Lentamente sui chiodi a pressione della Cismon ’85 alla Cima Campiglio.

Frecciarossa 9610. Ore 6.50. Bang on time direbbero gli inglesi.
Il treno viaggia con una precisione assoluta. Il mio occhio cade sul monitor del corridoio dove Trenitalia, con un po’ d’orgoglio, informa silenziosamente i viaggiatori che il convoglio sta viaggiando a 300 Km orari. Stratosferico penso tra me e me. Velocità mai raggiunta prima. Milano-Roma in poche ore; meno di quelle che richiederebbe un viaggio in aereo.
E’ mattina presto e le poche ore di sonno della scorsa notte s’impadroniscono di me con molta facilità. Mentre sto per chiudere anche la seconda palpebra, un sorriso mi si stampa sulle labbra e la mente mi riporta alla domenica precedente e alle ore che ho trascorso immobile attaccato alla parete.
Lo spazio dell’arrampicata: un posto dove l’unica velocità costante è quella della lancetta dell’orologio che segna i secondi. Secondi che diventano minuti. Minuti che diventano ore.
Non so che ora sia e non ho voglia di scoprirlo. So solo che sta piovendo a dirotto da diverso tempo e che Paolo è intento a giocare con la telecamera cercando di registrare emozioni. Io sento freddo alle mani e con forza sempre maggiore… quasi a sperare di aumentare la circolazione del sangue… tengo strette le mezze corde che mi legano ad Ermanno.

Ermanno è un tipo forte.

Uno che non ha paura del meteo. Uno che non ha paura delle lancette. Una volta ha passato 72 ore immobile attaccato ad una parete che la mia mente ha spesso sognato.
La sveglia è suonata alle 4 e tutta la notte ha piovuto a dirotto. Dopo aver indossato i calzini, sono quasi sicuro che ben presto ritornerò sotto le coperte perché sono certo che né Ermanno né Paolo vorranno salire al Rifugio Brentei con questo meteo.
Mi sbaglio di grosso e ben presto inizia il breve viaggio verso Vallesinella.
Ultimamente gioco con le staffe. Il mondo capovolto mi piace e non so dire il perché. Qui tutto funziona in maniera strana. Non so che cosa effettivamente mi piaccia di questo lavoro di carpenteria. So che ogni salita è una festa. So che ogni volta che infilo il piede nella staffa sono felice. Condividere la felicità di una salita con i miei compagni di cordata è tutto quello che chiedo alla montagna. Con Paolo e Luca abbiamo recentemente ripetuto la via Istantes al Monte Cimo. Le protezioni sono buone ma nonostante tutto il libro di via vanta poche firme quasi a testimoniare l’assoluto disinteresse verso questa disciplina. Il giorno dopo la ripetizione Ermanno al telefono mi rimprovera di non averlo invitato e così è lui a lanciare il dado per il weekend successivo.

La via che stiamo salendo è impegnativa.

I chiodi a pressione sono artigianali e costruiti dall’apritore durante gli anni di servizio nell’aereonautica. Umberto Marampon impiegò ben 4 giorni per salire e chiodare, rigorosamente a mano, queste cinque lunghezze di corda. Cinque lunghezze che fanno passare la voglia di ripetere Vertigine al Monte Brento. Cinque lunghezze per ricordarci che il tempo scorre sempre uguale e che l’uomo deve viverlo al meglio. Cinque lunghezze che sfidano il vuoto per ricordarci che l’alpinismo ha diverse facce e che ognuno di noi sceglie quella che preferisce. Cinque lunghezze impegnative che ci insegnano che in montagna, come nella vita, tutte le difficoltà vanno affrontate con decisione.
Il silenzio che circonda la valle viene rotto dall’urlo gioioso del mio compagno che finalmente ha raggiunto la sosta. Mollo le corde e con velocità ne facilito il recupero ad Ermanno. Paolo sale davanti a me e in breve siamo sotto il grande tetto di nove metri. I chiodi sono distanti e qui inizia la nostra acrobazia. Lentamente, a volte dondolando, a volte mettendoci orizzontali e paralleli alla parete progrediamo. Nella mia mente non c’è nulla. Non un pensiero, non una preoccupazione. C’è solo il mio animo felice.

Raggiungo la fine del tetto e un sospiro esce dalla mia bocca.

Sotto di me non c’è nulla. Il vuoto totale. Le nebbie che per ore ci hanno protetto lentamente si alzano. La pioggia smette di cadere e il rifugio Brentei che ancora custodisce l’anima del grande Bruno Detassis ci saluta. La valle è completamente deserta e solo un paio di escursionisti armati di mantella rossa ci notano e ci guardano incuriositi. Ora la parete strapiomba ancora ma il tratto più impegnativo è superato. Le due lunghezze che ci separano dal sentiero delle bocchette ci richiedono ancora parecchio tempo, ma non ha importanza. Il Crozzon di Brenta fa il suo ingresso e sorride al pensiero che esista ancora qualche pazzo interessato a correr dietro ad una fila di chiodi. Noi lo salutiamo con un inchino.
Scendiamo a Vallesinella abbastanza in fretta. Una tappa al Rifugio Casinei per porre fine a una sete tremenda.
Lasciamo Ermanno alla sua piccola casa sperduta nel bosco di Massimeno e salutiamo i caprioli e le caprette che quotidianamente si prendono cura di lui. Il viaggio verso Bergamo prosegue lentamente e senza intoppi.
Domani sarà un altro giorno. Domani sarà un’altra avventura.

La via Cismon ’85 alla Cima Campiglio

La via Cismon ’85 alla Cima Campiglio

Paolo e le acrobazie per superare il tetto

Paolo e le acrobazie per superare il tetto

Ermanno alle prese con lo strapiombo del secondo tiro

Ermanno alle prese con lo strapiombo del secondo tiro

Matteo Bertolotti autore del post

Matteo Bertolotti | Classe 1980. Frequento la montagna nei weekend prediligendo l’arrampicata. Amo ripetere vie di cui conosco la storia cercando di combattere l’alpinismo usa e getta che è sempre più diffuso. Metro dopo metro ripercorrendo le tracce degli apritori e non una ripetizione per aggiungere una stelletta al curriculum. Da anni relaziono i miei passi in montagna sul sito www.sassbaloss.com. Abito a Osio Sotto (BG).

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