Cinque libri (di montagna) per l’estate /  1a parte


Silvio sta da quelle parti, suona la Semitoun, un organetto bitonale che arriva dalle tradizioni popolari, insegna ai piccoli quello che impara dai vecchi. Tempo fa mi fece avere una foto singolarissima. Scattata in una giornata limpida come solo l’inverno sa regalare. In primo piano ci sono tre ragazzi e una ragazza vestiti come montanari degli anni sessanta, scarpe da ginnastica affamate, pantaloni in fustagno, il cappuccio di una felpa scura copre visi coraggiosamente sereni, nessun colore allegro, nessun logo. Suonano. Seduti per terra accanto ai loro tascapane. Violino, chitarra, violino e semitoum fronteggiano uno tzunami di poliziotti antisommossa, sembrano un sacco più alti dei giovani, scarponi chiodati, parastinchi, scudo, giubbotto antiproiettile, casco bluette e visiera calata su visi. E dietro le montagne, coperte di neve, fuori scala rispetto a quanto sta accadendo. Nella foto non si sente ma scommetto che suonano un balet.[i] E questo è il quarto libro che vi consiglio.

Chiude la cinquina dei libri da leggere (solo se volete, solo se non avete altro da fare) un romanzo che, arrivato ad un buon successo proprio quest’anno, potrebbe essere invece scritto da quel Ramuz con cui abbiamo aperto la lista. Con un titolo che sembra un aiku giapponese e un formato invitante questo è veramente un libro che sta comodo nello zaino.
Buona lettura.

4 – UN VIAGGIO CHE NON PROMETTIAMO BREVE

UN VIAGGIO CHE NON PROMETTIAMO BREVE del ferrarese/cinese Wu Ming1 con un sottotitolo che non ti permette di sbagliare entra di diritto, dopo essere rimbalzato fuori da ogni contenitore di montagna, in questa minibiblioteca dedicata ai libri di montagna. La foto di Silvio e questo libro di seicentocinquanta pagine stanno lì, una vicino all’altro ché raccontano la stessa ciclopica ingiustizia ma anche la stessa, comune a tanti valli alpine, storia di uomini e di boschi. Come se la Val di Susa non fosse una Valle alpina e, in effetti “non era nemmeno una ‘valle’, ma un territorio molteplice che, allungandosi per 80 chilometri, metteva in fila più mondi, dai bordi sfumati dell’interland torinese alle vette di tremila metri e allargandosi si scanalava in un tripudio di valli laterali e valloni” .
Ma non è difficile avventurarsi nella lettura di un libro che ti trascina attraverso canoni diversi di scrittura accostati/accatastati uno all’altro in modo naturale e che ha, in un autore americano di fantascienza, morto settanta anni fa, il nume tutelare.

Salivi sui colli bolognesi (…) vedevi l’Adamello spuntare da una striscia di rocce azzurre sull’orlo del mondo (…) il Carega, il gruppo del Pasubio, il Monte Baldo, i Monti Lessini e tornavano in mente quei versi di Fabio Pusterla: «in quei giorni di eccezionale tersità/ sbucano tuttavia, quasi a mezz’aria /  le cime dell’ Alpi, tra le nuvole / le rincorre il pittore, trasognato / in lontani triangoli rosa» . (…) Tu seguivi la linea retta e lo vedevi, quello spuntoncino isoscele era proprio il Monte Rosa“.

Un saggio politico, romanzo di finzione, racconto di una (brutta) storia lunga venticinque anni in cui si incrociano i rigagnoli maleodoranti di alcuni dei sistemi economici/politici che stringono alla gola il futuro. Pagine che sono state costruite in tre lunghi anni, questo libro che rappresenta un nuovo, certamente per il nostro paese, modo di fare giornalismo, di raccontare la modernità. Ma UN VIAGGIO CHE NON PROMETTIAMO BREVE è soprattutto un romanzo epico, con dame e cavalieri, con mostri ed eroi, entità paurose, maghi e magie, che potrebbe essere gridato da un capace puparo che muove i suoi personaggi su altre latitudini.

“L’Entità era nell’aria, fluttuava sopra la valle, ne ascoltava le voci e auscultava i cuori. Captava tutte le frequenze radio e ogni tanto, a suo modo, canticchiava. Senza cassa toracica né corde vocali, canticchiava”

Dopo Point Lenana, dove già Wu Ming 1 poteva fregiarsi dell’inutile titolo di scrittore di montagna (e di montagne) in questo capolavoro del lavoro e dei lavoratori la scrittura diventa ancora più esagerata, provocante e coinvolgente. Tanti sono i personaggi e le cose che che vivono in questo lungo racconto: poliziotti da fantascienza distopica, politici dai mille volti, turchi, preti coraggiosi e gruppi di preghiera, santi che si sacrificano, bambini che nascono come un miracolo, pensionati che vanno in prigione, pietre che tornano a volare dopo anni, fisarmoniche, cedri che vengono abbattuti, baite, gondole. E poi c’è il treno ma qua, francamente, non è quello di Guccini[ii].
Un libro scritto per chi ha memoria, dell’oggi e del passato, per chi sa vedere, vedere che quella ferita di duecentotrentacinque chilometri contro cui da un quarto di secolo si oppongono dei montanari (perché di questo si tratta) costerà centossessantamila euro al metro e scritto per chi vuole capire quanto è tenuto nascosto in questa Wundekammer delle bugie. In UN VIAGGIO CHE NON PROMETTIAMO BREVE si scopre come sia possibile raccontare proprio là, là dove molti altri gridano ma, soprattutto, dove pochi, pochissimi, parlottano tra loro a voce bassa.

5 – NEVE, CANE, PIEDE

NEVE, CANE, PIEDE del valdostano Claudio Morandini è cesellato nella storia e nelle parole usate per raccontarla. E’ un romanzo breve che vede protagonisti la neve (che però entra in scena dopo il cane) e un piede che da essa spunta in modo osceno e comico. Ovvio che non può essere un romanzo normale e nemmeno Adelmo Farandola[iii] non è un semplice montanaro che si inabissa nella paranoia e nella pazzia: NEVE, CANE, PIEDE è il nostro specchio deformante, ma non troppo. Come Adelmo pensiamo che i vicini ci prendano in giro, come Adelmo parliamo agli animali come se fossero uomini e ai morti come se fossero vivi. E come Adelmo non riusciamo a fermarci quando ci sentiamo circondati eppure isolati. Eppure Claudio Morandini potrebbe raccontarci una storia diversa, Adelmo potrebbe trovare l’amore, crescere senza friggere sotto i cavi dell’alta tensione, sparare al camoscio e non patire la fame e il freddo (e il cane pure) ma questa storia va messa così ché la montagna non è amica dell’uomo. Tantomeno di Adelmo Farandola.

La gente immagina che la montagna sotto la neve sia il regno del silenzio. Ma neve e ghiaccio sono creature rumorose, sfrontate, beffarde. Tutto scricchiola, sotto il peso della neve, e sono scricchiolii che tolgono il respiro, perché sembrano preludere allo schianto di un crollo. Gli assestamenti delle masse di neve e di ghiaccio rimbombano a lungo, attraversando la terra sotto i piedi e trasmettendosi all’aria. Le grandi valanghe parlano con boati spaventosi, che riempiono di orrore, e con il sibilo feroce dello spostamento d’aria. Ma anche le semplici slavine tuonano e riecheggiano nei valloni, e quel suono oscilla tra le pareti di roccia ben oltre il cedimento.”

Nel libro i dialoghi tra l’uomo e il cane sembrano avvicinarsi a quelli della Commedia dell’Arte dove un Arlecchino cencioso (a volte è Adelmo, più spesso il cane) combatte Fame e Freddo. Adelmo non ci è simpatico, ci fa paura e poi ci assomiglia troppo. Ma NEVE, CANE, PIEDE è un libro che leggi fino in fondo anche se sai che in fondo non ci sarà il lieto fine.
– Che fai? – gli urla.
– No, nulla, era per passare il tempo.
– Se ti trovo a rubare qualcosa ti ammazzo a calci!
– Eh, esagerato!
– Guarda che lo faccio, Sei morto!
Strepitano entrambi, a lungo, ognuno a modo suo, finché non scappa un po’ da ridere prima all’uno e poi all’altro.
– Litigare fa sempre bene – conclude Adelmo Farandola, che si sente filosofo.
– A me, chissà perché, litigare fa venire appetito – dice il cane.


[i] http://www.youtube.com/watch?v=cSGIlPKBH18
[ii] http://www.youtube.com/watch?v=KeX1Yb8CSjw
[iii] Claudio Morandini sceglie il nome dei sui personaggi in modo personale e felice. Anche nel suo nuovissimo romanzo, in pubblicazione per i primi di agosto, ci saranno Ettore ed Agnese Saponara, Tarcisio Berlera, Severino Mutolo…

Davide Torri autore del post

Davide Torri | Insegnante di educazione fisica ha trasformato la sua passione per la montagna e per la gente che sopra vi vive in qualcosa di più concreto, Con l'Associazione Gente di Montagna, di cui è il generoso motore da molti anni, ha prodotto ricerche, organizzato convegni, realizzato documentari, progettato spettacoli teatrali, pubblicato libri, ideato filmfestival collaborando con Enti Locali, Agenzie Educative, Università e molte altre Associazioni seguendo il motto di Alex Langer, il principale ispiratore nelle azioni dell'Associazione e di Davide Torri stesso, "costruire ponti". In questo caso tra una valle alpina e l'altra. In Italia e all'estero.

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