Tone Belòbelo_01
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Per questa rubrica “foto-storica”, ho recuperato l’immagine scattata nel 1893 da un fotografo ignoto, in uno studio apparentemente improvvisato, visto il telone sullo sfondo.

L’immagine ritrae le “Guide autorizzate in servizio attivo” in quell’anno, ancora piuttosto pionieristico per l’alpinismo, che a Cortina aveva preso piede da un trentennio, ma dove il primo gruppo di guide era stato fondato soltanto 17 anni prima.
Gli uomini effigiati, ciascuno dotato di una placchetta con un numero non sempre leggibile, sono quindici. Hanno quindi tutti un nome e un numero, e se ne trovano di tre categorie: “portatori e guide per montagne basse”, “aspiranti” e guide autorizzate”. Alcuni, come Antonio Dimai (IV da sinistra in seconda fila), faranno una lunga strada; altri, come Giuseppe Rimoldi (numero 12, primo in alto a sinistra) si ritireranno prima di fine secolo; altri ancora, come Giovanni Barbaria (primo da destra davanti) saranno veri e propri pionieri, imbarcandosi nella costruzione di uno dei più antichi rifugi alpini di Cortina, il Barbaria ai piedi della Croda da Lago.
Uno di loro, incontrato durante le mie ricerche, mi ha particolarmente incuriosito, soprattutto perché nell’unica immagine ritrovata aveva già oltre settant’anni. È Antonio Soravia, primo da destra in piedi e numero 13, il cui sguardo corre lontano, inseguendo chissà quali pensieri.
Soravia, per i paesani “Tone Belòbelo” (1821-1903), fu un portatore. Non si sa quando avesse iniziato l’attività, poiché la sua carriera alpinistica non ha conferme documentali; nell’elenco delle guide del 1° marzo 1876, il suo nome non c’è; nel 1893 è presente; nel 1897, infine, data l’età, è sparito. Si dice comunque che Soravia campasse con le attività e con i servizi più disparati, fra i quali c’era “anche” quella di portatore alpino, e fosse noto per un certo stile di vita, che lo collocò fra i personaggi della bella vita locale.
Lo storico è un po’ imbarazzato nell’esplorare la vita di questa come di altre guide: il ceppo familiare è estinto da tempo, non si sa di eventuali libretti di guida e sulla base delle scarse notizie rinvenute, non è facile contestualizzare la figura di quest’uomo come attore o comparsa dell’alpinismo ampezzano.
Si può supporre sia stato un buon gregario, ma soprattutto un “gagà”, famoso per umorismo e apprezzamenti anche salaci, disposto a guidare fino a settant’anni e passa i signori – o meglio, le signore… – in qualche facile escursione, o più arditamente, su alcune cime allora in voga fra tedeschi, inglesi o francesi.
Pare di scorgerlo su qualche vetta, che discute coi “touristi” di strambe avventure alpestri, dando magari di bocca alla fiaschetta estratta dal fono della giubba, o assaporando beato la pipa sotto le nuvole. I clienti si affannano, orgogliosi, a porre i biglietti da visita nelle bottiglie o sotto le pietre dell’ometto, fotografano, misurano le temperature, le rocce, le piante.
Tone, portatore alpino classe 1821, li osserva e sorride compiaciuto.

Ernesto Majoni autore del post

Ernesto Majoni | Direttore editoriale de Le Dolomiti Bellunesi, pubblicista, accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna. Si diletta di cultura ladina, storia e alpinismo, collabora con diverse testate, vive a Cortina d’Ampezzo (Belluno).

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