a un alone solare. Le tende al Campo Base ospitavano la maggior parte degli alpinisti, pronti a partire per il tentativo definitivo a un cenno di Bruno Brunelt. All’interno mancava l’aria e il caldo era soffocante. In breve gli alpinisti si ritrovarono all’aperto a ciondolare qua e là. Parlavano, fumavano o guardavano fisso di là della cresta meridionale della montagna. Alcuni si lavavano a vicenda con l’acqua attinta dai bricchi riscaldati; altri erano sdraiati su grandi massi di caldo granito e solo i più ansiosi sedevano al riparo della tenda mensa a sorseggiare un po’ di tè in attesa di una parola da parte del capospedizione; e ciascuno di questi giovani alpinisti portava con sé tutto ciò che un sano scalatore può aspirare al mondo – il raggiungimento della vetta, il sogno di gloria e di imprese future, il sentimento fraterno per i compagni impegnati sullo Sperone, la paura del non ritorno, la gioia di poter vivere un’esperienza unica, la libertà concreta di batter pista su strade non battute, la nostalgia per la famiglia o la fidanzata, il pensiero del lavoro consueto che attende al ritorno, le strade e le genti finora attraversate e incontrate, il sapore del vento della neve e del sole, l’autorevolezza e l’umanità di Bruno Brunelt – ammassato pazientemente, custodito con cura, ferocemente amato.

Verso le dieci si era levata una velatura alta nel cielo proveniente dagli altipiani del sud, senza disturbare molto gli alpinisti fermi al Campo Base. Dopo molti anni di esplorazioni in giro per il mondo, le spedizioni condotte da Bruno Brunelt avevano dato prova di tenacia non comune nell’affrontare l’imprevedibilità degli elementi. A casa, nei momenti di espansione, il giovane alpinista italiano Ettore Brunelt proclamava ad alta voce che «quel vecchio modo di condurre le baracche era tanto buono quanto bello». Alla guida alpina Bruno Brunelt non sarebbe mai capitato d’esprimere la sua favorevole opinione in modo tanto rumoroso o in termini così immaginifici.

Indubbiamente era un ottimo metodo, e neanche vecchio. Era stato comprovato nelle due precedenti spedizioni, per conto dell’American Club Alpine che le aveva commissionate. Quando fu terminato il progetto della prima spedizione, rifinita in ogni dettaglio e oramai pronta a partire, i promotori l’avevano presentata con orgoglio al Consiglio Direttivo.

– Il presidente Houston ci ha chiesto un alpinista di fiducia che guidi l’intero progetto, – aveva osservato uno dei soci consiglieri; e un altro, dopo aver riflettuto un po’: – Credo che Brunelt in questo momento sia a New York. – Davvero? Bisogna rintracciarlo subito, allora. E’ l’uomo che ci vuole, – aveva dichiarato il socio più anziano del consiglio senza esitare un momento.

Il mattino dopo Bruno Brunelt stava dinnanzi a loro imperturbabile; era arrivato da San Francisco con il volo diretto di mezzanotte dopo un commiato rapido ma senza effusioni dalla moglie, figlia di una coppia distinta, italoamericana, che aveva conosciuto giorni migliori.

– Sarà meglio che diamo subito un’occhiata insieme alla documentazione, Mr. Brunelt, – disse il socio più anziano; e tutto il consiglio si mosse per raggiungere il grande tavolo su cui era stato raccolto il materiale cartografico e fotografico per illustrare l’ambizioso progetto.

La guida alpina Bruno Brunelt aveva cominciato col togliersi la giacca appendendola all’estremità di una moderna piccozza messa in esposizione, sopra un piedistallo, all’interno dell’ampio salone.

– La Commissione che segue l’esplorazione delle più alte e difficili montagne della Terra ancora da scalare ha scritto favorevolmente di voi al nostro presidente ed egli ha ferma intenzione di darvi il comando, – disse il più giovane dei soci. – Potete proprio vantarvi di guidare la spedizione esplorativa più ambiziosa nel suo genere che sia attualmente stata pensata sulle grandi montagne asiatiche, Mr. Brunelt, – aggiunse.

– Credete? Grazie, – borbottò confusamente Bruno Brunelt al quale l’idea di un’eventualità lontana non poteva far colpo di più di quanto non potesse la bellezza d’un vasto panorama su di un turista miope; e in quel momento essendogli capitato di posare gli occhi sugli strumenti cartografici digitali che corredavano le carte, si avvicinò risolutamente, e cominciò ad analizzare un altimetro con GPS su schermo LCD, mentre osservava con la sua voce seria e bassa, – Al giorno d’oggi non ci si può fidare di questi strumenti. Servono solo per i cartografi, non hanno nessuna utilità pratica per gli alpinisti, se non per annunciare ciò che solo i loro occhi valuteranno.

Appena i consiglieri si trovarono soli nel loro ufficio dall’altra parte del salone, – Hai tanto magnificato quell’individuo al presidente. Che ci trovi di speciale? – chiese il più giovane con una punta di sprezzo.

– Riconosco che non ha nulla del capospedizione da romanzo, se è ciò che intendi, – disse secco il più anziano. – C’è lì fuori il responsabile della cartografia della spedizione?… Entra, Crowley. Avrai a che fare con un capospedizione ostico, ma competente. Ha subito fatto alcune osservazioni poco riguardose sugli strumenti digitali che utilizzerai. Ma questo è il suo metodo ed è certamente l’unico possibile per affrontare montagne del genere. La tecnologia è e resterà un semplice ornamento! Intesi?

L’osservazione fu accettata di buon grado e pochi giorni dopo iniziarono i preparativi finali in vista della partenza senza che il capospedizione Bruno Brunelt avesse trovato altro da ridire sulle attrezzature tecnologiche, o senza che lo si fosse udito proferire una sola parola che dimostrasse orgoglio per la sua spedizione, gratitudine per la nomina, o soddisfazione per il suo avvenire.

Temperamento non loquace né taciturno, trovava ben poche occasioni di parlare. C’erano argomenti di servizio – istruzioni, ordini, e simili; ma poiché per la sua mentalità il passato era già concluso, e il futuro di là da venire, gli avvenimenti quotidiani più comuni non trovavano in lui alcun commento – perché i fatti sanno già parlare da sé con precisione inoppugnabile. (continua…)

   14/04/2014 – 21:49 | Dispaccio K2014/01 da Calcutta    

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SNOWSTORM — Reportage di un’assenza dalla rete — Spedizione k2014.it (clicca per aprire)

K2014.it | East HimalayaTeam | Intervista ad Alberto Peruffo |

SNOWSTORM // L’ULTIMA SPEDIZIONE DI BRUNO BRUNELT
Un romanzo di situazione scritto da Joseph Conrad, Ugo Mursia e Alberto Peruffo
1000 e più variazioni sopra un manoscritto di Joseph Conrad, egregiamente tradotto da Ugo Mursia, ri–situazionato da Alberto Peruffo

Joseph-Conrad_01Joseph Conrad (1857-1924), nato in Ucraina, ma rimasto ben presto orfano di entrambi i genitori, fu affidato alla tutela di uno zio e, appena diciassettenne, partí per Marsiglia spinto da un’irresistibile vocazione per la navigazione. Per vent’anni viaggiò in quasi tutti i mari. L’attenzione suscitata dal suo primo romanzo lo indusse a lasciare la Marina e a stabilirsi in Inghilterra (aveva ottenuto nel frattempo la cittadinanza inglese) per dedicarsi all’attività letteraria. Della sua opera, Einaudi ha pubblicato: Heart of Darkness. Cuore di tenebra («ET Classici»); The Shadow-Line. La Linea d’ombra (serie bilingue); Vittoria; Typhoon. Typhon. Tifone (serie trilingue ed «Einaudi Tascabili»). Racconti di mare e di costa, La freccia d’oro e Vittoria. Un racconto delle isole.

Ugo_Mursia_01Ugo Mursia (1916-1982) è stato uno dei maggiori editori italiani, uomo di lettere e impegno civile, fondatore dell’omonima casa editrice. La sua personale passione per il mare e la navigazione lo spinge verso Joseph Conrad. Sin dagli anni giovanili colleziona edizioni originali e di letteratura critica sull’autore, ma soprattutto intraprende traduzioni e studi. I suoi articoli, pubblicati principalmente su riviste scientifiche e letterarie, italiane e straniere, sono stati raccolti in Ugo Mursia, Scritti conradiani, a cura di Mario Curreli, Mursia, Milano, 1983. Oltre alle traduzioni di Typhoon (1959), Le sorelle. Romanzo incompiuto (1968) e Cuore di tenebra (1978), l’attività di Mursia come esperto conradiano culmina nell’edizione critica dell’intera opera del romanziere anglo-polacco, uscita in cinque volumi tra il 1967 e il 1982 per i tipi della sua stessa casa editrice. A Mursia si deve anche la traduzione italiana della biografia di Joseph Conrad scritta da Jocelyn Baines (1960) e la pubblicazione dell’edizione italiana della rivista statunitense Conradiana. A journal of Joseph Conrad studies, fondata nel 1968. La passione per Conrad lo porta a raccogliere cimeli, documenti, prime edizioni e a finanziare una spedizione in Tasmania per recuperare la prua dell’Otago, il brigantino comandato dallo scrittore che era affondato in quelle acque.

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Alberto Peruffo (1967), fondatore nel 1999 del progetto culturale Intraisass – Rivista di letteratura, alpinismo e arti visive, il più antico progetto di letteratura di alpinismo comparso in Rete, è il capospedizione di K2014 CAI-150, spedizione esplorativa nell’area Zemu del Kanchenzonga per i 150 anni del Club Alpino Italiano. Per scelta personale ha deciso di “uscire dalla Rete attiva” nel 2012 in preparazione della nuova spedizione e di architettare per l’occasione un “Reportage di un’assenza dalla Rete” come progetto di comunicazione. A causa del divieto dell’uso di apparecchiature satellitari nell’area esplorativa del Kanchenzonga, sotto giurisdizione indiana, saranno inviati come aggiornamento dei “dispacci” tramite staffette (amici e gente del luogo al seguito della spedizione), senza la certezza che arriveranno a destinazione. Se arriveranno, saranno pubblicati prontamente da altitudini.it nel corso della pubblicazione del Romanzo di Situazione, provocatorio sostituto del diario classico di spedizione e della moltitudine di messaggi e di informazioni che caretterizzano l’epoca dei social network. Ricordiamo che Alberto fu tra i primi sperimentatori in assoluto delle comunicazioni satellitari dai campi base, tra cui la memorabile Spedizione Chiantar 2000 nell’Hindu Kusk pakistano, Premio Paolo Consiglio CAAI 2001. Leggi qui l’intervista che introduce l’esperimento. Storyboard visuale dei più importanti progetti e interventi culturali di Alberto.

ABSTRACT
Himalaya orientale. Un uragano di neve e valanghe mai visto prima da occhi umani si scaraventa sul Campo Base e sui fianchi della montagna più alta del mondo ancora da scalare, meta di un’ambiziosa spedizione internazionale. Gli strumenti digitali moderni si scontrano con l’esperienza del vecchio capospedizione. Su ai campi alti gli scalatori non hanno vie di fuga. Al Campo Base accade l’impensabile: alpinisti e portatori sono travolti dalla calamità naturale e dall’impasse sociale che ne consegue, fatti inimmaginabili anche al più esperto degli esploratori. Sarà l’ultima avventura del mitico capospedizione Bruno Brunelt e del figlio Ettore?
Niente di meglio di un cambio radicale di situazione dimostra l’efficacia e la maestria delle parole di un grandissimo scrittore e del suo traduttore. Un romanzo insuperato – «Il più alto esempio di letteratura di mare» scriveva André Gidé subito dopo aver letto Tifone di Joseph Conrad – sulla soglia della più straordinaria prova, accattivante anche per il più insensibile dei lettori: il cambio di situazione.

Dal mare alla montagna una delle più audaci prove di letteratura per noi concepibile.
Tra i personaggi alcuni dei grandi protagonisti poco conosciuti della storia dell’alpinismo mondiale.

«… Si chiamano bufere di neve ad alta tensione. SNOWSTORM… Ad Ettore pareva non andasse… Non si vedono nelle immagini del satellite… Non potevo permettere…»

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