Rituale copia

CHE SIA PER INTRAPRENDERE UNA LUNGHISSIMA CAMMINATA, per arrivare presto alla base della parete, per lasciare la prima scia nella neve fresca, per immortalare il sorgere del sole, tante sono le occasioni in cui anziché rimanere tranquilli a dormire, decidiamo di “impazzire” per soddisfare una passione (quante volte mi sono sentito dire “ma sei matto? a quell’ora ti alzi?”) … ed è una “malattia” più diffusa di quel che si pensa.

LA LEVATACCIA PERÒ NON È SOLO L’AGONIA di abbandonare il proprio comodo letto o di sopportare il sonno, ma può essere un preludio al silenzio e alla solitudine che spesso cerchiamo sui monti; forse è anche per quello che l’accettiamo, e a volte la cerchiamo, con un pizzico di entusiasmo e un sorriso beffardo.
Al termine di una faticosa settimana tra lavoro e impegni vari, guardo il bollettino meteo che dà bel tempo, quindi non ci sono scuse: domani si va in montagna!
Comincio a preparare lo zaino per non rischiare di dimenticare nulla e prima di andare a letto preparo già il tavolo per la colazione per poter dormire quei dieci minuti in più.
Se riesco vado a letto presto: punto la radiosveglia e mentre mi infilo il pigiama, penso a chi invece si sta preparando per una serata di bagordi; ma non ci sono rimpianti, anzi sono felice della giornata che mi aspetta domani e di poter attuare quel progettino che avevo in mente da un pezzo.

IL SONNO È OGNI TANTO INTERROTTO DALL’ANSIA di non sentire la sveglia oppure di sentire già la sveglia… e proprio mentre mi domando quanto ancora mi rimane da dormire, ecco che parte una musica. Accendo la luce che mi ferisce gli occhi e mentre sono ancora avvolto da un dolce tepore il pensiero comincia a rimbalzare tra “ancora cinque minuti” e “ma chi me l’ha fatto fare”: sotto le morbide coperte c’è un così confortevole calduccio che ci vuole uno sforzo di volontà per mettermi seduto.
Il freddo della stanza mi precipita alla dura realtà: goffamente mi porto in bagno mentre uno sbadiglio da competizione interrompe il silenzio; accendo una stufetta mentre mi lavo e mi vesto. Vado in cucina, accendo il fuoco per scaldare l’acqua e comincio la “colazione dei campioni”: una o due fette di torta, un po’ di frutta e qualche noce, yogurt, una tazza di te e una di caffè… una giusta carica per cominciare. Metto la giacca, raccolgo lo zaino ed esco.

ALZO GLI OCCHI AL CIELO STELLATO, poi li richiudo e mi fermo un attimo: annuso l’aria fredda e frizzante dell’inverno, tasto l’umidità densa dell’autunno, ascolto il cinguettio degli uccelli in primavera, godo della frescura mattutina in estate. E poi entro in macchina, accendo la radio e si parte sotto la luce dei lampioni lungo una strada deserta: la sensazione è un misto tra orgoglio per essere un privilegiato che ha l’occasione di strappare qualche momento magico e rammarico per essere un “pirla” che si è voluto alzare presto dal letto.
Mentre guido cercando una posizione non troppo comoda per resistere al sonno che appesantisce le palpebre, mi domando come saranno vissute le levatacce e quali saranno i rituali del risveglio di altri matti che come me decidono di tralasciare il buon senso cercando di vivere al massimo il presente.
Poco a poco il cielo schiarisce ad est: come per magia si passa dal buio alla luce del mattino, si cominciano a vedere i profili ancora scuri delle montagne e poi le cime illuminate dai primi raggi. Scendo dall’auto e ammiro le luci soffuse e i colori vellutati che ogni stagione ci regala; tante sensazioni e tanti ricordi mi saltano addosso e già questo basta per essere felice di essere qui. Un bel respiro e si parte.

PENSO CHE ALZARSI PRESTO NON SERVA SOLO per poter macinare più metri o ore, ma anche per vivere la montagna più pienamente, dando valore anche a questi momenti particolari che possono riempirci l’animo di belle sensazioni.
Forse ogni tanto siamo prigionieri della libertà che cerchiamo, forse pensiamo che “ogni lasciata è persa” e che “del doman non c’è certezza” e siamo giustamente avidi e affamati di avventure in montagna e non, ma penso che domani, bello o brutto che sia, mi farò una bella dormita ristoratrice!

Alba copia

Luci soffuse di un magico momento

Colori copia

Colori vellutati dipinti sulle pareti dolomitiche

Andrea Perini autore del post

Andrea Perini | Sono nato a Venezia il 02/02/1984, lavoro come fisioterapista a Mestre, semplicemente appassionato di montagna. Da piccolo ho frequentato la montagna trascorrendo i mesi di vacanza estivi coi nonni nella casa di Col di Rocca Pietore (BL), percorrendo facili passeggiate ai rifugi della zona coi genitori e poi sperimentando l’escursionismo solitario che poco a poco mi ha portato a percorrere tutte e otto le Alte Vie delle Dolomiti. Da qui ho cominciato una esplorazione sistematica soprattutto della zona dolomitica, spingendomi poi anche in altre regioni per affrontare alcuni trekking di più giorni; la quantità di progetti sulla scrivania è ancora numerosa. Appassionato di foto, pratico discretamente l’arrampicata sportiva e frequento la montagna in ogni stagione d’estate con gli scarponi e d’inverno con gli sci.

8 commento/i dai lettori

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  1. Luigino il29 novembre 2015

    Ciao Andrea, le tue considerazioni sul fatto dello “svegliarsi presto” sono giuste e per niente “bizzarre”. Ad esempio a me quella faccenda di “svegliarsi presto, partire, fare tutta quella strada, saltare spesso il caffe perche tutti i bar sono chiusi … e poi arrivare magari al Sella o al Pordoi ed aspettare che sorga il sole per cominciare la via di arrampicata” è successa parecchie volte. Oppure “partire per un bel giro lungo, tanto che serve la frontale per infilarsi gli scarponi da tanto presto si arriva alla partenza del sentiero”, be … a me questa cosa mi ha sempre emozionato ed eccitato, e sinceramente mi è sempre piaciuta. È parte integrante della giornata in montagna.
    Ciao
    P.S. a quando un racconto su: “perchè andiamo in montagna anche sotto la pioggia”? ;)

    • Andrea Perini
      Andrea Perini Autore il29 novembre 2015

      Luigino grazie per aver condiviso le tue emozioni che sono sicuro continueranno ad accompagnarti, anche qualora il passare degli anni dovesse fare diminuire la voglia e le energie per alzarsi presto: non ricordare solo la necessità di quelle sveglie, ma tieni bene a mente quello che hai sentito e quello che tuttora senti.

  2. Giorgio Madinelli
    Giorgio il29 novembre 2015

    Due sono i motivi per cui ci si alza presto per andare in montagna e non hanno nulla di romantico come invece appare da questo articolo e dai commenti.
    Il primo è che siete tutti “gente di città” e dovete fare un certo numero di km per raggiungere la montagna.
    Il secondo è legato al tipo di escursione/arrampicata prevista, orari ipotetici per andata e ritorno da calcolare per non restare al buio prima che l’escursione/arrampicata finisca; quindi una questione di sicurezza. Da segnalare inoltre che nel calcolo degli orari previsti, nella buona stagione, vanno tenuti presenti i temporali pomeridiani; sempre di sicurezza si tratta.
    Spacciare per qualcosa di romantico una consuetudine che può salvarci la vita è quanto meno bizzarro!

    • Andrea Perini
      Andrea Perini Autore il29 novembre 2015

      La tua osservazione è senz’altro corretta: anche la levataccia concorre ad aumentare il grado di sicurezza. Avere più ore a nostra disposizione per terminare ciò che ci prefiggiamo è un fattore prognostico positivo e cercare di evitare di trovarci ancora in giro con il buio o di essere colti da un temporale è un atteggiamento di buon senso. Però ciò non vieta di scorgere nella necessità di questa consuetudine anche gli aspetti più romantici: tutto dipende dallo spirito e dalle motivazioni che guidano ciascuno sui monti, oltre che dalla personale sensibilità.

  3. Serena il28 novembre 2015

    Le tue foto parlano…Spesso ci sentiamo dire “perché?”, perché alzarsi ancor prima dei giorni in cui lavoriamo, perché questa fatica gratuita…sinceramente non lo so, o meglio, quando me lo sento chiedere un po’ ci godo, mi sento un’eletta nel poter apprezzare tutto ciò.
    Quei piccoli e semplici rituali che accompagnano le nostre uscite, le persone che incontriamo nelle stazioni di servizio, la fetta di dolce nel rifugio prima di partire, tutto ha un altro sapore, e a poco a poco diventa una dipendenza; una dipendenza di cui spesso sono gelosa…e credo di non essere l’unica…Spesso ti trovi inerme davanti a tanta bellezza che ogni parola sembra riduttiva, incapace di rappresentare quella gioia che ti riempie la bocca, cerchi di dominarla, perché non ne sei abituato, ma lei ha la meglio…sempre.
    Ti propongo un tema se ne avrai voglia per un tuo prossimo articolo…e cioè il “perdersi”…il perdersi volontario; credo abbia un fascino sottile che mette alla prova l’intuito e i sensi, oggigiorno addormentati dalle comodità di gps e quant’altro.
    Grazie, come di rito!

  4. Enrico Valerio il22 novembre 2015

    Bello questo post Andrea, perchè ancor più di tutti gli altri fa trasparire “l’umanità” che si cela dietro l’escursionista appassionato…che come ogni altro “comune mortale” la mattina deve fare i conti con il sonno e con la voglia di restare a letto quei famosi “altri cinque minuti”; anche se poi, come è giusto, l’entusiasmo di partire per una nuova avventura ha il sopravvento.
    Un pezzo di una canzone scout a me molto cara recita:

    “…lo zaino è fatto, tutto è pronto, e un nuovo giorno è sorto già;
    con il ritmo dei nostri passi il nostro tempo misurerem…”

    Buon ritmo e buoni passi allora!
    A presto,
    enrico.

  5. Alessandro Franciosa il21 novembre 2015

    Buona sera! complimenti per la sua testimonianza. Piacevole leggere il suo scritto, la semplicità e la passione della sua esperienza ci ricordano che le cose belle della montagna sono ottenute dal sacrificio e dalla dedizione per uno sport sano.
    Molto belle le immagini… ne è valsa la pena alzarsi all’alba…se fosse possibile avrei piacere avere se è possibile.
    Alessandro

    • Andrea Perini
      Andrea Perini Autore il21 novembre 2015

      Grazie, mi fa piacere sia piaciuto nella sua semplicità. E si, alla fine ne vale la pena e ogni scatto è il ricordo nostalgico di una emozione oltre che di una gita tra i monti.

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