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Senza l’affermarsi dell’idea romantica di una montagna sublime, da esplorare e da vincere, nelle Alpi non ci sarebbero rifugi.

A partire dal ‘700 si impose una nuova percezione della montagna, in antitesi all’alpe orrida e minacciosa che per millenni impedì ai montanari di superare il limite dei pascoli umanizzati.

Il rifugio alpino, come oggi lo conosciamo, nasce proprio da questo nuovo sentimento per la montagna che comprende una duplice prospettiva: da un lato la montagna è vissuta come luogo di pace e di contemplazione della natura, dall’altro come un riparo artificiale da cui partire per sfidarla e sottometterla.

Ma, forse, il significato più profondo del concetto moderno di rifugio alpino, riguarda “la conquista della notte”, come l’ha definita Carlo Alberto Pinelli, cioè l’esorcizzazione del mistero, la sconfitta della paura nella dimensione più irrazionale e assoluta. La paura della notte ha sempre rappresentato per i montanari, un divieto sacrale di salire le cime, almeno su quelle dove bisognava bivaccare di notte all’aperto.

In questa prospettiva, scrive Enrico Camanni, il rifugio alpino non è tanto un riparo dal freddo e dalle intemperie, quanto uno spazio protetto, una sorta di piccolo santuario nel quale si consumano i riti ancestrali delle accensioni delle candele, del crocifisso appeso sopra il tavolo, della penombra anche in pieno giorno, del togliersi le scarpe per entrare, dell’abbassare la voce appena si fa notte. E quando la luce si spegne, qualche preghiera, appena sussurrata, si disperde nella notte.

Ma l’immagine del rifugio nei monti apre la strada anche a interessanti riflessioni filosofiche. Per Nice, ad esempio, un luogo, in particolare la montagna, può essere scelto come rifugio soprattutto perché offre silenzio e solitudine. In tale luogo ci si può anche costruire un rifugio dove silenzio e solitudine siano ancora più profondi. Tuttavia, un rifugio è un luogo provvisorio, è un luogo di sosta all’interno di un cammino che ha una meta che sta oltre. Ma il rifugio non va considerato come un luogo definitivo, tanto da venir eletto a dimora: esso serve a prendere le distanze dal mondo, non ad abitare nella distanza.

In ultima analisi il pensiero di Nice ci permetter di riflettere sulla nostra vita di uomini e di montanari: la ricerca di ogni rifugio spirituale o materiale, porta a constatare che ogni rifugio raggiunto è provvisorio, come transitoria è ogni posizione e ogni presa di posizione. Questa consapevolezza è il migliore antidoto contro ogni idolatria dei luoghi e dei pensieri fissi.

Intanto sulla montagna si è fatto giorno. Un soffio di vento accarezza il volto di chi sulla porta del rifugio si è affacciato a scrutare il cielo.

“Su, andiamo, si preannuncia una bellissima giornata”.

Nel rifugio ritorna la vita: il rumore delle stoviglie, dei passi grevi sui pavimenti, l’odore del caffè, lo scambio dei saluti “morning, Grüß Gott, ciao”. Il rifugio pian piano si svuota, ora tutti sono in camminano verso la loro meta, nella vastità dei monti pervasi dalla luce del mattino. Il rifugio è alle loro spalle, sempre più piccolo, sempre più lontano, sempre meno rifugio.

Oggi la notte non fa più paura e l’isolamento del rifugio è solo un ricordo del passato. Internet, cellulari, strade forestali, elicotteri, hanno trasformato molti rifugi in hotel di fondovalle o in ristoranti in alta quota. Turisti della domenica, alpinisti ed escursionisti, salgono al mattino e rientrano alla sera. Pochi ormai si servono del rifugio per passare la notte. Ed è un vero peccato.

Una notte in un rifugio è un’esperienza unica che tutti, prima o dopo, dovrebbero concedersi. Basta scegliere il rifugio giusto. La magia della sera che si fa notte, il fuoco nel camino, l’incontro con persone sconosciute ma amiche, farà rivivere lo spirito più antico del rifugio alpino: una piccola capanna al riparo dall’immensità, provvisoria, romantica, distante dal mondo.

Teddy Soppelsa autore del post

Teddy Soppelsa | Autore di pubblicazioni su montagna, alpinismo e ambiente, componente cdr de Le Dolomiti Bellunesi, socio GISM, fondatore del blog-magazine altitudini.it.

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