volpeLa volpe curiosa,
un esperimento di scrittura collettiva

La volpe curiosa non è un post e nemmeno un racconto, o perlomeno non lo è ancora. Per ora sono tre bei disegni ad acquerello realizzati da Silvia Benetollo che vogliamo utilizzare per un esperimento di scrittura collettiva.
L’esperimento consiste nello scrivere, nello spazio dedicato ai commenti, i propri pensieri riguardo i tre disegni della “volpe curiosa” per giungere tutti insieme ad un testo compiuto, partendo da idee anche parziali e confuse che nascono nella mente di ogni partecipante. Il giusto pensiero si forma cammin facendo, parola dopo parola, frase dopo frase, fino ad ottenere un testo dallo stile “personalissimo”. Dai proviamoci.
Le regole di come utilizzeremo i vari contributi per comporre il testo le stabiliremo più avanti. Ora iniziamo a raccontare la storia di questa volpe curiosa.
Scrivi la storia della volpe curiosa nello spazio per i commenti, sotto i disegni.

la volpe curiosa_01

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5 commento/i dai lettori

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  1. spiragli il9 dicembre 2015

    Il bosco ha già salutato le sue foglie, volate via con l’Autunno. Ora è tutto spoglio e silenzioso. L’ultimo scoiattolo sta ritornando al suo rifugio, prima che arrivi il grande freddo. Una volpe curiosa invece è a zonzo: vuole scoprire dove la Primavera va in letargo. Se la trova, potrà accoccolarsi al suo fianco, al calduccio nella stessa tana.

    Dove finisce il bosco, la neve è già caduta. L’inverno è arrivato. Lassù c’è una casera di pietra. In certi mesi è piena di paglia: forse la Primavera si è riparata lì. La volpe sbircia nella grande stanza, ma è completamente vuota: non c’è traccia di calore, là dentro.

    La volpe sale fino alla casa del pastore. Si ricorda che l’uomo usa spesso accendere un fuoco. Ma la neve lì è caduta in abbondanza e la casa è abbandonata. E’ aumentato anche il freddo e i passeri hanno il becco tanto congelato che non riescono a cinguettare. Non c’è Primavera lì. La volpe prosegue, lasciando traccia del suo passaggio sul manto bianco. – http://spiragli.wordpress.com

  2. derspina il8 dicembre 2015

    Mi fermo di colpo!
    La scorgo all’improvviso: è lì che si aggira con il muso per terra, annusando le tracce di odori impercettibili al mio olfatto, ma non al suo. Mi vede, si siede, e aspetta. Anch’io attendo, fissandola negli occhi, mi guarda. Dapprima il suo sguardo è triste, appannato, perso nel vuoto, grigio come l’ambiente che la circonda. Il nostro è uno scrutarci guardingo, vigile, scrutando ciascuna la mossa dell’altra.
    Mentre la studio, l’ammiro catturata: il suo pelo è lucido, riflettente. Non è a caccia di cibo; è abituata a lasciarsi servire. E’ bello lucente, quei riflessi che non smetteresti mai di guardare, arricchiscono l’occhio, brillano di un colore caldo, e si mescolano intonati al bianco del pelo inferiore, quello che si mimetizza nella neve quando lei, all’erta, si nasconde nel bosco, nel fogliame, sul suolo ormai gelato da quello strato di ghiaccio e neve appena accennato, freddo, umido.
    E’ ferma, attenta, segue con gli occhi i miei gesti, pronta allo scatto, alla difesa, alla fuga.
    Le lancio quello che ho, e immediatamente mi pento, non si addomesticano animali selvatici, e lo capisco subito dal suo mostrare immediato i denti canini, ringhiosi, aguzzi, le orecchie indietro, pronta a difendere quello che già in un attimo è diventato suo, ancora in volo verso la sua fame e la sua sopravvivenza.

    Fugace e appagante incontro, da sempre sognato, fin da quando, nel vagare dei boschi, ti aspetti di vederla lì che corre guizzante, disturbata dalla presenza umana; non sa che il nostro andare nella natura è per godere del suo stesso panorama, quella contorsione di alberi dormienti, cresciuti storti sotto il peso della neve, carichi di freddo intenso in attesa di un anticipo di calore sulla stagione che è ancora piena, innevata, bianca. L’immagino che i suoi occhi ci seguono nei gesti, nel catturare fugace l’abbandono di qualche briciola prodotta dal nostro movimento distratto, troppo svogliato per farci chinare a raccogliere una mollica diventata ormai gelata. E quello sarà il suo pasto, o il suo contributo ad altra vita che attende di crescere in quest’inverno bianco riflettente, solitario, eppur vivo.

    Gli sci appoggiati al muro di pietra bianca, angolo di calore in mezzo al bosco, finestre sbarrate, incrocio di orme. Lenti consumiamo il nostro pasto al freddo intenso, riempiendo i polmoni di aria frizzante, forse un pò troppo umida, accaldati della fatica appena trascorsa. Lei è nascosta, lì intorno, paziente figura che attende la nostra ripartenza, la sua solitudine, il suo banchetto regale, risultato della nostra pigrizia.

    E solo un ciuffetto di peli incastrati in un rovo di Rosa canina ci manifesta il suo silenzioso passaggio, quaggiù, in questa terra brulla di cibo, ricoperta di neve, ostile alla sopravvivenza. Ci basta questo piccolo segnale di vita a rendere animato l’ambiente circostante, l’inchino degli alberi al nostro passaggio, l’onore silenziosamente cadente di cascate di foglie gelate, noi a seguire le impronte di ben altro passaggio, che sembra perso nella vastità delle colline, in realtà assai sapiente e sicuro sul suo percorso.

    Il suo destino è oltre, là dove noi finalmente lasciamo il terreno intonso, girando i nostri attrezzi e divertendoci della nostra libertà, regalando a lei il piacere di godersi la sua, negli odori, negli anfratti, nel suo immergente e candido girovagare senza méta. http://ormeenuvole.blogspot.it/

  3. Andrea Perini
    Andrea Perini il7 dicembre 2015

    Il bosco spesso incute soggezione e timore perché è un luogo che disorienta, nasconde e evoca paure ancestrali; ma quella volta un bambino durante i suoi giochi di esplorazione vi si addentrò fino ad imbattersi in una vecchia costruzione abbandonata. Qui tornava ogni volta che sentiva di voler trovare un rifugio lontano dalla vita ordinaria e fantasticava sulla vita di chi aveva costruito quelle mura un tempo che sembrava molto lontano. Intanto imparava a conoscere i colori, i profumi e i rumori di cui il bosco è ricco, se solo si ha il tempo di fermarsi ad ascoltare; ma non sapeva ancora che il bosco ha gli occhi e che qualcuno lo stava osservando. Un giorno mentre giocava con rametti e foglie nella grande sala, incrociò lo sguardo di una volpe: questione di un lampo e si era già dileguata senza neppure fare rumore; ma la volpe tornò altre volte e poco a poco la curiosità vinse sulla prudenza. Quasi come in una favola il bambino e la volpe diventarono amici: ogni tanto il bambino portava qualche pezzo della sua merenda e la volpe rimaneva con lui a fare compagnia, altre volte il bambino seguiva la volpe attraverso il bosco conoscendo nuovi luoghi e nuovi segreti.
    Il tempo passò, il bambino divenne uomo e forse si dimenticò di quell’amico e di quel contatto con la natura che lo aveva accompagnato in molte giornate liete della sua infanzia: il vecchio rudere tornò ad essere dimenticato da tutti. Ma la volpe non ha scordato e ogni tanto vi si reca ancora: attraversa con malinconia il bosco sperando che quel bambino ricordi, magari torni per cercare riparo in una fredda giornata di inverno. Però ancora una volta la grande sala è vuota e sulla neve rimangono solo le piccole impronte della volpe curiosa.

  4. Paola Cosolo Marangon il6 dicembre 2015

    L’inverno è sempre avaro di cibo, una volpe cammina nel bosco, cerca riparo dal freddo ma anche qualche bocconcino da mettere sotto i denti. Annusa d’intorno per scoprire tracce, ma l’umido del bosco, i fiocchi di neve che cadendo si sciolgono prontamente, affievoliscono gli odori. Prepotente emerge l’odore di terra bagnata e gelata, un odore buono e penetrante ma non esattamente quello che si aspetterebbe di trovare.
    La luce fatica ad arrivare dentro il bosco, che sembra incantato con le sue ombre lunghe. Non si sentono rumori, tutto è ovattato, solo lo squittio di uno scoiattolo rompe il silenzio quasi fatato. Lui si attarda, la volpe lo guarda incuriosita, dovrebbe essere già rintanato nel suo albero cavo, l’inverno arriva a grandi falcate…

    Uscendo dal bosco la volpe si dirige verso uno stavolo che, abbandonato a se stesso, offre riparo agli animali selvatici. La bocca spalancata di quella che è stata lo porta di ingresso intimorisce un poco la volpe che prima di entrare annusa l’aria attorno, meglio essere guardinghi. All’interno l’aria è più calda, c’è del fieno appoggiato a terra, più di qualche animale ci ha trascorso la notte, è un buon posto per venire a dormire, è questo che pensa la volpe mentre con la zampa cerca di spostare alcuni fili d’erba; la speranza di trovare qualche resto di cibo non l’abbandona; non ci sono pollai in zona e la fame si sta facendo sentire…

    Nella eterna peregrinazione per trovare qualcosa da mettere sotto i denti la volpe percorre la via dove in estate di cibo ce n’è in abbondanza: è la casa del boscaiolo Arturo, prodigo di cose buone. E’ chiusa, le finestre sbarrate e la neve che sovrasta la porta di ingresso le fa presagire che Arturo è andato a svernare altrove. Gli altri anni Arturo puliva perfettamente la zona antistante la casa, la neve veniva accumulata in ampi mucchi che sovente diventavano pupazzi buffi con un berretto calato in testa e una scopa appoggiata al fianco. Quest’inverno la neve copre la casa, la volpe pensa che non sia il caso di avvicinarsi troppo, basta un’occhiata da lontano per capire che non c’è anima viva. Continua la sua esplorazione nel bosco, si allontana dalla casa lasciando profonde impronte sulla neve candida, un gruppetto di corvi appollaiati sui rami spogli di un cespuglio la osservano da lontano, lei li guarda e pensa a quanto sono spiacevoli con il loro verso gutturale e volgare… – http://www.paolacosolomarangon.it

  5. valter il5 dicembre 2015

    Era felice, perchè con l’arrivo della neve gli umani abbandonavano quei luoghi dove d’estate raccoglievano frutti dalla terra e legna dal bosco… e animata da grande curiosità gironzolava annusando l’aria ancora piena della loro presenza e sbirciava nelle crepe e negli anfratti come cercasse di apprendere i loro segreti per aumentare la sua astuzia.

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