La grande macchia bianca delle Pale di San Martino (Fonte: GoogleTM earth, Image Landsat, data SIO, NOAA, U.S. Navy, NGA, GEBCO)

La grande macchia bianca delle Pale di San Martino (Fonte: GoogleTM earth, Image Landsat, data SIO, NOAA, U.S. Navy, NGA, GEBCO)

Palaronda Trek (Pale di San Martino), un viaggio dentro una grande macchia bianca

LA GRANDE MACCHIA BIANCA

Federico Balzan, autore di questo post, si è classificato al 1° posto nel Blogger Contest 2014. Fra i premi che ha ricevuto c’era anche un Pala Ronda Hard Trek (4 notti in ½ pensione nei 4 rifugi delle Pale e un pass in funivia per la salita al rifugio Rosetta, per due persone), offerto dai rifugi delle Pale di San Martino.
Con questo racconto Federico desidera ringraziare i gestori e le gestrici dei rifugi delle Pale.

Guardatevi al computer una di quelle belle immagini fatte dai satelliti. Concentratevi sulle Alpi orientali italiane, a est dell’Adige e se volete sconfinate fino a comprendere tutta la Slovenia alpina, passando per le Dolomiti, le Alpi Carniche e le Alpi Giulie. Le Pale di San Martino solo il punto bianco più grande che c’è. E non è mica un punto bianco di neve (le fotografie sono in genere estive), ma è un immenso oceano di roccia chiara. Più a nord (Austria) e a ovest dell’Adige ci sono macchie bianche ben più vaste, certo… ma sono in questo caso di neve perenne e ghiaccio, e appartengono ai colossi dai 3.500 metri in su.

E dunque? E dunque quella macchia chiara sono rocce e un vasto altopiano carsico che, in caso di nebbia, sembra quasi sia sconfinato. Lo sanno tutti, o perlomeno in tanti: sull’altipiano delle Pale di San Martino, Dino Buzzati prese ispirazione, pare, per l’ambientazione del suo desolato, alieno, misterioso Deserto dei Tartari. Ma anche Borges per le sue Finzioni e Calvino per le sue Città Invisibili. Tanti, anche senza saperlo, sono infatti passati di qui. Cosa c’è di più immaginifico, infatti, di una landa smisurata, apparentemente senza vita, battuta dal vento e gelida d’inverno [1]?.

COME SCOPRIRLA
Il Palaronda Trek (www.palarondatrek.com) è un percorso a piedi attraverso le meraviglie delle Pale di San Martino, dalle torri sbieche alle enormi pareti verticali, dagli accessi delle valli boscose all’aridità, appunto, dell’altopiano sommitale. Ci sono due possibili soluzioni: hard trek, ossia il percorso più duro, e soft trek, quello più semplice. Naturalmente, i sentieri e le ferrate sulle quali il percorso si svolge esistono già da molti decenni – per non parlare delle rocce, formatesi oltre duecento milioni di anni fa e sollevatesi più tardi! – ma in questo caso conta l’idea di aver finalmente messo in rete i più bei percorsi e, soprattutto, l’ospitalità in quota dei rifugi.

LA NOSTRA ESPERIENZA
1° giorno
Siamo partiti da San Martino di Castrozza, concedendoci qualche variante rispetto al percorso indicato, a partire dalla rigorosa salita a piedi dal centro del paese lungo il sentiero 702, con i suoi morbidi tornanti in salita pensati per essere percorsi, storicamente, con cavalli ed asini. Dopo aver superato il pulpito dei Col dei Bechi, ci si immerge nell’alta val di Roda, corridoio che vede sfilare a sinistra, in fila decrescente, Pala di San Martino, Cima Immink, Cima Pradidali e Torre Pradidali e a destra gli sghembi Campanili della val di Roda.
La Pala di San Martino, mi viene da pensare, è proprio un bell’esempio di simpatico riscatto: non è un tremila, è forse meno estetica e famosa delle cime poste nella parte settentrionale (Cimon della Pala, Cima dei Bureloni, Cima della Vezzana), eppure dà il nome a tutto il Gruppo, e i suoi accessi sono sempre lunghi e complicati, tanto che è stato posto un bivacco rosso proprio sulla larga cima, per venire incontro agli alpinisti che non vi giungono in tempo per poter pensare ad un’agevole discesa.
Dopo la salita ad un pinnacolo sulla cresta tra Cima Pradidali e Cima Immink, il rifugio Pradidali ci aspetta ancora inondato di sole. Un’ora di beate letture sdraiati nei pressi del piccolo lago, circondati dalle macchie gialle dei papaveri alpini (il toponimo Pradidali, pare, deriverebbe proprio da prati gialli) e siamo pronti per la cena e per le conseguenti chiacchiere con una cordata di alpinisti, escursionisti, viandanti lungo l’Alta via numero 2 e del Palaronda stesso. Infine si fa buio anche sulla famosa fessura Buhl alla Cima Canali, che domina il rifugio. Domani, i nostri due nuovi amici di Rovereto partiranno presto per andare ad accarezzarla.

Verso Piz di Sagron e Sass de Mura, Pala di San Martino, Tratto di ferrata

Verso Piz di Sagron e Sass de Mura, Pala di San Martino, Tratto di ferrata

2° giorno
Partiamo per un erto canalone, a sinistra del quale corre il sentiero attrezzato Nico Gusella. Con percorso logico conduce ad un’alta forcella. Come per tutti i tratti ferrati consigliamo – con adeguato kit di sicurezza composto da casco, imbragatura, moschettoni a ghiera, longe e dissipatore – di procedere utilizzando il più possibile appigli e appoggi della roccia, servendosi del cavo d’acciaio solo per la propria sicurezza e non per la progressione, senza pertanto “tirarsi” sulle funi. Sarà così, almeno per la nostra sensibilità, molto più gratificante il gesto della salita e sarà più immediato riconoscere la logicità e bellezza di certi passaggi.
Dopo numerose divagazioni e deviazioni su vari punti di interesse (non ultima la sosta ad ammirare le fioriture di arnica e le fulminee apparizioni del picchio muraiolo), giungiamo al rifugio Velo della Madonna, appena in tempo prima di un temporale. Sopra di noi, lo sappiamo e lo intuiamo, si staglia la più famosa accoppiata delle Dolomiti: Sass Maor e Cima della Madonna. Le due torri si corteggiano da pochi passi e da quasi ovunque offrono uno scenario sommo. L’acqua sferza le cordate di alpinisti che inevitabilmente sono ancora impegnate nella parte alta delle vie o nelle calate: anche quelle che sembrano le vie più accessibili e frequentate possono opporre situazioni molto impegnative, in certi frangenti.
Cessa la pioggia e viene la sera. Sono i giorni a cavallo di Ferragosto eppure, visto il tempo incerto, a pernottare siamo solo in cinque: noi e tre escursionisti tedeschi. Anna, che gestisce il rifugio, ci consiglia i possibili itinerari per il giorno successivo.

Pinnacoli, Dolci e letture, Pioggia al rifugio Velo della Madonna

Pinnacoli, Dolci e letture, Pioggia al rifugio Velo della Madonna

3° giorno
Il previsto maltempo si oppone alla nostra voglia di raggiungere il rifugio Treviso, un ambiente che peraltro già conosciamo, il selvaggio lato orientale delle Pale, con il Sass d’Ortiga e la Croda Granda, la mole della Cima dei Lastei di fronte. Un altro paradiso per l’arrampicata. Ritorneremo in settembre a completare il giro, per oggi ci accontentiamo del ripiego di lusso lungo il sentiero 721 e il sentiero del Cacciatore (21-725), immersi nella foresta, fino a raggiungere il rifugio Rosetta. Ci arriviamo presto, per pranzo, e il tempo per fortuna regge. Per cui, posati gli zaini, percorriamo leggeri le doline, i campi carreggiati e gli inghiottitoi dell’altopiano mirando alla cima della Fradusta. La salita è semplice e divertente; noi eseguiamo qualche piccola variante a lambire il ghiacciaio, su facili roccette, per poi puntare alla spalla est ed arrivare in cima. Sotto di noi il percorso che stamane abbiamo evitato, il bivacco Minazio nel Vallon delle Lede. A nord la vastità immensa dell’altopiano, una visione che colpisce. In due ore dalla cima rientriamo in tempo per la cena, nel rifugio nemmeno troppo affollato. La pioggia inizia a picchiettare dolcemente sul tetto di lamiera mentre all’interno bambini ed adulti sono impegnati in giochi di società, partite a carte, letture, chiacchiere: la solita incantevole atmosfera di un rifugio di montagna quando scende la sera.

Rifugio Rosetta, Salendo alla Fradusta verso la parte settentrionale del Gruppo, Il desolato altopiano

Rifugio Rosetta, Salendo alla Fradusta verso la parte settentrionale del Gruppo, Il desolato altopiano

4° giorno
Viste le previsioni incerte, fino alla colazione siamo decisi per la discesa a valle. Ma poi, usciti all’aperto, cominciamo a far roteare gli occhi verso le nubi  alte e ci guardiamo inizialmente senza dire nulla, poi con cenni d’intesa sempre più palesi. L’altopiano lo abbiamo visto la sera prima dall’alto, ma non l’abbiamo attraversato del tutto. E adesso ci sta chiamando. È un attimo: un rapido sguardo alla mappa, una valutazione del nostro equipaggiamento e della possibilità (remota) di temporali ci fanno puntare decisi verso il rifugio Mulaz, nella parte settentrionale del Gruppo. Quest’ultimo non rientra ufficialmente all’interno del percorso del Palaronda trek, ma secondo il nostro punto di vista sarebbe un ideale completamento. Il nuovo gestore di questo rifugio in quota (l’unico in provincia di Belluno del gruppo delle Pale, gli altri quattro sono in provincia di Trento), alla prima stagione qui, ci dice che dal prossimo anno anche il Mulaz probabilmente entrerà a far parte del circuito.
Per arrivarci camminiamo tra vari saliscendi, osservando diverse decine di salamandre alpine, quelle completamente nere. Una visione che mi entusiasma. A destra il profondo intaglio della Val delle Comelle e a sinistra, alti, si scorgono forse i lembi dei ghiacciai (o, ormai, nevai) di Valstrut e delle Zirocole. In tre e mezza ore di marcia non incontriamo nessuno: talvolta la montagna può essere caotica, ma oggi siamo sorpresi di essere gli unici in un luogo così famoso ed abbastanza accessibile nel giorno di Ferragosto!
L’alto Passo delle Farangole ci fa cambiare ancora una volta valle e prospettive. Dopo la sosta al rifugio, la pioggia, stanca di noi, inizia a scendere davvero. Ma per fortuna siamo fuori da qualsiasi difficoltà o esposizione, per cui è quasi piacevole, con le nostre giacche impermeabili, sfilare finalmente sui morbidi pascoli sotto la Baita Segantini, ammirando il Cimon della Pala nel suo profilo più famoso e nobile.

Salamandra alpina, Pian delle Comelle, Sassifraghe e campanule nelle fessure

Salamandra alpina, Pian delle Comelle, Sassifraghe e campanule nelle fessure

EPILOGO
Il Palaronda Trek è un percorso affascinante. Anche le tappe della versione hard, per un escursionista allenato, risultano forse un po’ brevi (almeno quelle che abbiamo percorso quasi fedelmente), tuttavia non mancano, come è ovvio, molte possibili deviazioni lungo le vie normali delle cime che si incontrano, con divertenti possibilità rimanendo nell’ambito del I e II grado al massimo. Per queste ultime, noi ci siamo affidati alle pubblicazioni Pale di San Martino Ovest (2003) e Pale di San Martino est (2009), entrambe di Lucio De Franceschi, editore CAI-TCI.
Quattro giorni e qualche mistero della grande macchia bianca, che tanto ci affascinava vista dallo spazio, è stato svelato. Ma per l’escursionista curioso, appena fuori dai sentieri, esistono ancora tanti valloni, pieghe, antri, pinnacoli e cenge da scoprire.

[1] Qui è stato misurato il record italiano di freddo di -49,6°C, precisamente all’interno della dolina denominata Busa Nord di Fradusta (2607 m) il 10 febbraio 2013. Fonte: http://goo.gl/E6u2yi

Palaronda Hard trek, percorso ufficiale (da www.palarondatrek.com)

1° Giorno: San Martino di Castrozza – Rifugio Pradidali. Da San Martino di Castrozza ci  si porta nella suggestiva zona dell’altopiano delle Pale servendosi degli impianti di risalita Colverde – Rosetta, da dove lungo i sentieri 702 e 715 si raggiunge il Rifugio Pradidali attraverso la bellissima Val di Roda in circa h 2,30. Cena e pernottamento al Rifugio Pradidali.

2° Giorno: Rifugio Pradidali – Rifugio Velo della Madonna. Dal Rifugio Pradidali vi sono due possibilità per raggiungere il Rifugio Velo della Madonna. Percorrere la via ferrata del Porton e del Velo, molto attrezzate e piuttosto esposte, che attraversano ripide pareti e profonde valli (h 4.00/5.00). Percorrere il sentiero attrezzato Nico Gusella più semplice con la possibilità di salire sulla Cima Val di Roda e poi la ferrata del Velo, difficoltà media (h 5.00/6.00). Cena e pernottamento al Rifugio del Velo.

3° Giorno: Rifugio Velo della Madonna – Rifugio Canali – Treviso. Dal Rifugio Velo attraverso il bellissimo sentiero attrezzato del Cacciatore che corre alla base della suggestiva parete del Sass Maor attraversando ripidi pendii erbosi si scende in Val Pradidali da dove su facile sentiero immerso nel bosco si raggiunge il Rifugio Treviso (h 5.00/ 6.00). Cena e pernottamento al Rifugio Treviso.

4° Giorno: Rifugio Canali – Treviso – Rifugio Rosetta (SAT). Dal Rifugio Treviso lungo il sentiero 707 si raggiunge il Passo Canali e quindi il bordo orientale dell’altipiano, sempre lungo il sentiero 707 si arriva in prossimità del ghiacciaio Fradusta (possibilità di salire Cima Fradusta, (2939m,  h.1.30) quindi al Rifugio Rosetta (SAT), (h.6.00 ). In serata dal Rifugio Rosetta (SAT) possibilità di ammirare il tramonto sulla Cima. Cena e pernottamento al Rifugio Rosetta (SAT).

5° Giorno: Rifugio Rosetta (SAT) – Ferrata Bolver Lugli – rientro a San Martino di Castrozza. Attraverso i sentieri 701/712 si raggiunge in circa 1 h  l’attacco della ferrata Bolver Lugli, una delle più belle e suggestive ferrate delle Dolomiti, molto interessante non solo per il panorama ma anche per la difficoltà ed esposizione (dislivello della sola ferrata 500m). Possibilità di concatenare la salita alla Cima Vezzana, la più alta cima del Gruppo delle Pale (3192m). Rientro attraverso il sentiero 716 al Rifugio Rosetta (SAT) e quindi con l’impianto a valle.

Federico Balzan autore del post

Federico Balzan | Naturalista e guida naturalistica di Belluno, lavoro come tecnico nel campo ambientale. Le montagne sono un posto in cui coltivo vari interessi ed esse costituiscono uno dei miei punti di riferimento.

1 commento/i dai lettori

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  1. Lida Malerbi il6 settembre 2015

    Per la sua bellezza, la montagna non ha uguali, senza contare che il tratto descritto è veramente tra i più fantastici!

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