“Chi no vive in Val Belluna, no vive in val nessuna” recita un vecchio proverbio bellunese. A parte l’enfasi campanilistica dei detti popolari, che tendono ad esaltare la loro terra, è risaputo che le bellezze del luogo dove si vive, spesso non vengono riconosciute come un valore, se non addirittura ignorate, da chi tutti i giorni ne ha la disponibilità.
La Val Belluna è un perfetto esempio. E’ la più ampia conca valliva della provincia di Belluno, su di essa si affacciano le Alpi Dolomitiche e le Prealpi Bellunesi, tagliata a metà dal fiume Piave, custodisce una quantità stupefacente di tesori naturali, culturali, architettonici, immersi in vaste aree rurali ancora integre, connesse da una infinità di sentieri e percorsi escursionistici. Una ricchezza autentica, esente da artificialità che può fare la fortuna di qualche tour operator interessato a puntare sulla “montagna di mezzo” o a un “club di prodotto”, come proposta innovativa per un turismo escursionistico dolce e autentico. Tuttavia, la maggior parte dei suoi abitanti (in Val Belluna risiedono circa 120.000 persone, la metà della popolazione provinciale) sembrano considerarla come un luogo “ordinario”, dove si vive bene ma secondario se confrontato alle bellezze delle altre valli bellunesi, dove domina lo scenario delle vette dolomitiche. Ma si sbagliano e di molto!
Lo sguardo sulle potenzialità della Val Belluna deve essere in qualche modo educato e accompagnato da esempi concreti, in grado di far apprezzare le diversità e l’unicità di questa vallata. Uno di questi esempi, prezioso e dal titolo azzeccato, è la recente pubblicazione del doppio volume Sguardi sulla Valbelluna, edito dall’Associazione Culturale il Veses e scritto da Alberto Scariot ed Enrico De Martini. Nel cofanetto che contiene i due volumi sono descritti 58 itinerari ad anello (divisi fra estate ed inverno) in tutta la Val Belluna (destra e sinistra Piave), privilegiando le escursioni semplici nella fascia collinare, con qualche puntatina in ambiente montano. Ogni percorso si compone di un testo descrittivo e di una cartina dove sono riportati i punti d’interesse culturale e naturalistico e indicazioni sul tracciato da seguire. Un riassunto di tutti i punti d’interesse è riportato in un box centrale, a lato della cartina, in modo da agevolare la lettura senza dover per forza leggere tutto il testo. Per ogni itinerario ci sono 2 box di approfondimento di vario genere a seconda del percorso (flora, fauna, edifici storici, ecc.) e una doppia pagina con una grande immagine relativa al percorso. In totale sono 400 pagine, con 520 immagini per 400 km di sentieri.
Ad uno degli autori, Alberto Scariot, abbiamo chiesto di illustrare questa guida escursionistica concepita per conoscere e far conoscere la Val Belluna.
Alberto, i due volumi sono scritti a quattro mani, vuoi presentarci gli autori?
Siamo entrambi dottori forestali, abbiamo studiato insieme a Padova. Io sono iscritto all’ordine dei Dott. Agronomi e Forestali della Provincia di Belluno e svolgo la libera professione occupandomi di studi vegetazionali, pianificazione ambientale, valutazioni di incidenza e di impatto ambientale. Enrico De Martini è invece dipendente della Regione del Veneto e lavora presso la competente Struttura Forestale di Belluno occupandosi prevalentemente della gestione dei boschi di proprietà pubblica e privata, di antincendio boschivo e di interventi in aree soggette a vincolo idrogeologico. Dal 2004 al 2011 abbiamo collaborato con l’Associazione Culturale il Veses, curando varie rubriche tra cui “Alberi dei nostri boschi”, “Montagne in pillole” e “Caminar in compagnia”. Da quest”ultima rubrica è nata l”idea di pubblicare, in versione aggiornata, gli itinerari proposti nel libro.
Proviamo a definire cosӏ la Val Belluna?
Il territorio compreso grossomodo tra Belluno e Feltre in direzione est-ovest e tra le Prealpi Bellunesi e le Dolomiti feltrine e bellunesi in direzione nord-sud anche se probabilmente è un territorio geograficamente non ben definito. Noi, infatti, nel libro ci siamo limitati a sguardi sulla Valbelluna proprio per questo perché comunque se non l”itinerario almeno lo sguardo la comprende di sicuro.
Tu sei un naturalista ma ti occupi anche di temi ambientali connessi allo sviluppo del territorio. Puoi dirci quale sono le “specialità” della Val Belluna.
E’ un territorio molto ricco, con un paesaggio articolato che ha molto da raccontare. Gli esempi sono tanti, basti pensare all”ambiente agrario tradizionale, in particolar modo nella fascia pedemontana, il sistema delle ville con i parchi e le carpenade, ma anche le innumerevoli chiesette, i castelli, gli opifici, ecc.. Poi abbiamo l”ambiente naturale con esempi molto significativi (il Vincheto di Celarda, la torbiera di Lipoi, le torbiere di Valpiana e Melere, il lago e le masiere di Vedana, i prati arido-steppici della Rocchetta, i prati magri a narcisi della sinistra Piave, ecc.). Il fiume Piave nel suo tratto tra Belluno e Feltre con grandi spazi naturali è davvero unico, ma anche i corsi d”acqua minori (Caorame, Stien, Veses, Ardo, ecc.) hanno elevati livelli di naturalità. Senza trascurare ovviamente le città di Belluno e Feltre (di cui non parliamo nella pubblicazione) o altri centri minori.
Qual”è lo stato di salute dell”ambiente in Val Belluna?
Vi sono delle criticità, ma nel complesso direi buono. Purtroppo molti ambienti seguono la loro evoluzione naturale e si rischia di perdere delle emergenze naturalistiche che spesso sono legate a usi e gestioni di tipo tradizionale. Penso ad esempio alla torbiera di Lipoi dove l”abbandono dello sfalcio delle carici, anche solo per produrre strame o per impagliare sedie, ha come conseguenza la perdita di habitat e di specie rare. Altri ambienti gestiti ancora in modo tradizionale si conservano molto bene, un esempio sono le torbiere di Valpiana. Un analogo discorso si può fare per i prati a narciso della sinistra Piave che soffrono, oltre che della mancanza di una gestione di tipo tradizionale, anche dell’abbandono colturale a vantaggio del bosco che progressivamente ha invaso ampie aree un tempo prative. E” importante nel complesso che si mantengano gli ambienti agrari tradizionali, di cui è ricchissima la Valbelluna, evitando la loro intensivizzazione, questo ha ripercussioni positive sul paesaggio, ma anche sull”ambiente.
Un volume per l’estate e uno per l”inverno, questa è una bella proposta, forse complice anche il cambiamento climatico e la conseguente crescita dell’escursionismo invernale?
Sicuramente c”è una maggior voglia di camminare nella neve rispetto al passato. Il nostro intento era comunque quello di stimolare alcune escursioni in determinati periodi dell”anno, per coglierne appieno le peculiarità. Un esempio può essere la fioritura dei narcisi nei prati della sinistra Piave, da cui la necessità di frequentare questi luoghi nel periodo primaverile. Ciò non toglie che lo stesso ambiente sia bello anche in altre stagioni.
Fra i 58 itinerari indicacene due che meglio di tutti gli altri rappresentano la Val Belluna.
Domanda difficile. Tralasciando magari le mete più classiche come può essere il crinale di malga Garda, soprattutto al momento della fioritura di narcisi, un giro che a me piace molto è “La piana di Vellai e il Colle di Cart”. E’ un percorso che tocca ambienti agrari molto belli, ci sono molti spunti culturali legati alla presenza delle ville, paesaggistici, tra tutti ovviamente il famoso viale di Cart, e naturalistici come la torbiera di Lipoi. Altro giro molto bello è “San Gottardo, Peron e dintorni”. Anche in questo caso con diverse emergenze sia naturalistiche (tra tutte le masiere di Vedana) che storico-culturali (la Certosa di Vedana, San Gottardo, ecc.).
Ritieni che questi percorsi possano davvero costituire un”offerta turistica originale?
Io credo di sì perché molti sono dei percorsi brevi che si possono fare anche avendo a disposizione poco tempo, magari anche solo 2-3 ore. Gli operatori turistici oltre a mettere questa guida a disposizione dei loro clienti è importante che li percorrano personalmente, se già non li conoscono, per prima cosa per dare ulteriori indicazioni e poi per conoscere quanto di bello può offrire la Valbelluna nel suo complesso e non solo fuori dalla loro porta di casa. Noi residenti non abbiamo ancora la consapevolezza di quanto affascinante sia il nostro territorio e di quanto sia importante la sua conservazione. Per chi vive in pianura, e non solo in città, è diventato sempre più raro anche semplicemente vedere una bella fioritura di bucaneve. Credo che un bel giretto nel mese di marzo nella maggior parte dei nostri boschetti del fondovalle, nel pieno della fioritura delle geofite (bucaneve, anemoni, campanellini, ecc.) possa rappresentare già di per se una offerta turistica intelligente. Gli amministratori pubblici invece potrebbero pensare di mettersi in rete e magari tabellare in modo uniforme almeno alcuni di questi percorsi in modo da creare un”offerta univoca. Per gli operatori privati spero venga colto il messaggio che una maggior pubblicità e conoscenza del territorio in cui viviamo non può che essere un’opportunità per l’intera collettività e che, in tal senso, l’escursionista o il possibile fruitore di questi percorsi va avvicinato e non allontanato. Il passo successivo potrebbe essere quello di trovare delle forme di finanziamento pubbliche o private per mantenere le tradizionali pratiche agricole e una gestione attenta ed armoniosa del territorio al fine di mantenerne nel tempo le peculiarità.
— Associazione Culturale il Veses http://www.ilveses.com
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