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Una piccola storia ai margini di una grande impresa.
(…) ecco all’improvviso, nell’angolo di una foto in bianco e nero, apparire il filo di Arianna che lo porta fuori dal labirinto di quei suoi pensieri.

1a parte
Inverno 1963: la grande impresa invernale sulla Solleder

Se si contestualizza l’evento si può affermare in tutta tranquillità che non appaiono affatto esagerate le parole con le quali il Gazzettino aprì la cronaca della prima ripetizione invernale della Solleder-Lettembauer alla parete Nord Ovest del Civetta.
“Una delle più belle giornate dell’alpinismo si è oggi conclusa nel modo più entusiasmante sulla Civetta. La muraglia di 1200 metri, che nessuno aveva mai osato affrontare in inverno, è stata vinta, a poche ore di distanza, da due cordate di giovani dal cuore intrepido…”.
Era giustificata l’enfasi sull’impresa che “nessuno aveva mai osato affrontare in inverno”, frutto del fortunato incontro tra alcuni grandi “talenti” dell’alpinismo dolomitico di quegli anni, di certo Ignazio Piussi che condusse la prima cordata con Giorgio Redaelli e Toni Hiebeler, senza dimenticare Roberto Sorgato, forse quello che più di tutti aveva “voluto” quell’impresa e che una febbre proditoria aveva escluso all’ultimo momento, salvo poi concedergli, quattro giorni dopo, la possibilità di tallonare (se così si può dire di una scalata invernale), la cordata di apertura assieme a Natalino Menegus e Marcello Bonafede.
Oltre ai meriti alpinistici dei protagonisti, credo si debba ricordare il ruolo fondamentale svolto da Toni Hiebeler che due anni prima aveva realizzato la prima salita invernale della parete nord dell’Eiger con Toni Kinshofer, Anderl Mannhardt, Walter Almberger, dal 6 al 12 marzo 1961.
VLUU L200 / Samsung L200Un’impresa che fece epoca e che aprì le porte alla possibilità di cimentarsi su pareti analoghe per lunghezza e difficoltà che ancora non si aveva il coraggio di affrontare e a Hiebeler viene unanimemente riconosciuto il merito di avere affrontato il problema dei viveri e dell’attrezzatura che venne risolto con rigore quasi scientifico e un’organizzazione curata in ogni dettaglio sia tecnico che logistico.
Hiebeler dedicò un libro a quell’impresa (se ne trova significativa traccia anche su Eiger, collana Exploits della Dall’Oglio editore) e la grande esperienza maturata ebbe di certo un ruolo importante per creare i presupposti per la riuscita della invernale alla Solleder-Lettembauer.
Varrebbe la pena rileggere quelle pagine proprio per riuscire a contestualizzare le due imprese e valutarle in tutta la loro importanza, anche innovativa, per quei tempi in cui si svolsero.

2° parte
Inverno 1963: una piccola storia ai margini di quella grande impresa

In quello stesso periodo, tra la fine di febbraio e i primi di marzo 1963, in un paesino posto sulle pendici di una montagna dirimpettaia alla grande Civetta si svolgeva una piccola storia di persone che di quella “impresa” invernale furono spettatrici attente e partecipi e quello fu per altri un esempio di passione per l’alpinismo, vissuto attraverso la semplice condivisione di ciò che stava succedendo sulla Nord Ovest.
Potrebbe cominciare con le parole di una famosa canzone di Gianni Morandi del 1966:

C”era un ragazzo
che come me amava i Beatles
e i Rolling Stones …

Però il ragazzo di cui racconto non poteva amare i Beatles per il semplice motivo che ancora non esistevano o, per essere più precisi, ancora non avevano raggiunto il successo; quello sarebbe arrivato nel corso di quello stesso anno 1963, dopo l’incisione del primo disco 45 giri Love Me Do nell’ottobre del 1962 e soprattutto con Please Please Me il loro secondo 45 giri che raggiunse il primo posto nella Hit parade inglese e li portò in breve al successo internazionale con il primo LP dallo stesso titolo della canzone.
Il ragazzo aveva sedici anni e amava la montagna, a modo suo però, più che altro perché, per lui che viveva abitualmente in città, i monti volevano dire la vacanza nel paesino a casa dagli zii materni, niente studi e vita all’aperto, per godere di una libertà che in città non era possibile in quei termini e nei modi che lui preferiva.

Lo zio Mario

Lo zio Mario

Il caso aveva voluto che lui fosse proprio là in quei giorni tra fine febbraio e inizio marzo e non gli era sfuggito l’interesse che lo zio Mario manifestava nell’ascolto, ogni sera, del Giornale Radio del Veneto che raccontava di certi alpinisti impegnati in una scalata invernale alla parete Nord Ovest del Civetta, proprio quella che si vedeva, oltre il colle del paese di Piaia, dalla finestra della stua che si affacciava verso est.
Dopo l’ascolto raccontava i dettagli alla zia Marcella e alla zia Armida, rispettivamente sorella e moglie, le quali lo ascoltavano più che altro per cortesia, ma lui non mancava di sottolineare che, quando gli alpinisti si fossero alzati di quota sulla parete, sarebbero stati visibili anche da lì con il binocolo e ciò lo eccitava.
La mattina seguente, non appena i clienti del negozio di alimentari che gestiva, lì al piano terra della stessa casa, erano scemati un poco, si fece sostituire al banco dalla zia Marcella e andò di sopra a sedersi davanti alla finestra, cominciando a scrutare la Nord Ovest alla ricerca degli alpinisti.
Una mattina li vide, o gli parve di vederli?, fatto sta che il ragazzo lo vide inginocchiarsi sul pavimento in modo da stare più basso per poter appoggiare i gomiti al davanzale e far sì che, dopo un po’, non gli tremassero le braccia nel sostenere a lungo il peso del binocolo.
L’unica cosa che capì il ragazzo fu che quella Detach from these negative influences, and try to relax your mind as much as possible while you are on a saliva drug test program. dello zio Mario era qualcosa di più e di diverso di una semplice curiosità, ma cosa potesse essere non riuscì a spiegarselo fino in fondo.

La zia Veronica con il nipote Gabriele

La zia Veronica con il nipote Gabriele

C’era un’altra persona, in quel paese di poco più di quaranta anime che era Pecol di San Tomaso Agordino, la quale seguiva con altrettanta attenzione le cronache serali del Giornale Radio del Veneto e quella persona era la zia Veronica, unica in tutto il paese a possedere la tessera del Club Alpino Italiano.
Il ragazzo però non lo sapeva perché lui soggiornava nella casa dello zio Mario e fu proprio lui, lo zio Mario, a raccontare di quella mattina in cui, in piedi davanti alla bottega, aveva visto arrivare “la Veri”, ma non per fare spesa in bottega, bensì per proseguire con l’evidente intento di dirigersi in giù, forse per andare a prendere la corriera a San Tomaso.
«Onde vàsto, Veri? No l’è giornada de mercà ad Agordo, ‘nquoi» – gli venne spontaneo chiedere, perché lassù, a quei tempi in cui l’unica auto che girava era quella del servizio pubblico del Traina, il paese lo si lasciava solamente per fatti gravi o per sbrigare affari molto importanti.
Veronica, pronta, rispose alla sua domanda facendogliene una a sua volta. «No te ha scoltà el Giornale Radio, ieri sera?»
Poi, senza aspettare risposta, concluse: «I è arivai su la zìma ieri e inquoi i vèn in dù; alora mi vàde a Listolade perché vùi ghe dà la man a quei del Zuìta!»
Non c’era altro da aggiungere e la zia Veronica riprese il cammino fino alla fermata della corriera che l’avrebbe portata a Listolade dove sapeva che sarebbero arrivati gli alpinisti che avevano effettuato la prima scalata invernale della Solleder–Lettembauer alla parete Nord Ovest del Civetta.

3a parte
Inverno 2013: ricorrono i cinquant’anni della prima invernale alla Solleder

Cinquant’anni sono una ricorrenza importante e la redazione di altitudini.it ne ha tratto un bell’articolo commemorativo dell’evento alpinistico.
Anche l’ex ragazzo lo legge e lo apprezza alla luce della sua esperienza alpinistica, perché anche lui è diventato a sua volta alpinista; nulla a che fare con la levatura di quelli delle grandi imprese, intendiamoci, ma gli alpinisti mica sono soltanto quelli che fanno il “sesto grado”, lo sono anche quelli che vanno in cima alle montagne, magari per le vie più facili.
L’articolo gli è piaciuto e non ha potuto fare a meno andare con il ricordo allo zio Mario, inginocchiato davanti alla finestra con il binocolo in mano a guardare la parete, e nemmeno alla zia Veronica che quel giorno diede da mangiare presto alle galline per poter andare a prendere la corriera che la portava a Listolade “a ghe dà la man a quei del Zuìta”.
Quei comportamenti gli paiono l’altra faccia di una stessa medaglia, una passione per l’alpinismo vissuta anche con quella che non è solo e semplice curiosità ma partecipazione appassionata, anche da parte di chi l’alpinismo non lo pratica, né lo ha mai praticato, ma ne subisce le emozioni senza chiedersene il perché, ma come semplice dato di fatto.
gv_sorgato_piussi_Listolade_Solleder_1963Questo ha pensato l’ex ragazzo a distanza di cinquant’anni dall’inverno 1963 e rileggendo l’articolo e riguardando le foto che lo accompagnano, ecco all’improvviso, nell’angolo di una foto in bianco e nero, apparire il filo di Arianna che lo porta fuori dal labirinto di quei suoi pensieri.
Si vede Ignazio Piussi che abbraccia commosso Roberto Sorgato quando quest’ultimo arriva a Listolade dopo l’impresa e dietro a loro, un volto sorridente, neanche inquadrato in modo completo ma perfettamente riconoscibile; è la zia Veronica, con un sorriso smagliante mentre partecipa e condivide la gioia degli alpinisti.
In quella foto, almeno per lui, ci sono le due facce della stessa medaglia, gli alpinisti che hanno compiuto l’impresa e gli appassionati che hanno partecipato e trepidato da lontano, tra questi lo zio Mario e la zia Veronica, senza i quali per lui, ragazzotto di città in vacanza in montagna, forse la “grande impresa” della Solleder sarebbe passata inosservata.
Forse, in quei giorni di inizio 1963, l’alpinismo era entrato dalla finestra della stua della casa di Pecol e lui non se n’era nemmeno accorto, ma l’intensità dei ricordi di oggi sembra confermarlo senza ombra di dubbio e quel ricordo di cinquant’anni prima ancora lo emoziona.

Gabriele Villa autore del post

Gabriele Villa | Appassionato di montagna da sempre, è istruttore regionale di alpinismo (IA) dal 1984, ancora in attività, è stato per diciotto anni vicepresidente della sezione CAI di Ferrara e attualmente ne è il Segretario. Blogger del sito intraisass dal 2005, è redattore del sito intraigiarùn che cura assieme ad alcuni amici.

1 commento/i dai lettori

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  1. Massimo Bursi
    Massimo Bursi il22 novembre 2013

    Non si può certo dire che Gabriele sia uno dei massimi protagonisti dell’alpinismo dolomitico ma per certo si può affermare che quando è successo qualcosa in Dolomiti lui, o un suo familiare, c’era.
    Se “ciavano” la frontale a Massarotto…di sicuro c’è lo zampino di Gabriele, se con una foto si immortala l’abbraccio fra due protagonisti di un’invernale sul Civetta, la zia Veronica spunta fuori…
    Sono sicuro che se vado a cercare altri interessanti e sempre apprezzati interventi di Gabriele ritroviamo altri pezzi di storia con protagonista il mitico Villa.
    E’ il nostro Forrest Gump delle Dolomiti!

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