Ruggero e Linda (ph Federico Ravassard/Skialper)

 

La strada s’inerpica decisa e in breve la foresta è alle nostre spalle.
Dinanzi a noi ora abbiamo 
i dolci pascoli di Nèva e le pareti del Sass de Mura che sbucano dal verde della mugheta.
E’ una giornata calda e afosa, il sudore inzuppa i vestiti e secca la gola.

La mulattiera dopo un’ampia curva termina dinanzi casera Nèva Seconda (1741 m) che molti chiamano ancora Nèva austriaca o tedesca, per distinguerla da Nèva italiana che sta poche centinaia di metri più in là, oltre il confine che per secoli ha diviso questi pascoli tra il Veneto e l’Austria.
La casera è cinta da un filo elettrico per impedire al bestiame di avvicinarsi all’abitazione. Dentro il recinto due bambini giocano in una piccola piscina gonfiabile riempita con pochi centimetri d’acqua. Arriva a farci visita il cane pastore, due abbaiate stanche e poi si ritira al fresco sul pavimento in pietra.

Linda ha 31 anni, cappelli cortissimi e biondi, è la mamma di Mirco e Anna i bambini che sgambettano nella piscina. Ci saluta con gentilezza e un bel sorriso, in mano ha il secchio per l’allattamento dei vitelli. Lei e suo marito Ruggero da cinque anni conducono questa malga che è di proprietà del Comune di Mezzano. Hanno in custodia 60 manze, 40 vacche con vitelli, 8 mucche da latte, 25 cavalli e 50 pecore. Da giugno a settembre questa è la loro casa. «Ogni anno, con due bambini piccoli, lasciare la nostra casa a Lamon per venire qui in montagna è sempre complicato» mi dice Linda. «Dobbiamo aspettare che Anna finisca la scuola e intanto trasferire quanto necessario per avviare l’alpeggio». Ruggero ha 42 anni, quando non è in malga fa il boscaiolo. «Qui io sono l’operaio e Linda è il capo. E’ lei la titolare del contratto di lavoro» mi dice sorridendo. «Ciò che amo di più di questo lavoro è il grande senso di libertà che mi dà vivere qui. Ogni giorno ci sono tantissime cose da fare, ma ci sono anche tanti piccoli momenti per noi e i bambini» e i suoi occhi corrono a cercare quelli di Linda.

Per Ruggero la giornata di lavoro inizia presto, alle sei, con la mungitura, poi si sposta nei pascoli per la conta del bestiame per assicurarsi che nessuno manchi, poi passa a controllare le pozze di abbeveraggio, spesso c’è da sistemare un recinto, fare legna e talvolta c’è da trasferire in malga i nuovi capi di bestiame. «E tutto questo con qualsiasi condizioni meteo» mi dice «Chi passa di qui in malga arriva quasi sempre con il bel tempo e vede solo il lato bello del nostro lavoro. Ma ci sono anche tante settimane piovose, di brutto tempo, e non si vede nessuno»

Federico con discrezione chiede se può scattare qualche foto dentro casa. La cosa pare non disturbarli. Ruggero ci accompagna perfino nel sottotetto dove c’è la loro camera da letto: una grande stanza con il pavimento in assi di legno e le pareti in pietra. Quello che vedo è commovente: in mezzo alla stanza ci sono tre letti e un lettino, tutti attaccati “vicini-vicini”. Sembra una favola, la notte in montagna stretti uno all’altro non fa più paura.

Mirco ora è in braccio alla mamma che lo asciuga e gli cambia i vestiti fradici. Lui zitto lascia fare e ascolta le cose dei grandi. Dico a Linda che i suoi figli sono due bambini fortunati e da adulti ricorderanno le estati qui in malga come uno dei momenti più belli della loro vita. Un privilegio, nonostante i disagi e il mondo che corre con altre velocità, penso fra me. «Anch’io penso questo, ma trovare il giusto equilibrio non è facile» mi dice Linda. «Qui non ci sono bambini e Anna, che ora ha 9 anni, spesso si sente sola. Qualche giorno fa è venuta a trovarla una sua amica, di ritorno dal mare. Hanno giocato tutto il giorno insieme, felici. Alla sera Anna mi ha detto: mamma e noi quando andiamo al mare?»


Su Skialper di agosto-settembre 2017 puoi leggere l’articolo completo “La via del confine pacifico”
dal quale è tratto questo racconto di Ruggero e Linda.


Teddy Soppelsa autore del post

Teddy Soppelsa | Autore di pubblicazioni su montagna, alpinismo e ambiente, componente cdr de Le Dolomiti Bellunesi, socio GISM, fondatore del blog-magazine altitudini.it.

3 commento/i dai lettori

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  1. Vittorio Giacomin
    Vittorio Giacomin il19 agosto 2017

    Volevo ringraziare Teddy per il suo articolo scritto con dolcezza, con parole semplici, con umanità.
    L’articolo è ancor più interessante se letto nel contesto del “confine pacifico” al quale il testo richiama, soprattutto in questi tempi dove “l’altro” è considerato una minaccia.
    Il testo di Teddy ci ricorda che la montagna ha le sue regole, che è un ambiente che vive di fatica, di lentezza, a volte anche di contemplazione, ma che appare indifferente al confine perché aperto all’altro.
    Ci dice che la montagna chiede di essere pagata con sacrifici e silenzi, ma che allo stesso tempo ricambia con le favole, con la stare uniti nello scambio del respiro della sua notte.
    I confini il più delle volte uniscono, come il mare unisce le isole di un arcipelago, e in questa unione può accadere che l’umanità emerga, venga a galla, proprio come nel testo di Teddy.
    Come scrive Enzo Bianchi, l’umanità in emergenza “di fronte all’imbarbarimento dei costumi, dei discorsi, dei pensieri, delle azioni che sviliscono e sbeffeggiano quelli che un tempo erano considerati i valori e i principi della casa comune europea” riguarda noi tutti, il nostro “restare umani”.
    Siamo diventati poveri nei sentimenti e cinici nei comportamenti, probabilmente incapaci di divedere quel letto.
    E’ una grande lezione quella di Linda e Ruggero che ci aiuta fare una pausa sulla nostra vita.
    Kapuscinski, che di confini se ne intendeva, parafrasando Lévinas scriveva: “Fermati. Accanto a te c’è un altro uomo. Incontralo.

  2. Riccardo il9 agosto 2017

    Grazie Teddy, uno spaccato di vita molto bello.

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