Sibbesborg_sezione_06

“basta saper immaginare un’isola, perché quest’isola incominci realmente ad esistere”.
Inizia così il libro di Silvano Agosti “Lettere dalla Kirghisia”, ed è da questo libro che il progetto “Letters from Sibbesborg” trae ispirazione.
E’ questa l’idea di due giovani architetti residenti ad Helsinki (Luca De Gol e Samir Bhowmik) che immaginano di trasferire il loro progetto “Letters from Sibbesborg” nelle Dolomiti e lì sperimentare un nuovo livello di esistenza per i cittadini, dove ogni giorno si festeggia la vita.

Le premesse
Nel corso del 2011, il Comune di Sipoo (Finlandia) prepara un concorso internazionale di pianificazione territoriale e urbanistica per lo sviluppo di una comunità sostenibile a Sibbesborg.
L’area, oggetto del concorso, è situata nel Comune di Sipoo, intorno al distretto urbano di Söderkulla e l’area di Sipoonlahti. Lo scopo è di proporre un piano urbanistico per una comunità di 70.000-100.000 residenti, con particolare enfasi sul centro. In aggiunta a questo, come ulteriore obiettivo, è delineare i primi passi dell’ampio processo di implementazione.
Lo scopo degli organizzatori del concorso è di stabilire come Söderkulla ed i dintorni di Sipoonlahti dovrebbero essere sviluppati per rispondere alle esigenze locali e internazionali di sostenibilitá nel presente e per il futuro.
Queste le direttive principali del concorso, supportate poi da una mole enorme di informazioni, statistiche, studi geologici e mappe, nonché indagini e rilevamenti fatti all’interno dall già presente, seppur piccola, comunità di Sipoo.

Decidiamo di partecipare
Da qui parte tutto. Siamo due amici architettti, un italiano e un indiano, entrambi residenti ad Helsinki e decidiamo di partecipare al concorso.
Capiamo subito che un concorso di questo tipo va affrontato in maniera nuova, troppi problemi affliggono oggigiorno la societá moderna e decidiamo subito di non concentrarci solo su aspetti di tipo tecnico, urbanistico e architettonico, ma di affrontare contemporaneamente problemi di carattere sociale.
Nei primi incontri, di preparazione e sviluppo del progetto, ci vengono tra le mani molti libri, uno tra questi è “Lettere dalla Kirghisia” di Silvano Agosti.

[ ] La Kirghisia da me descritta, è un qualsiasi Paese, dove al centro di ogni iniziativa, c’è il benessere reale degli esseri umani, unico scopo degno di qualsiasi vero progetto sociale. Non si tratta quindi di un’utopia, ma di un progetto. [ ]

Sibbesborg area centrale

Leggendo tra le pagine di questo libro, piccolo ma intenso, ritroviamo l´importanza dell´essere umano e della sua vita sulla Terra.
Andando a leggere i punti principali di uno dei documenti più importanti del concorso e rimaniamo sconvolti dalla vicinanza delle tematiche del libro di Silvano e i risultati dei workshops di professionisti per una visione del futuro di Sibbesborg.
Praticamente tutti i punti si rivolgono ai progettisti dicendo in via indiretta: “Attenzione, Sibbesborg deve essere una zona residenziale, di lavoro e svago, dove l’occasione della vita per l’essere umano sia fondamentale”.
Comprendiamo subito che la sostenibilità che si va ricercando in questa nuova ondata ecologica, in moltissimi settori, ha a che fare principalmente con il benessere e la felicità della vita per un essere umano.
Il progetto parte, il libro di Silvano è sempre tra le nostre mani e nel momento di decidere il nome del progetto, ci viene quasi automatico chiamarlo “Letters from Sibbesborg”, dove Sibbesborg diventa una sorta di Kirghisia reale alla quale noi architetti abbiamo cercato di dare carattere fisico.

Com’è andata a finire?
“Letters from Sibbesborg” è stato premiato con una menzione d´onore nella cerimonia di premiazione tenutasi a Sipoo il giorno 16 gennaio 2012, da una giuria internazionale di architetti e tecnici, per aver dimostrato le potenzialitá di un processo di sviluppo empatico locale, centrato sull´uomo e sulla formazione di comunitá. Il progetto é stato inoltre presentato:
– il 2 febbraio 2012 a Roma al Cinema Azzurro Scipioni. La serata ha incluso anche la presentazione del libro “Lettere dalla Kirghisia” dello scrittore e regista Silvano Agosti;
– all’Universitá degli studi Urbani di Helsinki: “Letters from Sibbesborg: A Sustainable Community”, Lecture by Luca De Gol & Samir Bhowmik @ Network for Urban Studies, Helsinki Design and the City 16.08.12 as part of WDC: World Design Capital Helsinki Summer School.
Info “Letters from Sibbesborg”: www.lettersfromsibbesborg.com

Letters from Sibbesborg, un progetto da esportare. Nelle Dolomiti nasce la “Comunità Valle della Vita”.
Ditorni di Sibbesborg, Finlandia (ph by Sampo Kiviniemi) http://www.panoramio.com/photo/20056102

Ditorni di Sibbesborg, Finlandia (ph by Sampo Kiviniemi) http://www.panoramio.com/photo/20056102

“Letters from Sibbesborg” non è un progetto fine a se stesso, ma funge da prototipo utilizzabile anche in luoghi e circostanze diverse rispetto al concorso nel quale é stato pensato.
Proprio per questo le riflessioni che seguono prendono in esame l’area geografica della Comunità Montana Feltrina – dove uno di noi è nato e vissuto fino a 23 anni – e cercano di sviluppare un modello urbanistico, architettonico, paesaggistico attento al territorio, all’ambiente e di conseguenza all’essere umano che di esso fa parte.
La Comunità Montana Feltrina comprende i territori amministrativi di 13 Comuni, di cui 5 sono in parte compresi nel territorio del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi. Geograficamente si estende al margine sud occidentale della Provincia di Belluno, sulla destra del fiume Piave (nella media Valle del Piave localmente detta Valbelluna), punto di contatto tra le Dolomiti e le Prealpi Venete, confina con la Regione Trentino Alto Adige e in parte con le province di Vicenza e Treviso.
Come non iniziare il tutto partendo delle Dolomiti?
Il fatto che le Dolomiti siano state dichiarate Patrimonio dell´Umanitá da parte dell´Unesco è di enorme rilevanza, e fa capire quanto importante sia il ruolo della natura in tutti i suoi aspetti: da quelli legati all´ecosistema, dal rapporto con l´uomo e gli animali, a quelli puramente estetci.

Ora, il nostro piano territoriale, che ha come scopo principale quello di creare un ambiente artificiale il più possibile legato al territorio e alla natura, si rivolge in prima istanza all’essere umano, avendo come obiettivo il benessere e la felicitá della vita.

Il binomio uomo-natura acquista subito grande importanza in un’area come quella dolomitica; e come la natura diventa Patrimonio dell’Umanità, ci piacerebbe avvalorare la richiesta, già inoltrata da Silvano Agosti, di dichiarare l’essere umano Patrimonio dell´Umanità.
Dolomiti e essere umano, questi sono i due elementi di partenza che abbiamo deciso di prendere in considerazione in questo piano di sviluppo di una comunitá sostenibile per la Comunitá Montana Feltrina che chiameremo: Comunità Valle della Vita (nel libro di Agosti le diverse aree abitative vengono chiamate “Valle della Vita”).

La Comunità Valle della Vita non é un sogno

Il Grappa, dal col Maor, Quero (Archivio Fotostorico Feltrino, ph. Roberto Sudiero)

Il Grappa, dal col Maor, Quero (Archivio Fotostorico Feltrino, ph. Roberto Sudiero)

Questo scritto ci da la possibilitá di continuare le riflessioni fatte nel progetto premiato a Sipoo, in Finlandia, e promuovere un modello di sviluppo sostenibile analizzando i problemi e ricercando soluzioni nella maniera piú pragmatica e concreta possibile.
La Comunità Valle della Vita non è un sogno. E non è un’utopia partorita dalla nostra immaginazione. Si tratta di un vero e proprio progetto. Un progetto umano che comprende comunità, economie, ecosistemi e stili di vita. Esiste in realtà in questa terra del nord Italia, dominata e protetta dalle grandiose catene montuose delle Dolomiti.
In questa natura aspra e paradossale, abbiamo trovato un paradigma dell’esistenza umana che fino ad ora era stato solo raccontato da veggenti e profeti.
Abbiamo scoperto una vivace comunità, non lontana dalla storica città di Venezia e ai confini con il Trentino, ai piedi delle più belle montagne del mondo, le Dolomiti, dove scorre un antico torrente, il Caorame, circondato da fitti boschi, che a loro volta fanno parte del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi.

La gente qui ha reinventato la felicità e la comunità si è riallineata e ri-adattata alla natura. La Comunità Valle della Vita è una visione di un nuovo tipo di umanità che è entrata in completa realtà nel 2050, un fiore sbocciato nel corso del tempo.

In questa nuova terra promessa non esiste una singola comunità ideale, ma diverse comunità che coesistono insieme disseminate all’interno del territorio della Comunità Valle della Vita. A differenza delle città contemporanee e degli sviluppi suburbani periferici che seguono i vecchi principi della pianificazione urbanistica e di disegno urbano, la Comunità Valle della Vita è stata pensata e ripianificata seguendo i principi ispirati alla natura, alla geografia, alle stagioni e alla condizione umana.
L’obiettivo principale dei progettisti è stato quello di allontanarsi dai sistemi secolari di produzione, riavvicinandosi ad una pianificazione dell’economia, della società e del tessuto urbano che si basano su principi egualitari e ha confermato la condizione umana come qualcosa che deve essere nutrito e ha riconosciuto il suo stato come supremo.

Masterplan Comunitá Valle della Vita

La Valle della Vita, il Playground e le Case
Il centro della Comunità Valle della Vita è la Valle della Vita, un centro lineare verde lungo tutto il territorio che si basa sull’ambiente naturale e non sulle connessioni di transito.
Questo nuovo grande centro si sviluppa lungo il fiume Piave, il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e i centri di maggiore interesse storico culturale con eventi ed attività.
I siti di patrimonio storico sono diventati tutti parte del centro, generatrici di turismo e parte integrante della vita dei cittadini della Comunità Valle della Vita.
La città di Feltre conserva ancora il suo status di centro storico e di transito alle zone circostanti e ora, piú di prima, acquista più forza architettonica e urbanistica.
Informalmente chiamato Playground, è l’area verde principale che collega tutti i villaggi/comunitá, boschi, piazze, parchi.
Le Case o centri di comunità situate all’interno della Valle della Vita sono le nuove istituzioni comunali costruite, ristrutturate, gestite e utilizzate dalla comunità. Sono le nuove istituzioni locali che gestiscono l’economia locale, creano posti di lavoro, sovvenzionano le imprese locali, organizzano l’istruzione per tutti, a tutti i livelli, un polo di innovazione e sviluppo per tutta la comunità. Essi contengono i musei, le scuole, luoghi di lavoro, negozi e outlet, caffè e ristoranti, biblioteche e centri diurni.
Ogni Casa è specializzata in un particolare settore e funge da centro di risorse per quel particolare settore. Le Case della cultura, delle arti e del patrimonio storico per esempio sono i motori culturali e artistici per la Comunità Valle della Vita.
I Comuni si trovano all’interno del Playground, e sono connessi da strade verdi e naturali, accessibili a piedi in bicicletta o con mezzi leggeri elettrici.

Il modello Eco-Cycle Dolomiti
La caratteristica che colpisce di questi insediamenti sono i Giardini della Luna, giardini e terreni agricoli che circondano gli insediamenti abitativi, costellati di fiori, alberi da frutto e orti. Questi giardini sono di proprietà e gestiti dalle comunità per tutta la stagione agricola nella regione.
La Comunità Valle della Vita è autosufficiente nella produzione alimentare e dipende, per la maggior parte, dalla sua raccolta regionale per la sua gente.
Oltre che nei Comuni, le colture sono coltivate anche lungo le vie di connessione verdi che colleganno tutti i comuni/villaggi vecchi e nuovi.

I nuovi villaggi sono pensati e progettati in stretta relazione con il territorio, tenendo conto della geografia e la storia architettonica e urbanistica del territorio, seguendo e attuando le innovazioni in campo architettonico e costruttivo, creando connessioni web tra tutte le piccole comunitá vecchie e nuove della Comunità Valle della Vita.
Ogni villaggio comprende una vasta gamma di alloggi multifamiliari, case a schiera, case private, laboratori e appartamenti per studio o lavoro.
Ogni villaggio è gestito da una cooperativa che sovrintende il settore zootecnico, manutenzione, attività quotidiane e festival. La maggior parte degli abitanti lavora da casa e nei rispettivi villaggi/comunità, dedicando piú tempo all’agricoltura, alle arti e ai mestieri, e alle nuove tecnologie informatiche.
La Comunità Valle della Vita ha il suo modello ecologico: l‘Eco-Cycle Dolomiti, modello che è una parte localizzata di un più ampio modello regionale ambientale che guida il suo processo di insediamento, la manutenzione e lo sviluppo.

L’Eco-modello Dolomiti

I principi ecologici consentono un ciclo in cui viene rinnovata energia, l’acqua viene rimessa in circolazione, e i rifiuti vengono sfruttati per rigenerare energia. Ogni aspetto della vita nella Comunità Valle della Vita è parte di questo ciclo ecologico. Giocare, lavorare, mangiare, riciclare per creare nuovi prodotti, attività ricreative e altre numerose attività sono tutti integrati in questo ciclo.
Ogni azione umana ha le sue implicazioni per l’ecologia della Comunità Valle della Vita e per questo motivo il tessuto costruito e gli spazi pubblici sono inoltre progettati per lavorare all’interno dell’Eco-modello.

Un nuovo concetto di gioco della vita, basato sullo slow-urbano
Nella Comunità Valle della Vita l’attenzione è sulle persone e non sui trasporti, sullo scambio e non sul movimento incondizionato. Le vecchie automobili sono quasi inesistenti, tranne per i veicoli di comunità condivisi e quelli necessari per l’agricoltura e piccole industrie artigianali. C’è una proliferazione di biciclette, risciò alimentati ad energia solare, tram e altri veicoli che girano con energie rinnovabili.
Il sistema è inoltre progettato per aggevolare portatori di handicap ed anziani ed è completamente accessibile a tutti.
Le connessioni di transito maggiori verso nord e sud della Comunità sono garantite dalle attuali strade, rese più sicure e veloci, per garantire una maggiore fluidità di traffico, reso drasticamente inferiore grazie alla minore necessitá di spostamenti fisici delle persone.
Il transito locale si basa su tram e mini-bus elettrici.

Principalmente tre rotaie circolari garanrtiscono l’accesso a tutti i maggiori punti di interesse della Comunità e sono utilizzabili gratuitamente dai cittadini.
Attraverso una visione urbana decentralizzata, in equilibrio con la natura, un nuovo concetto di gioco della vita, basato sullo slow-urbano, la società è stata creata nella Comunità Valle della Vita.

Un cambiamento rivoluzionario
Questa è una società e una Comunità che è tornata alle sue radici con la terra, con l´artigianato locale, con una rete di conoscenze che viene condivisa e dove i bambini non sono rinchiusi nelle scuole o gli adulti nei luoghi di lavoro stressanti.

Qui, il cambiamento rivoluzionario da un sistema di produzione massificato, verso un sistema di produzione solo per esigenze reali, la distribuzione di servizi da un solo centro a piú centri diversificati e l’orrore di un approccio consumistico a favore di uno piú egualitario ha portato ad un nuovo livello di esistenza per i cittadini.

Questo nuovo sistema ha consentito la creazione di un ambiente equilibrato, che non solo promuove la salute fisica e mentale, ma anche un atteggiamento responsabile e sostenibile nei confronti delle condizioni naturali ecologiche dell’ambiente che ci circonda.
Essendo dipendenti per la maggior parte da appropriate tecnologie locali, la Comunità Valle della Vita (ossia la Comunitá Montana Feltrina) è riuscita a pianificare un luogo in cui le pratiche sostenibili sono radicate nella vita quotidiana dei suoi abitanti.

… di fronte a questo brulichio di artisti e di bambini, di gente in vario modo allegra, chiedo che festa si stia celebrando: “Nessuna qui da noi ogni giorno si festeggia la vita.”
(Lettere dalla Kirghisia di Silvano Agosti)

Luca De Gol autore del post

Luca De Gol | architetto, è nato in Italia nel 1978 e si è trasferito a Helsinki nel 2003. Ha ricevuto la “Bachelor Degree” in Architettura presso l’Università di Architettura di Venezia nel 2003 e la “Master Degree” in Architettura presso la “Aalto Univerity” di Helsinki nel 2007. Lavora da 5 anni presso uno studio di architettura e pianificazione urbanistica a Helsinki, si occupa in particolare di progetti di pianificazione urbana e regionale. Luca è interessato a libri, fotografia, musica, arte, architettura e giardinaggio. Attualmente sta dedicando la maggior parte del suo tempo libero ai suoi quattro figli, giocando e imparando di nuovo la bellezza e il significato della vita. Samir Bhowmik | AIA, SAFA è nato in India nel 1975 e ha vissuto a Washington DC e New York prima di trasferirsi a Helsinki nel 2007. Ha ottenuto il “Master Degree” in Architettura presso l’Università del Maryland nel 2003 ed è attualmente un ricercatore presso l’“Aalto University”, Scuola di Arte, Design e Architettura. I suoi studi di ricerca si concentrano sui musei contemporanei, le installazioni e la loro evoluzione in un futuro mondiale post-petrolio, attraverso la partecipazione delle comunità e l’applicazione delle nuove tecnologie digitali. E’ interessato all’arte, alla scultura e alle installazioni relative ai conflitti inter-culturali, al patrimonio culturale immateriale e alla visione di un mondo senza confini politici.

22 commento/i dai lettori

Partecipa alla discussione
  1. ezio de cet il14 giugno 2013

    Il progetto “Comunità Valle della Vita non è un sogno”: e infatti, entro l’area della Comunità Montana Feltrina cui il progetto di Luca e Samir fa riferimento, si sta cercando di realizzare il sogno di far rivivere una Valle in cui il tessuto sociale in pochi decenni si è disintegrato; settant’anni fa oltre duemila abitanti, oggi una cinquantina: la Valle di Seren. E forse proprio l’aspetto demografico ha suscitato l’interesse di amministratori di regioni confinanti, che da sempre han cercato di mantenere la vita nei loro paesi e nelle vallate di montagna: comprendere le cause della rovina di un territorio può permettere di evitare quella di altri che presentano condizioni di partenza analoghe.
    Ri-Creare la vita là dove tutto sembra esser finito presenta problemi concreti notevoli, e tuttavia la situazione attuale può essere anche vista come un punto di forza: potrebbe essere più semplice accettare, qui, nuovi modelli di vita lontani da quelli ora dominanti. E per la Valle di Seren, da cui sono “scesi” gli antenati dei filosofi della “Teologia della Liberazione” che ha rivoluzionato e conquistato l’America Latina, si potrà aprire una fase di reale applicazione delle idee espresse nel lavoro di Luca e Samir e negli interventi a commento

  2. valter bonan il2 novembre 2012

    La visione olistica è condivisibile, le suggestioni delle dolomiti patrimonio dell’umanità ci sono tutte; il cammino e gli attrezzi andranno aggiustati facendo e condividendo, ( per esempio domani 3 novembre a Feltre ci confroteremo su un possibile bio/eco distretto per una conversione ecologica dell’economia locale).
    Per un nuovo progetto territoriale serve innanzitutto recuperare il ruolo dell’utopia, per tutelare i beni comuni è necessatio ritrovare la “coscienza” dei luoghi e ricostruire comunità attraverso la partecipazione e la democrazia deliberativa di cittadinanza; per l’autosostenibilità bisogna riunificare abitanti e produttori….
    proviamoci insieme

    • Diego Cason
      Diego Cason il2 novembre 2012

      Eccoci qui, non per dovere ma perché le comunità vivono se condividono. Non c’è alcuna possibilità di futuro senza la fatica (e il piacere) della condivisione. Serve un luogo nel quale lo spazio assume senso e il nostro vivere quotidiano abbia significato per noi e per coloro con i quali interagiamo. Gli “altri” non sono strumenti di cui ci si possa avvalere per risolvere un nostro problema. Il pensiero più diffuso sembra dirci questo ma non è vero. I luoghi, diventano tali quando delle persone trasformano lo spazio che hanno a disposizione e questa trasformazione è la cultura (materiale e spirituale) degli individui e delle comunità. Tutto intorno a noi ci parla e ci fa diventare quel che siamo. Le cose non sono merci, sono prima di tutto segni e simboli e vanno utilizzate e “consumate” con prudenza e con misura. Chi disprezza la realtà che lo ospita ha una pessima opinione di sé e distrugge il proprio valore. Per questo siamo qui a accettiamo l’invito. Il valore delle virtù sta nel praticarle.

    • Luca De Gol
      Luca De Gol il2 novembre 2012

      Grazie Valter e Diego (nuovamente) del vostro contributo nell’approfondire le tematiche del progetto Valle della Vita. Mi fa piacere riscontrare che le riflessioni fatte da me e Samir siano in qualche modo condivise e arricchite di significato. Personalmente, la possibilità di fare esperienza all’estero e di conoscere il Mondo , condividendo amicizie e storie differenti, non fa altro che rafforzare l’idea per cui la specificità di un posto e la scala locale siano decisamente importanti. Questo progetto nasce dalla necessità di tener conto delle caratteristiche geografiche, climatiche, architettoniche e culturali di uno specifico luogo, ma allo stesso tempo si propone di dimostrare che un fattore comune , dalla Finlandia all’ Italia passando attraverso l’ India , c’è , e risiede nell’essere umano. Un ripensamento dell’attuale modello di sviluppo e’ necessario e altresì d’obbligo se vogliamo farci carico del futuro del nostro Pianeta per il bene dell’essere umano che di esso fa parte. “If you tolerate this, than your children will be next” Manic Street Preachers

  3. Daniel il1 novembre 2012

    Finalmente un progetto che pensa all’essere umano come tale, una visione di vivere nuova che ancora pochissimi hanno, un progetto notevole, spero fate qualche conferenza in zona per approfondire meglio il tutto.

    • Luca De Gol
      Luca De Gol il1 novembre 2012

      Grazie Daniel, stiamo valutando la possibilità di una conferenza in territorio Dolomitico. Questo significherà un ulteriore impegno nostro nell’ approfondire l’argomento per preparare un’ eventuale presentazione. Sto aspettando ancora segnali positivi da questo blog e da altre associazioni, gruppi e cittadini interessati al tema.

  4. Diego Cason
    Diego Cason il26 ottobre 2012

    Finalmente una visione che “respira”! Le Dolomiti sono luogo adatto per un ripensamento autentico dei modelli che organizzano relazioni sociali, attività produttive, ambienti trasformati e naturali ricercando un equilibrio del possibile mettendo in gioco tutte le variabili senza pregiudizi ma considerando il valore vero (non solo economico) dei beni che ci circondano e solo in minima parte ci appartengono. Dobbiamo ritrovare l’armonia con il “creato”, coltivarla e proteggerla poiché, da essa dipende non solo la nostra sopravvivenza ma la nostra felicità futura.

    • Luca De Gol
      Luca De Gol il27 ottobre 2012

      Grazie Diego !
      A proposito vorrei solo aggiungere un’ affermazione di Carlo Petrini, uno degli ispiratori del nostro progetto : ” La scala locale e’ una via virtuosa per contrastare l’ impoverimento e la crisi del modo attuale di abitare la Terra ” .

  5. Luigi Bertuzzi il26 ottobre 2012

    Questa risposta a Luca De Gol è commentabile anche via post Google Plus: https://plus.google.com/u/0/101438010163979157405/posts/7ZB1UFotBZz

    Non è un dibattito che vorrei aprire Luca; vorrei avviare la creazione e la gestione di un ambiente idoneo al tipo di dialogo richiesto da obiettivi “relazionali”, come quelli ben rappresentati dal Modello Dolomiti.

    Negli anni scorsi ho cercato d’introdurre l’idea di un prototipo di gestore di relazioni, usando un blog http://trovamiunnome.blogspot.it/ ora abbandonato.

    Le tue osservazioni mi stimolano a chiarire meglio il motivo per cui ora cerco di dar forma a un invito a un incontro immaginario https://plus.google.com/u/0/events/c8mepej8a5trht5khocvef24f5g

    La mia vita lavorativa ebbe inizio aiutando i fisici a usare un sistema operativo chiamato *SCOPE* = Supervisory Control of Program Execution

    Ho concluso le mie esperienze di lavoro cercando inutilmente di non far naufragare un ambizioso programma intergovernativo chiamato *OSE* = Open System Environment

    Quel programma non si poteva realizzare perché era impossibile concepire un ambiente di gestione di un dialogo, che oggi chiamerei *SCARPA* = Supervisory Control & Acquisition of Relational Program Actions

    Credo che oggi quell’ambiente lo si possa creare, partendo da qualcosa come un immaginario invito, basato sulla metafora di un rifugio dolomitico, nato 100 anni fa dalla collaborazione tra un pittore e un architetto

    Durante il weekend cercherò di modificare l’invito per connotarne la natura/dimensione *virtuale* e … cercherò di farlo bene :-) … dopotutto … *mi sono esercitato molto da solo* [Woody Allen]

    • Luigi Bertuzzi il1 novembre 2012

      Rettifica:…
      il Rifugio Scarpa è nato dalla collaborazione tra un pittore e un ingeniere

      Aggiornamento: ….
      ho modificato l’invito per sperimentare, con una prima occasione d’incontro [una castagnata], se sia possibile dare un significato pratico all’idea di Rifugio Virtuale,
      parlandone

  6. Cesare Lasen
    Cesare Lasen il25 ottobre 2012

    Mi congratulo per l’idea e le finalità, apparentemente utopiche, ma che dovrebbero divetnare una necessità. Farò leggere e diffonderò l’articolo raccogliendo altri commenti, in quanto sono responsabile dell’Ufficio Diocesano che si chiama “Cultura e Stili di Vita in Montagna”. Oltre che ai componenti della nostra commissione, che certamente condivideranno lo spirito di fondo (sono temi che si trattano regolarmente nei nostri incontri) provvederò a interessare anche i responsabili di area, esistendo un coordinamento, la Rete Interdiocesana in continua espansione. Il prossimo mese ci sarà un seminario-workshop nazionale e il tema è molto simile, trattando di una diversa visione dell’economia, fondata, appunto, sul benessere sociale, di relazioni, di felicità, non sui consumi e sulle statistiche legate al PIL.
    Cesare Lasen

    • Luca De Gol
      Luca De Gol il27 ottobre 2012

      Grazie Cesare delle congratulazioni. L’importanza di diffondere questo articolo, e le tematiche legate ad esso, e’ grande. Come ho già commentato sotto, io è Samir stiamo già lavorando ad un approfondimento del progetto “Comunità Valle della Vita” , di modo da poter rendere la discussione ancora più interessante e ricca di contenuti. Avremmo bisogno di statistiche riguardanti la popolazione, l’ occupazione e le risorse del territorio in modo da poter stilare un vero e propri piano, creare un metodo ed individuarne gli obiettivi. Penso che gli argomenti principali siano comunque già ben focalizzati nel “Modello Dolomiti” da noi creato. Se il prossimo mese tu potrai accennare a tale progetto nel seminario-workshop nazionale, sarebbe bellissimo e noi te ne saremo grati. A proposito di PIL: “Nicolas Sarkozy ha incaricato alcuni dei più autorevoli esperti mondiali di elaborare un misuratore di benessere “alternativo” rispetto al PIL. Ma molto prima di lui ci aveva pensato il Bhutan, piccolo Paese appollaiato sulle cime dell’Himalaya che da anni usa il FIL: Felicità interna lorda. Un’altra utile provocazione che ci viene dal’ Oriente. ” (Federico Rampini, Slow Economy).
      Spero che questo progetto possa arrivare lontano anche grazie al vostro aiuto.

  7. Luigi Casanova
    Luigi Casanova il25 ottobre 2012

    Si aprono finestre di vita reale fino ad ieri impensabili nelle nostre dolomiti. Questo avviene grazie a chi, come gli ideatori del porgetto, hanno coraggio, e grazie ai tanti che nel cosro di anni di aspri conflitti hanno permesso il maturare di altra coscienza e di ricercare altro modo di vivere. Dolomiti come laboratorio, di relazioni in modo particolare, e relazioni da diffondere fra chi il territorio lo vive, anche sommerso da contraddizioni. Nulla è più produtrtivo della contraddizione. Si può partire, non tanto dalla istituzione Uomo monumento del mondo, ma dalla pratica, di ognuno di noi, e poi portare il porgetto dnetro l’istitzione Fondazione Dolomitoi UNESCO. Simili realizzazioni oggi non sono possibili solo in Finlandia, ma anche fra le nostre genti, grazie all’apporto di tanti giovani e di chi nel tempo ha maturato esperienze. Andiamo avanti,
    Luigi Casanova di Mountain Wilderness.

    • Luca De Gol
      Luca De Gol il27 ottobre 2012

      Grazie Luigi del commento e della proposta. Proverò a contattare l’istituzione Fondazione Dolomiti UNESCO per vedere se sono interessati al progetto. Ho già iniziato a discutere con il mio college Samir per capire come approfondire il progetto e preparare un primo piano di sviluppo. Il tutto dovrà poi essere messo alla portata dei cittadini per creare una discussione più ampia e articolata.

      • Diego Cason
        Diego Cason il28 ottobre 2012

        Cari Luca e Samir, nel mio precedente commento ho dimenticato di sottolineare il valore delle procedure e delle pratiche per definire gli insediamenti umani e, quindi, del progettare il benessere (benabitare) che ne deriva. In effetti progetti di questo tipo hanno bisogno di un ingrediente assai scarso nel nostro paese, ovvero una pratica “corrente” della democrazia, che, alla fin fine, consiste nel prendere decisioni nell’interesse generale dei contemporanei e dei futuri abitanti dei luoghi progettati. Lo sviluppo urbano, ma anche i modelli d’uso dei territori rurali e montani, risponde invece di più alle esigenze di accumulare profitti piuttosto che a quelle di garantire equilibrio tra gli interessi di tutti. Buon lavoro!

  8. alessandro moretto il22 ottobre 2012

    Ciao a tutt@ e a Luca detto il Finniko in particolare,
    credo che il progetto sia interessante proprio perchè si propone che il materiale con il quale l’architetto/pianificatore lavori non sia il quartiere, l’ abitazione, legno o cemento, bensì un lo stile di vita. E questo è coerente con il tentativo di messa in discussione dell’attuale modello di sviluppo che bisogna perseguire, proponendo alternative e diffondendo coscienza critica. Certo il progetto è pensato per una città finlandese quindi non può essere esportato in toto nella nostra valle, secondo me ottimo il principio delle comunità e dell’auto-sostentamento breve, calandolo in valbelluna trovo che non servirebbe costruire dei nuovi insediamenti ma recuperare e attualizzare con interventi puntuali quelli esistenti, che sorgono nei luoghi già sapientemente scelti da nonni e bisnonni.

    • Luca De Gol
      Luca De Gol il25 ottobre 2012

      Grazie Alessandro,
      ho risposto al commento di Luigi, e in quella risposta puoi trovare alcuni punti che fanno riferimento alche al tuo commento.
      Se anche tu vuoi aprire un dibattito su questo progetto, o su questi temi sei libero di farlo, anzi ne saró contento.
      Un saluto e te e ad Alessandra.

  9. sara foresi il21 ottobre 2012

    Sono un architetto, vivo da 7 anni sulle dolomiti e so, per esperienza, che questi luoghi magici possono avere l’energia giusta per sostenere l’innovazione come resistergli, ove i meccanismi di trasformazione del territorio siano troppo ambiziosi. La coesione sociale in montagna è diversa da altrove, le relazioni più misurate, preziose e a volte strette, crudeli. Anche questo andrebbe valutato per definire la dimensione iniziale del progetto. Credo in ogni caso nell’urgenza di proporre alternative al modo di vivere odierno e, come tutti gli architetti sanno, ciò che oggi è un sogno domani diventa realtà.

  10. Andrea Trincardi il20 ottobre 2012

    Il tema delle comunità locali sostenibili è di grande attualità e il progetto Valle della Vita è interessante perché inizia a rileggere i territori montani dal punto di vista delle potenzialità insediative. Vorrei però mettere in luce il rischio, sempre presente nello sviluppo di un progetto, di pensare a modelli perfetti. J. W. Forrester nell’elaborare i concetti di “Urban Dynamics” mette in luce come la città perfetta sviluppi un potere di attrazione verso nuovi residenti, tanto che ben presto si innescano processi di destabilizzazione, si mangia più di quanto si produca, si producono più rifiuti di quanto si riesca a riciclare, si affollano i mezzi pubblici, arrivano le agenzie turistiche con il loro potere di corruzione. (È mia convinzione che una comunità che vive di turismo è una comunità morta – vedi Venezia o Cortina). Per contenere questi aspetti si sviluppano regole sempre più complesse, di accesso, di convivenze, di servizio, ma i regolamenti hanno poco a che fare con i valori di sostenibilità e convivialità che appartengono alle comunità autoregolanti.
    La formazione dell’architetto ha ancora una matrice positivista rafforzata dall’industrialismo modernista, è quella, in soldoni, di creare prodotti che risolvano problemi; i vecchi quartieri di edilizia economica e popolare, come il Corviale a Roma, erano nati con le migliori intenzioni, pensando di costruire una nuova società attraverso un prodotto completamente pianificato. In altre parole erano progetti minati dal finalismo, cioè dalla credenza che fosse possibile il raggiungimento di una condizione finale stabile e felice. Ma una lettura dinamica della società, ecologica, evolutiva, non ammette punti di arrivo, ci sono solo relazioni. Persone, animali, ambienti, risorse, energie sono elementi in continua ricombinazione.
    Un progetto come Valle della Vita deve, secondo me, partire da ciò che c’è, ed è molto. Ad esempio a Pedavena si è sviluppata una forma di resistenza alla globalizzazione che ha avuto successo, costruendo attorno alla birreria una rete di sostegno. Occorre ragionare in forma rizomatica invece che per cerchi chiusi, occorre individuare degli elementi intorno a cui si possano innescare reti locali di condivisione della conoscenza. Ottima l’idea, dunque, di Valle della Vita, ma prima di formalizzare un modello è necessario costruire una relazione con le comunità che già abitano le vallate e da questi elementi innescare i processi di consapevolezza sociale e ambientale necessari a far sì che una vallata diventi una Valle della Vita.

    • Luca De Gol
      Luca De Gol il22 ottobre 2012

      Grazie Andrea del contributo.

      L´idea che ha portato me e Samir a pensare al progetto “Letters from Sibbesborg” é stata quella di cercare un´alternativa all´attuale modello di sviluppo urbano.
      La possibilità di applicare questo modello alternativo anche al territorio Dolomitico ci é sembrata quantomeno possibile, data la flessibilitá di tale modello.
      All´interno del nostro modello, che in questo caso diventa “Modello Dolomiti”, c´é come uno dei punti principali, l´attenzione al territorio, inteso anche come attenzione alle comunitá che giá risiedono in quel territorio.
      Ció premesso non é pensabile attuare un cambiamento appoggiandosi solamente a figure di carattere tecnico, quali architetti e urbanisti in questo caso, che propongono un modello dal di fuori, ma é necessario coinvolgere anche e soprattutto coloro i quali andranno a vivere il territorio interessato.
      Non voglio mettere a confronto il nostro piano, ben piú complesso e piú ampio, con il quartiere di edilizia economica e popolare il Corviale di Roma, in quanto in quel tipo di progetto esistono problemi di carattere edilizio/costruttivo, di scelta dei materiali, nonché di scala, e ha poco da che spartire con il progetto Valle della Vita.
      Non ho mai pensato che il progetto Valle della Vita potesse aspirare a un carattere di finalismo, anzi l´idea nostra é stata, all´opposto, proprio quella di aspirare a un carattere di rinascita, e quindi concordo con te nel ricercare una lettura dinamica della societá, non ammettendo punti di arrivo, bensí relazioni.

      • Luigi Bertuzzi il24 ottobre 2012

        A propossito di ..
        ” é necessario coinvolgere anche e soprattutto coloro i quali andranno a vivere il territorio interessato.”
        e di ..
        “ricercare una lettura dinamica della societá, non ammettendo punti di arrivo, bensí relazioni”

        vorrei che si valutasse anche il coivolgimento di chi avesse già scelto di andare a vivere in un territorio interessato, con aspettative più sociali che turistiche

        il problema della gestione delle relazioni potrebbe richiedere un approccio basato su un uso adeguato di strumenti, potenzialmente idonei a facilitare il raggiungimento di obiettivi
        relazionali, piuttosto che su modelli

        un timido e ancora maldestro esempio:
        https://plus.google.com/u/0/events/c8mepej8a5trht5khocvef24f5g

      • Luca De Gol
        Luca De Gol il25 ottobre 2012

        Grazie Luigi della proposta.
        Questo progetto, come già affermato sopra, funge da prototipo, e come tutti i prototipi va poi perfezionato.
        “Comunità Valle della Vita” vuole essere un primo piccolo passo per Luca e Samir che può diventare poi un grande passo per la Comunità Montana Feltrina.
        Sono temi che già vengono trattati e discussi nel campo dell´architettura e dell´urbanistica, anche se ancora in maniera insoddisfacente, e stanno emergendo con forza anche in politica.
        Ancora non si vede qualcuno in grado di attuare questo cambiamento.
        Non aspettiamoci che il cambiamento venga fatto solo dalla tecnologia, perché ” finché il problema della ricostruzione sociale non prenderà, almeno in parte, il posto dell´interesse nella scienza e nella tecnologia, che attualmente occupano le migliori menti,
        l´immaginazione umana non sarà in grado di incarnare una nuova e realistica alternativa ” (E.Fromm).
        Chiunque volesse aprire un dibattito su questi temi, o in particolare su questo progetto, é libero di farlo, creando anche una piattaforma di discussione.
        A differenza di molti, Samir e io non cerchiamo di vendere un prodotto, ma di condividere un´idea di Mondo, cercando di modellare concretamente piccoli cambiamenti nella vita di ogni giorno, per poi, nel tempo, raggiungere un equilibrio con noi stessi e con ció che ci sta attorno.
        Se tu, Luigi, vuoi aprire un dibattito, ben venga.
        Questo progetto deve espandersi a macchia d´olio per il bene della Comunità Feltrina e come esempio per altre Comunità.
        Seppur lontano fisicamente, mi sento sempre legato alla mia terra e al mio territorio di origine, ed é anche per questo che ho cercato di occuparmene.
        Progettare e pianificare un piano regolatore non significa solo costruire del nuovo, ma rivalutare anche l´esistente, soprattutto in un Paese come l´Italia.
        E se del nuovo deve essere costruito , per piacere facciamolo bene !

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