L”uomo bianco si è sempre sforzato di evitare la neve o di passarci intorno, mentre l”uomo rosso ha sempre cercato il modo migliore di camminarci sopra e vivere in armonia con la natura.
Questo vecchio adagio dei nativi americani illustra in breve sia la storia della ciaspa (alla ladina), o racchetta da neve (alla francese), sia il probabile motivo del successo che questo particolare accessorio invernale sta riscuotendo sempre più negli ultimi anni.
Inauguriamo dunque la sezione ciaspe di altitudini.it con un bilancio: la primavera è ben incominciata e la percezione, da frequentatore domenicale dell”arco alpino orientale, è che l”escursionismo con le ciaspe abbia toccato un picco nell”inverno 2012-2013.
Web, TV e stampa sono invasi da articoli, annunci, offerte turistiche all-inclusive, gare sulle ciaspe e itinerari per tutti i gusti. Un vero e proprio battage a cui corrisponde un”effettiva proliferazione esponenziale delle inconfondibili impronte “fagioliformi” sui manti nevosi delle Alpi, con gran gioia dei polmoni in debito di ossigeno di molti trekkers occasionali solitamente costretti al chiuso durante la stagione fredda, e forse con qualche malumore dei più assidui frequentatori dell”alpe: quelli muniti altresì di sci e pelli di foca.
Un po” di storia, per capire l”immaginario
La loro origine si perde nella notte dei tempi. Sembra che persino il buon Ötzi di Similaun le usasse, ma le popolazioni che si stanziarono nel nord Europa svilupparono gli sci, strumento modellato sulla morfologia montuosa del terreno europeo e sul suo tipico innevamento, mentre furono i popoli che puntarono a nord-est, spingendosi fin oltre lo stretto di Bering – i cosiddetti indiani – a portare avanti e a sviluppare la tecnica dello strisciare sulla neve.
Sci e ciaspe, come vedremo, ingaggeranno nei secoli, nei continenti e nelle mode, un duello all”ultimo sangue: dove vince lo sci muore la ciaspa e dove langue lo sci spadroneggia la nostra racchetta. Scontro che non dipende soltanto dalle caratteristiche morfologiche del terreno ma da una filosofia quasi antitetica di affrontare l”ambiente invernale che sta dietro ai due mezzi.
Scivolare VS strisciare
Lo sci è high & fast, dove high non è solo il pendio che si vuole discendere (o risalire) ma è anche il prezzo da pagare per un”adeguata attrezzatura e preparazione, la ciaspa invece è low & slow, low-cost e low-altitude e c”è poco da imparare: se sai camminare, sai ciaspolare… si può apprendere delle tecniche per perfezionare l”andatura ma non si ha bisogno di un maestro per galleggiare sulla neve. Quando la racchetta è tornata sull”arco alpino è stata modificata, resa più piccola, agile, adatta persino a gare sulle neve, piegando alla necessità tutta occidentale di correre sempre e comunque uno strumento che fu sviluppato dai nativi americani, sicuramente più contemplativi e meno frettolosi.
Raquette à neige VS snowshoe
La racchetta da neve come la intendiamo oggi la inventarono infatti i nativi delle First Nations, Uroni, Irochesi e Algonchini principalmente, che ne fecero il loro principale strumento di spostamento nelle vaste foreste del Canada contraddistinte da enormi spazi e da un innevamento abbondantissimo (a tutt”oggi le racchette canadesi, per nevi soffici e terreni pianeggianti, si distinguono da quelle per uso alpino, per nevi dure e terreni più ripidi). I primi occidentali ad osservare questi manufatti furono i coloni francesi che ne notarono la somiglianza con le racchette che usavano nella pallacorda, antesignana del tennis, da qui raquette à neige. Gli inglesi, più pragmatici ma meno fantasiosi, le chiamarono snowshoes. Proprio inglesi e francesi si fronteggiarono persino in una battaglia con le racchette da neve nel 1758, passata alla storia proprio come Battaglia sulle ciaspe (Battle on snowshoes), e non certo per decidere il nome da dare all”attrezzo.
Dai cercatori d”oro ai contadini
Di fatto la racchetta da neve fu per secoli l”unico mezzo di trasporto nel Canada usato non solo dai nativi ma anche da missionari, Coureurs de bois, trappers, esploratori, cercatori d”oro. Proprio i francesi riportarono la ciaspa sull”arco alpino millenni dopo Ötzi, dove fu utilizzata principalmente da contadini e cacciatori di piccola selvaggina; nel Trentino questo tipo di utilizzatori “rurali” la chiamarono ciaspola, da “cesto”, per via probabilmente della similitudine che essi vi riscontrarono tra l”intreccio delle corde e quello dei cesti in vimini (materiale con cui peraltro spesso erano fabbricate allora).
La differenza fra i target di utilizzo nei due continenti spiega forse perché la snowshoe in Canada sia sinonimo di coraggio, temerarietà, avventura, esplorazione mentre in Europa sia stata dai più percepita come accessorio propedeutico, usato da turisti occasionali, sovente pensionati: sulle Alpi non si corre il rischio di essere attaccati da orsi o da ghiottoni né di perdersi nel nulla, prima o poi una vallata abitata la si incrocerà, non come nel casino online nordovest canadese dove si può non trovare alcuna presenza umana per centinaia e centinaia casino online di chilometri!
<img class=" wp-image-11193 " alt="Montreal Snow Shoe Your business objective needs to be focused on delivering quality and trusted best-data-recovery.com to the organization at the right time and in the right context. Club, 1872″ src=”http://old.altitudini.it/wp-content/uploads/2013/03/Montreal_Snow_Shoe_Club_1872.jpg” width=”443″ height=”328″ /> Montreal Snow Shoe Club, 1872
Nascita del “raquetting”
La ciaspa tramontò come mezzo di spostamento primario con l”espandersi ed il perfezionarsi della rete viaria, rinascendo però come attività ricreativa: a partire dal 1840, con la fondazione del Montreal Snow Shoe Club, i clubs de raquetteurs spopolarono nel Canada, con organizzazioni di gite e maratone, ritagliandosi un ruolo di primo piano fra gli sport canadesi ma anche fra le attività sociali e culturali di quelle terre.
Pur non morendo mai del tutto il raquetting si ridimensionò notevolmente anche nel Nordamerica con l”importazione degli sci dall”Europa nel XX secolo, ed è piuttosto ironico che tra i pionieri delle lamine in America fu un immigrato norvegese soprannominato, per un equivoco, Snowshoe Thompson!
La ciaspa moderna
Tra anni “70 e “80 il mercato dell”outdoor decise di sfruttare anche questo attrezzo confinato fino ad allora nella tradizione. Si implementarono chiodi e piastra d”attacco snodabile munita di rostro per adattare la ciaspa al suolo alpino, ripido e spesso ghiacciato. Al legno, o all”alluminio, si sostituì il polipropilene e addirittura il titanio, innalzando spesso casino online a cifre proibitive il costo di un attrezzo nato come umile e povero. Fu infatti un vicolo cieco, la ciaspa “tecnica” non fece mai il botto, contrastata in quegli anni dall”espansione esponenziale degli ski resorts: l”eterno duello con gli sci.
Negli anni “90 ci fu un timido ritorno di fiamma, alla moda dello snowboard fuori pista si accoppiò bene la racchetta da neve, utile per raggiungere i pendii adatti per quello sport.
Il boom del 2008-2009 e il calo del 2011-2012
Con gli anni zero rinacque l”interesse per la ciaspa. Outdoor Magazine, rivista di riferimento degli operatori di mercato del settore outdoor, monitora da tempo questo prodotto dedicandogli ogni anno un focus.
Nell”inverno del 2008-2009 si ebbe il boom, circa centomila paia di racchette da neve vendute in Italia, le scorte dei magazzini esaurite. L”anno successivo si riconfermò il trend, con un mercato in consolidamento e l”ingresso di nuove proposte. L”ultimo focus su Outdoor Magazine curato da Monica Viganò nel novembre 2012 registrava un forte calo nell”inverno “11/”12 ma, come la stessa autrice dell”articolo rileva, molto probabilmente dovuto alle scarse precipitazioni nevose di quell”inverno.
Anche l”inizio della stagione “12/”13 minacciava male, guarda caso proprio in corrispondenza di uno degli autunni più caldi di sempre che di certo non lasciava ben sperare, ma fortunatamente l”inverno è andato molto meglio del previsto. Aspettiamo il riepilogo anche di questa stagione, certi però che la tendenza si sia di nuovo invertita.
Aldilà dell”ovvia dipendenza dall”aspetto nivo-meteorologico a incidere sul mercato è la “longevità” della racchetta da neve, non c”è necessità di ricambio e proprio la natura e la storia di questo strumento richiama a sé un target poco propenso ad inseguire lo stato dell”arte della tecnica: ciaspolare è un po” ritornare indietro nel tempo ad un”epoca contraddistinta dai ritmi lenti sia in termini di andatura che di progresso, la ciaspa rimanda a prima del goretex, del primaloft e della corsa tecnologica ai materiali, anche in questo c”è un qualcosa di “indiano” che rimane legato all”attrezzo.
Romanticismo e sicurezza
A questa visione romantica del ciaspolatore corrisponde un rovescio della medaglia meno idilliaco: a quanto rileva sempre Outdoor Magazine intervistando Massimo Zuin di Sportland, la maggior parte dei ciaspolatori non acquista l”equipaggiamento standard di sicurezza per le escursioni invernali: sonda/pala/arva.
Il dato è riconfermato dall”ASTAT, l”istituto provinciale di statistica di Bolzano che, di concerto con protezione civile, soccorso alpino, CNSAS, CAI, AVS e Istituto per la Medicina d”Emergenza EURAC ha risposto all”esigenza di censire l”attività di scialpinisti e ciaspolatori, indagandone le differenti abitudini a fine preventivo con due rilevamenti condotti sul campo nel febbraio 2010 e nel febbraio 2011.
Proprio nell”ultima rivelazione del 2011 è emerso che a fronte di un 80% di scialpinisti regolarmente muniti di equipaggiamento standard solo il 13,7% dei ciaspolatori lo era. Prima di partire in considerazioni sul costo di un ARVA poco consono alla filosofia low-cost e antitecnologica della ciaspola, c”è da notare che anche per quanto concerne l”informazione, sicuramente economica all”epoca di internet, il ciaspolatore medio è pericolosamente carente: sempre nel 2011 il 45% degli intervistati ha dichiarato di non aver letto il bollettino valanghe (la percentuale si riduceva al 18,4% negli scialpinisti). Inoltre i ciaspolatori tendono a partire anche molto tardi, più del 63% degli intervistati partiva dopo le 10 (mentre il 78% degli scialpinisti era già partito a quell”ora).
Questo gap di sicurezza è in parte spiegabile col fatto che la ciaspa ha assunto un ruolo propedeutico all”escursionismo invernale ed è spesso utilizzata da persone alle prime armi o da praticanti occasionali. Nella rilevazione del 2010 il 50% dei ciaspolatori dichiarava di effettuare meno di 11 escursioni stagionali e solo il 10% ne effettuava più di 30, percentuali che anche qui si ribaltavano nei confronti degli scialpinisti (dove il 30% dichiarava di effettuare più di 30 escursioni a stagione e solo il 15,7% stava sotto quota 11).
Questi dati potrebbero spiegare la sensazione di serpeggiante ostilità che alligna fra gli scialpinisti nei confronti dei ciaspolatori, contraddistinti da un approccio più turistico e “domenicale” oltre che da un”attitudine tendenzialmente più trasandata, sbadata e superficiale. Oltre a ciò spesso i ciaspolatori hanno la pessima abitudine di calpestare le scie degli scialpinisti, con ovvi disagi di questi ultimi quando devono ritornare sulle proprie tracce.
Conclusioni: una risposta alla crisi?
Sicuramente c”è molto da fare in termini di prevenzione ed educazione alla sicurezza per quanto riguarda le ciaspe. Tuttavia non si può negare il valore positivo di questo accessorio che spesso ha il potere di introdurre i frequentatori della “neve firmata”, come la chiama Mauro Corona, alla “neve naturale” degli ambienti incontaminati, al silenzio e alla pace che contraddistinguono la montagna invernale, che si rivela stupefacente e magica a maggior ragione per chi è abituato ad associarla agli schiamazzi delle piste e allo sferragliare degli impianti di risalita.
Le ciaspe propongono un approccio umile e contemplativo alla montagna e se è vero che il ciaspolatore è più incauto e malaccorto è pur vero che sovente si accontenta di quattro passi nel bosco di media montagna, senza puntare a vette e pendii repulsivi che poco si confanno alla camminata lenta e gentile della racchetta da neve (anche se nulla impedisce agli escursionisti più allenati ed esperti di utilizzarle su dislivelli più marcati e per l”alta quota o per gare di corsa come “La Ciaspolada” che si svolge a Fondo, in provincia di Trento, ogni giorno dell”Epifania dal 1972).
Non è un caso a detta di chi scrive che il recente boom delle ciaspe vada di pari passo con l”aumento dei prezzi degli skipass, superiore all”inflazione, come rilevato dalla rivista consumerista Altroconsumo: nel n. 265 del dicembre 2012 si rilevava un aumento medio del 10% rispetto a 3 anni fa (con punte del 17,8% in Friuli, 15,6% in Trentino e 14,1% in Veneto). Oltretutto, come ha evidenziato Michele Dalla Palma nel suo bel libro “Ciaspole. Vivere la montagna d”inverno con le racchette da neve” scritto con Cesare Re, pubblicato nel 2010 dalla Hoepli, questo accessorio offre un”occasione di riscatto per i piccoli paesi arroccati fra le montagne, lontano dai circuiti bianchi dello sci.
Sempre più rifugi aprono anche nei weekend invernali, proprio grazie al diffondersi della ciaspa e al conseguente moltiplicarsi delle proposte di accesso alla montagna al di fuori delle piste battute. Un accesso che non può non essere contraddistinto da un amore genuino per la montagna e per la sua wilderness e persino da un differente rapporto con la stessa neve, non più tenuta distante sotto le lamine e sfruttata per scivolare, ma vissuta con sensibilità e partecipazione, alla pari, da autentica compagna di gita.
Un ringraziamento particolare a Benedetto Sironi per aver messo a disposizione i dati raccolti da Outdoor Magazine e ad Erika Umek per aver ispirato l”articolo.
fonti:
– History of the Snowshoe in Canada, a cura di GV Snowshoes.
– Racchette da neve, la parola ai dealer, Monica Viganò in Outdoor Magazine n°11/2012 – pp. 14-15.
– Scialpinisti e ciaspolatori – febbraio 2010. Astat Info Nr.32 06/2010.
– Scialpinisti e ciaspolatori – febbraio 2011. Astat Info Nr.53 12/2011.
– Neve fredda, è lo skipass che costa, Altroconsumo n.265, dicembre 2012, p. 4.
– Ciaspole. Vivere la montagna d”inverno con le racchette da neve, Michele Dalla Palma e Cesare Re, Hoepli 2010, p. 292.
1 commento/i dai lettori
Partecipa alla discussioneComunicare in modo costruttivo sul Web è come camminare sulla neve fresca ..
SI SPROFONDA! …
Mettiamoci le ciaspe!
Un invito a farlo attende di acquistare un significato, fuor di metafora … da Dicembre 2008 … :-((
http://webeconoscenza.net/2008/12/10/comunicare-in-modo-costruttivo-sul-web-e-come-camminare-sulla-neve-fresca-si-sprofonda-mettiamoci-le-ciaspe/