In vista della Casera Pian dei Fioc

In vista della Casera Pian dei Fioc

Molti trovano nella montagna una comune passione, che ciascuno esprime a proprio modo, seguendo i propri interessi, principi e capacità; tra differenze e contrasti però una cosa mi sembra valida per tutti, cioè che per andare in montagna non sono necessarie grandi montagne ma serve una grande voglia.

E proprio la voglia è quel motore che ci spinge a faticare per raggiungere obiettivi effimeri, ma talvolta l’entusiasmo e le energie sembrano vacillare: la salute, il lavoro, la famiglia, i problemi di tutti i giorni possono distrarci dai nostri sogni ad occhi aperti. La montagna sembra diventare un luogo lontano e inospitale e noi ci impigriamo dietro a mille scuse, quasi dimenticandoci tutti quei sentimenti che fino ad ora è stata in grado di farci provare. Non so se a voi è mai capitato, ma a me sì: la mia soluzione è stata di ricominciare dal basso, dal vicino, dal semplice e lasciarmi sorprendere e condurre ancora una volta… ne è venuta fuori una giornata memorabile.

Monte Serva (2133 m), la prima meta.
Sto attraversando un periodo difficile, ma decido che per interrompere questo ciclo vizioso di stanchezza e svogliatezza devo tornare sui monti: mi guardo un po’ in giro e la scelta ricade sul familiare Monte Serva che fino ad una settimana fa sembrava essere in discrete condizioni; l’occasione di salire questa cima con gli sci è ghiotta.
Tornato a casa dal lavoro cerco di organizzare la gita e anzitutto guardo le previsioni che sembrano discrete e la webcam di Cusighe che però mostra una situazione deludente: il limite della neve è piuttosto alto e sicuramente ci sarà da portare gli sci in spalla senza sapere come saranno le condizioni della neve in alto. Per un po’ non so decidermi se valga la pena andare… infine mi impongo di andare su, vedo com’è la situazione e mal che vada se non ce la faccio mi fermo e torno indietro. Comincio a fare delle prove di carico in casa e sembra che lo zaino non sia eccessivamente pesante: allora punto la sveglia e domani si fa questo tentativo.
Arrivo a quota 1035 in località Cargador dove termina la strada e parte il sentiero: intorno si scorgono i primi segni di primavera, mentre la neve sembra un lontano ricordo; l’aria è fresca ma umida e verso valle c’è una leggera foschia mentre verso le cime l’aria pare più limpida.
Metto le scarpette, affardello lo zaino e mi avvio con una scultura totemica sulle spalle lungo la carrozzabile che seguo per un breve tratto fino ad incrociare il sentiero panoramico che sale alla casera. Comincio a salire di buon passo sul comodo sentiero tra la vegetazione ancora spoglia e il terreno brullo ornato da qualche narciso: sento il peso dello zaino, ma nonostante tutto non avverto segni di cedimento e quando la visuale si apre sento la voglia di arrivare in cima rinnovarsi e procedo per questi primi 400 metri di dislivello senza difficoltà.
La neve comincia esattamente dove c’è una comoda panchina per potersi appoggiare, scaricare lo zaino e attrezzarsi con scarponi e sci. Procedo liberamente seguendo la pendenza migliore e guadagnando spazi sempre più ampi: le nebbie della pianura si fanno lontane e il cielo azzurro è cosparso di batuffoli di cotone; mi inoltro in un paesaggio sempre più invernale e quasi senza accorgermene arrivo alla spianata della Casera Pian dei Fioc (1739 m). Ora bisogna salire l’ultimo ripido tratto che conduce in cima e con frequenti inversioni comincio a salire di quota. La fatica sembra piombarmi addosso tutta su un colpo e procedo piuttosto lentamente: mentre salgo sento le forze venire meno e la frequenza delle pause aumenta. Comincio a pensare che una volta arrivato in cima, farò una bella pausa e poi scenderò senza indugio per porre termine a questa sfaticata.
Gli ultimi corti passi mi trascinano in cima al Monte Serva (2133 m) decisamente provato e con l’unico pensiero di riposare un po’; poi mi accorgo della vista semplicemente magnifica e sento crescere la soddisfazione per essere quassù. Il palo che indica la cima è sommerso dalla neve e qui faccio una lunga sosta a rimirare il paesaggio, fare tantissime foto e godere un po’ di sole: se poi devo scendere direttamente è inutile affrettarsi. Intanto le gambe riposano e sento aumentare l’entusiasmo: essere su questa cima nonostante tutto, sentirmi padrone delle mie azioni, provare la gioia di fare parte di una simile bellezza mi donano una rinnovata energia.

Sulla cima del Monte Serva

Sulla cima del Monte Serva

Punta Tre Masci (2094 m), la seconda meta.
Osservo una coppia di scialpinisti che è salita sulla cima difronte: il bagliore della neve e le forme del pendio mi attraggono e così poco a poco prendo in considerazione la possibilità di salire anche la Punta Tre Masci (2094 m). Detto fatto: scendo facilmente dalla cima attraversando un po’ fino a ricondurmi alla base dell’altra parete dove ri-pello e incomincio a salire una seconda volta con un ribollire di desiderio; senza troppo sforzo arrivo anche su quest’altra vetta da dove la vista spazia e il mio animo impazzisce di contentezza.
Dopo una meritata sosta contemplativa tolgo le pelli, punto verso la casera e scendo con immenso gusto il dolce pendio: la neve sembra cotta al punto giusto, le curve si susseguono regolari e mi sembra di saper sciare anche se generalmente vengo giù, più che sciare. Il sole scalda l’aria che si fa tiepida e poi torna fresca quando passa più veloce ad accarezzare la pelle, gli sci scorrono da soli lungo il pendio imbiancato, le gambe assecondando naturalmente la pendenza e i cambi di peso sembrano dolci e morbidi come una leggera danza. Mi sento sospeso su un bianco balcone che si inabissa nella valle brulicante di vita: questo spettacolare sfondo accompagna il susseguirsi di curve. Cerco di non andare troppo veloce per paura che queste sensazioni terminino troppo in fretta, ma infine giungo alla casera e mi volgo verso la cima che vissuta in questo modo mi appare ancora più bella; seguo il filo che si diparte dai miei sci e vedo la traccia lasciata sulla neve dal mio movimento… sembra stranamente regolare e quasi mi stupisco di essere stato io a tracciare quella effimera linea.
Comunque non è ancora finita e continua la discesa fino a dove la neve ha termine, volgendo spesso lo sguardo verso le cime salite oggi: arrivato alla solita panchina rimetto le scarpette, ricompongo lo zaino e scendo felice verso la macchina. Felice per aver raggiunto la mia cima, felice per quello che la montagna anche questa volta mi ha regalato e felice perché ho ricordato quella voglia che si era affievolita, e anche adesso mentre riguardo le foto non posso fare a meno di sentire un certo piacevole desiderio.

Panorama dalla cima del Monte Serva

Panorama dalla cima del Monte Serva

Descrizione itinerario
Accesso: da Belluno si raggiunge Cavarzano e si sale la stretta rotabile fino al Rifugio Col di Roanza. Percorso: Col di Roanza (841 m) – Cargador (1035 m) [0,45 h] – Casera Pian dei Fioc (1739 m) [2,00 h] – Monte Serva (2133 m) [1,00 h]. Dislivello: 1292 m (cima del Serva), 1253 m (cima Tre Masci). Esposizione: sud; Tempo: 3,45 ore; Difficoltà: S3 – MS.
Salita – Dal Col di Roanza si prosegue per la rotabile con qualche tornante. Raggiunta la località Cargador, si trascura il sentiero CAI 517 sulla sinistra e si continua per la stradina. Dopo poco si imbuca un sentierino segnalato sulla sinistra che, dapprima per bosco e quindi per rapide pale erbose, conduce al Col Cavalin, riallacciandosi con il segnavia CAI. Con ampie vedute su tutta la Val Belluna, si sale ancora per dolci pendii fino alla Casera Pian dei Fioc. Da qui si segue il crestone sud della cima principale e si arriva in vetta.
Variante – Dalla Casera Pian dei Fioc è consigliabile anche la salita alla meno frequentata Cima Orientale del Serva (Cima dei Tre Masci – 2094 m), che spesso presenta nevi ancora migliori della vicina cima principale. Dalla casera si punta per avvallamenti alla dorsale della cima rivolta a sud, che si risale interamente su pendenze agevoli e molto divertenti da sciare (ore 1,00 dalla casera; S3 – MS).
Discesa – Si torna sulle tracce di salita, con percorso non obbligato e con numerose varianti.
Note: escursione molto panoramica e divertente, su una cima che pare fatta apposta per lo scialpinismo; si percorrono ampi pendii soleggiati con numerosi possibili varianti di discesa. Prestare attenzione in caso di scarsa visibilità oltre il limite del bosco e in condizioni di forte innevamento, per possibili slavine sui pendii più ripidi.
Fonte: Dolomiti – 150 itinerari per medi e buoni scialpinisti, Andrea Rizzato, Tamari Edizioni.

Andrea Perini autore del post

Andrea Perini | Sono nato a Venezia il 02/02/1984, lavoro come fisioterapista a Mestre, semplicemente appassionato di montagna. Da piccolo ho frequentato la montagna trascorrendo i mesi di vacanza estivi coi nonni nella casa di Col di Rocca Pietore (BL), percorrendo facili passeggiate ai rifugi della zona coi genitori e poi sperimentando l’escursionismo solitario che poco a poco mi ha portato a percorrere tutte e otto le Alte Vie delle Dolomiti. Da qui ho cominciato una esplorazione sistematica soprattutto della zona dolomitica, spingendomi poi anche in altre regioni per affrontare alcuni trekking di più giorni; la quantità di progetti sulla scrivania è ancora numerosa. Appassionato di foto, pratico discretamente l’arrampicata sportiva e frequento la montagna in ogni stagione d’estate con gli scarponi e d’inverno con gli sci.

3 commento/i dai lettori

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  1. Simone il15 maggio 2016

    Caro Andrea ! Come sempre i tuoi racconti sono stupendi e leggendoli sembra di essere li con te a contemplare quei magnifici paesaggi . Mitico

  2. Luigino il3 maggio 2016

    Bravo Andrea.

  3. Enrico il30 aprile 2016

    Un grande racconto, una grande storia, un grande amico! Anche stavolta traspare, in mezzo alle righe, l’Andrea che conosco: uno che non si lascia abbattere e che insegue i propri sogni e le proprie passioni. Come sempre, un esempio. A presto amico mio

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