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Dovrebbe far riflettere il fatto che l’atto fondativo dell’alpinismo, la prima salita al Monte Bianco nell’agosto 1786, sia stato e sia ancora oggetto di fraintendimenti, equivoci, arbitrarie rimozioni e meschine rivalità.

E’ una sorta di macchia originaria, di Dna incancellabile che smentisce chi insiste a leggere la storia di questa pratica in termini idealistici, come se gli uomini cambiassero la loro natura, non necessariamente negativa ma spesso purtroppo tale, solo perché si appendono a una parete.

Questa sconsolata premessa serve a introdurre un bel volume di Vivalda, la casa editrice torinese che si ostina meritoriamente a non chiudere il sipario sull’epopea della “scoperta” e della conquista del Monte Bianco, a cui ha già dedicato i volumi di Henriette d’Angeville, la nobildonna, seconda rappresentante del genere femminile che raggiunse la vetta, nel 1838, e prima ancora In viaggio sulle Alpi di Alexandre Dumas, uno dei colpevoli della “beffa del Monte Bianco”.

Il Lichene 104 è infatti dedicato ad uno dei testi più famosi della scoperta intellettuale ed estetica delle Alpi da parte degli intellettuali dei Lumi, i Voyages dans les Alpes di Horace Bénédict de Saussure, pubblicati in quattro volumi tra 1779 e 1786, di cui offre una selezione di testi tradotti e introdotti da Paolo Brogi. Si tratta dell’opera che ha letteralmente “insegnato” a generazioni di Europei cosa ci fosse in quello spazio misconosciuto che erano le Alpi: così almeno tendevano ad accreditare la propria “scoperta” scienziati e viaggiatori come il ginevrino De Saussure “dimenticandosi” che le Alpi erano invece da millenni popolate e ben note a popolazioni civili perfettamente integrate nella società del tempo.

In ogni caso, utilizzando lo stile e il registro collaudati della letteratura di viaggio, De Saussure dà vita ad alcune delle pagine più note ed ancora ampiamente godibili della “scoperta” settecentesca delle Alpi. Soprattutto nel montaggio che ci viene qui offerto, che costituisce una sorta di avvicinamento attraverso le valli e i colli che conducono da Ginevra a Chamonix, e che offrono quindi l’occasione di descrivere la vita degli abitanti di montagna, dei loro mestieri e delle loro usanze, dell’ambiente alpino da quello della media montagna fino a quello dei ghiacciai, fino a giungere alla vera passione – anzi “ossessione” – di De Saussure, cioè il Monte Bianco.

Jean-Michel Cachat detto Le Géant, guida di de Saussure

La storia è abbastanza nota, almeno nei suo tratti principali. Nel 1760, convinto che si potesse giungere in cima a quello che era già stato stimato il monte più alto d’Europa, De Saussure promette un premio a chi vi salirà in vetta. Si susseguirono da allora ventisei anni di tentativi, poco noti, di cacciatori e guide locali e arcinoti di de Saussure e del suo collega-rivale Marc Théodore Bourrit. Fino all’eccezionale impresa di due chamoniards, il dottor Michel Gabriel Paccard e il cercatore di cristalli Jacques Balmat, che il 7 agosto 1786 toccarono la vetta del Tetto d’Europa. Con lo stesso Balmat – assieme ad altre diciassette guide più il suo maggiordomo! – anche De Saussure coronò l’anno seguente il suo grande sogno e giunse in cima.

Se l’introduzione di Brogi costituisce, per l’appunto, un buon viatico alla lettura, è tuttavia la postfazione di Pietro Crivellaro la chiave per ricostruire ciò che sta dietro alle pagine di de Saussure. Intitolate De Saussure contro Paccard. Avvertenze al lettore dei Voyages ossia La vera storia del Monte Bianco, le pagine dello storico dell’alpinismo costituisco l’ennesimo, probabilmente non ultimo, tassello dedicato a sciogliere l’enigma che si cela dietro alla prima salita del Monte Bianco e alla lunga, tormentata vicenda della sua trasmissione e riproduzione nei decenni successivi.

Non volendo togliere al lettore il gusto di scoprire, per modo di dire, il movente e le circostanze del metaforico omicidio del vero protagonista della prima salita, cioè, il Michel Gabriel Paccard, si accennerà invece al fatto che, per Crivellaro, di più assassini e non di un solo colpevole si tratta. Assieme al ceto intellettual-scientifico ginevrino, che ignorò Paccard; assieme al grande autore di best-seller  Alexandre Dumas che santificò invece l’ingenuo Balmat; agli stessi abitanti e amministratori di Chamonix che nel centenario della prima salita fissarono nel bronzo della famosa statua posta nella piazza di Chamonix (con de Saussure che indica a Balmat la via della vetta) la rimozione di Paccard dalla storia, nel novero dei colpevoli Crivellaro ora inserisce lo stesso de Saussure, il quale, come viene puntualmente dimostrato, non mancò di corredare i suoi Voyages di più d’una studiata mistificazione.

Insomma, non solo, come diceva Balzac, dietro ogni grande fortuna ci sta sempre un omicidio: qualche volta qualche omicidio – fortunatamente solo metaforico – sta anche dietro qualche grande salita.

Horace Bénédict de Saussure, La scoperta del Monte Bianco. Dai Voyages dans les Alpes, traduzione e presentazione a cura di Paolo Brogi, postfazione di Pietro Crivellaro, Torino, Vivalda Editori, 2012

(foto apertura del post: 1787 – Voyage de M.de Saussure au Mont Blanc – incisione di Chretien de Mechel. De Saussure è il 6° da destra)

Andrea Zannini autore del post

Andrea Zannini | Storico e alpinista, vive a Udine. E’ Professore associato di Storia moderna presso l’Università degli Studi di Udine. Ha collaborato a lungo con ALP, dalla sua fondazione, e assieme a Fabio Favaretto ha scritto la guida Gruppo di Sella (1991), per la collana Guida dei Monti d’Italia, CAI-TCI. Si occupa di storia sociale della Repubblica di Venezia, di demografia alpina, di emigrazione dal Veneto al Brasile nel corso del XIX secolo e di didattica della storia. Si interessa anche di storia dell’alpinismo: Tonache e piccozze. Il clero e la nascita dell’alpinismo, CDA&Vivalda, 2003, ha vinto il premio Leggimontagna.

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