In basso a sinistra, sulla parete S della Punta Fiames, si intravvede la chiazza ghiaiosa (ph Ernesto Majoni)

In basso a sinistra, sulla parete S della Fiames, si intravvede la chiazza ghiaiosa del Calvario (ph Ernesto Majoni)

Lo scalatore che conosce la Punta Fiames, celebre montagna che fa da sfondo a Cortina verso nord, quasi certamente conoscerà anche il misterioso “Calvario”.

Nota a chi arrampica perché è utile soltanto a loro, è la traccia che unisce l’ampia pendice ai piedi del Pomagagnon, in parte cosparsa di mughi e detta Cujinàtes, con l’attacco delle vie sulla parete sud della Fiames: le classiche, sempre in voga Dimai-Verzi e Spigolo Jori-Bröske, la disertata Centrale, la moderna Paolo Rodèla.

Per capire il motivo del soprannome di Calvario, che la traccia ha ricevuto in epoca e da persone ignote, basta percorrerla in una giornata particolarmente assolata; data l’implacabile esposizione a sud, essa risulterà torrida e piuttosto faticosa. Si aggiunga poi la mancanza d’acqua sull’avvicinamento, che dall’Istituto Elioterapico Putti, abituale punto di partenza per molti, richiede più di un’ora (se non si sbaglia sentiero), e il quadro è completo.
Il Calvario, non facile – e comunque privo di senso – per i semplici escursionisti, poiché lungo il percorso oppone un camino, solido ma verticale e non attrezzato (20 metri di terzo grado inferiore, secondo una recente guida), fu scoperto da Antonio Dimai e Agostino Verzi all’inizio del Novecento, quando ispezionavano la parete in vista dell’apertura della prima via, sulla quale poi il 7 luglio 1901 guidarono il britannico J.L. Heath.
Non può non destare ammirazione l’acume dimostrato dalle due guide, che per molti anni formarono una forte e celebre coppia, nel destreggiarsi fra i mughi e le rocce mirando alla macchia ghiaiosa che risalta in alto sullo zoccolo, dalla quale iniziano le citate vie.
Il Calvario prende avvio ai piedi della Punta della Croce, a destra rispetto alla verticale della Fiames; sale insinuandosi tra vegetazione, ghiaia e rocce terrose, obliqua sotto la Punta della Croce, quindi valica il canale che la separa dalla Fiames e continua sullo zoccolo di quest’ultima per rocce e detriti fino alla bianca macchia ghiaiosa, che spicca già da Cortina.
Oggi il primo tratto del percorso, che si stacca dal sentiero Cai 202 ai piedi del ghiaione di Forcella Pomagagnon e dapprima traversa quasi in piano, superando alcuni impluvi detritici, è semplificato da bolli rossi che tranquillizzano chi non conosce la zona.

Punta Fiammes, 1981 (ph Federico Majoni)

Punta Fiammes, 1981 (ph Federico Majoni)

Il 16 dicembre di trentuno anni fa, in una mattina tiepida e quasi autunnale, accompagnai l’amico Roberto, che voleva conoscerlo, sul Calvario. Giunti alla macchia ghiaiosa, mentre facevamo merenda gli indicai il percorso della Dimai, sulla quale all’epoca ero già stato più volte; scendemmo quindi velocemente e per ora di pranzo eravamo di nuovo a casa.
Entrambi gustammo molto la piacevole divagazione; oggi penso che probabilmente, se fossimo stati attrezzati, avremmo proseguito volentieri per la via, un itinerario dolomitico d’interesse storico, alpinistico e panoramico che – dopo diversi anni e altre salite – ricordo con un po’ di nostalgia.

Ernesto Majoni autore del post

Ernesto Majoni | Direttore editoriale de Le Dolomiti Bellunesi, pubblicista, accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna. Si diletta di cultura ladina, storia e alpinismo, collabora con diverse testate, vive a Cortina d’Ampezzo (Belluno).

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