Bolli Gardesana

E’ di questi giorni la notizia della ricomparsa di scritte che imbrattano le montagne, apposte senza alcun rispetto, indecorose e senza utilità. Non dappertutto i segni di vernice sono ritenuti uno scempio, ad esempio quando indicano la via di ascesa ad una cima, senza essere invasivi. Ma anche su questo punto vi sono parei contrastanti. Andrea Perini ci propone la sua esperienza e il suo punto di vista.

Dopo la pioggia della notte, il mattino mostra una splendida giornata con un sottile velo di neve sulle cime e un’aria decisamente frizzante. Oggi ho in programma la salita alla Cima della Gardesana (2446 m), una cima pochissimo frequentata, ma molto panoramica; viene definita una salita alpinistica priva di segnalazioni (tracce e ometti) che richiede un certo intuito. La curiosità mi fa decidere di tentare la salita, seppure con qualche timore e senza la certezza di riuscire a giungere in vetta.

L’ASCESA ALLA CIMA DELLA GARDESANA

Parto da Passo Duran e passando per Baita Angelini seguo prima il sentiero 536, poi il 524 fino al bordo inferiore del Van de le Forzele: da qui inizia la parte avventurosa.
Mentre mi avvicino spunta il dirupato versante NO e la mole rocciosa della cima che incutono una certa soggezione, facendo vacillare la speranza di successo: come al solito mi dico: “Vado e vedo fin dove riesco ad arrivare, casomai torno indietro”.
Per fortuna alcuni bolli rossi mi ridanno un po’ di fiducia e comincio a salire una pala erbosa che sfocia tra mughi e roccette. Ora non ci sono più segni, la traccia è quasi inesistente, ma scorgo in lontananza la Portela de la Gardesana, meta di questo primo tratto. Attraverso in salita un paio di canali e giungo a una prima torretta; da qui traverso per ghiaie franose verso la forcella, dove finalmente il piede poggia su qualcosa di stabile.
Ora seguo le indicazioni della relazione e comincio a salire per zone erbose nel versante della Val Pramper restando sotto cresta e rinvenendo qualche raro ometto a confermare la direzione presa. Mentre sosto in cerca di qualche traccia o segno per proseguire, vedo qualcosa di rosso ma indefinito su una roccia, mi avvicino per controllare: è un bollo rosso smartellato per cancellarne l’esistenza. E come questo, rivengo molte altre reliquie lungo tutta la salita: massi deturpati dai colpi di qualche martello e schegge verniciate sparse tra le ghiaie.
Vedere un bollo prima fatto e poi smartellato mi lascia perplesso, ma intanto sono troppo concentrato per fare delle riflessioni e penso solo a proseguire con l’aiuto di qualche ometto e di qualche bollo cancellato: i passaggi in se e per se non sono difficili, ma la qualità della roccia, l’esposizione di alcuni tratti e l’andamento arzigogolato della via rendono la salita per nulla banale.
Proseguo senza presunzione e con un po’ di ansia, ma infine riesco a destreggiarmi tra i vari passaggi e toccare la cima con grande soddisfazione. Cerco il libro di vetta su cui appongo la mia firma, sono solo il terzo quest’anno.
Ora non resta che scendere: con molta attenzione e prudenza ripercorro i miei passi seguendo gli ometti e alcuni bolli superstiti, che mi sono risultati di aiuto al fine di ritornare sano e salvo alla Baita Angelini dove, abbandonata la tensione, mi concedo una pausa e il pranzo.
Finalmente cammino sul facile sentiero circondato dal silenzio; procedo stanco ma tranquillo, assaporando l’aria fresca e nostalgica di settembre, con i suoi riflessi più tiepidi e le prime foglie gialle: intanto provo a fare alcune riflessioni.

Passaggi tra punte rocciose durante la salita

Passaggi tra punte rocciose durante la salita

LE RIFLESSIONI DOPO L’ASCESA

Anche a me piace frequentare luoghi meno addomesticati, cogliere punti di vista inusuali e assaporare un po’ il fascino di avventura e riscoperta. Quando mi imbarco in simili itinerari, so che vado ad esplorare dei luoghi dove non ho la certezza di raggiungere la mia meta e dove potrei incontrare delle difficoltà, quindi ci vado soppesando difficoltà e capacità e non mi aspetto certamente di trovare una esagerata e inutile scia di segni rossi che marchia tutta la salita. Ma francamente non vedo neppure il senso di voler cancellare a forza quei pochi bolli rossi già presenti che possono tranquillizzare il salitore e guidare sul giusto percorso.
Qual è il motivo di questo gesto? Magari ci sono delle motivazioni storiche o ecologiche, magari un senso di gelosia verso la montagna, magari la volontà di non lasciare tracce del passaggio umano? Chissà?
Potrei capire se si volesse evitare che il percorso diventi “turistico” per mantenere quel fascino selvaggio di alcuni angoli delle nostre montagne, ma questa via normale è già poco frequentata e con un accesso non proprio comodo, quindi non penso ci sia questo pericolo, diciamo che la montagna si difende da sé.
Inoltre mi viene da pensare che se vogliamo mantenere la montagna “viva” non possiamo fare ostracismo a chi vuole seguire percorsi meno noti, che se nessuno fa col tempo si rischiano di perdere.
In fin dei conti la montagna è di chiunque la sappia amare e rispettare; personalmente non mi sentirei ne di riempirla di trucco e vernice, ma neppure di deturparla a martellate, tenderei a lasciare o conservare quello che già c’è.
Non vedo neppure il senso di voler cancellare ogni traccia di passaggio: allora dovremo buttare giù ogni ometto e scaraventare nei dirupi ogni libretto di vetta, divellere le ferrate dalle pareti e abbattere i resti militari. La montagna è quella che è perché l’uomo ha interagito con essa nel corso del tempo, a volte bene a volte male.
Infine se un giorno dovessi leggere sul giornale: “Uomo smarrisce la via e precipita durante la discesa da Cima Gardesana” penso che se fossi l’autore delle martellate forse un filino in colpa mi sentirei. Sappiamo tutti che la montagna è imprevedibile e anche il più esperto e preparato può trovarsi in difficoltà: magari proprio quel bollo rosso potrebbe essere di aiuto e evitare guai seri; con la montagna non si scherza.
So che l’argomento è “scottante” e divide le opinioni tra chi vorrebbe veder segnati i percorsi a tutte le cime e chi vorrebbe una montagna selvaggia al massimo. Io sono comunque riuscito a raggiungere la vetta e ho trascorso una giornata felice: non voglio giudicare, vorrei solo cogliere l’occasione per capire meglio le ragioni che possono giustificare simili atti, tanto quello di fare quanto quello di cancellare i bolli.
Nel mio piccolo ho sistemato un po’ di ometti durante la salita, non tanto per eventuali futuri salitori, quanto più per me, per poter ritrovare agevolmente la strada del ritorno senza intoppi. Spero di avere fatto bene e non avere turbato la sensibilità di nessuno.

Dalla cima della Gardesana verso Tamer, Moiazza e Civetta

Dalla cima della Gardesana verso Tamer, Moiazza e Civetta

Andrea Perini autore del post

Andrea Perini | Sono nato a Venezia il 02/02/1984, lavoro come fisioterapista a Mestre, semplicemente appassionato di montagna. Da piccolo ho frequentato la montagna trascorrendo i mesi di vacanza estivi coi nonni nella casa di Col di Rocca Pietore (BL), percorrendo facili passeggiate ai rifugi della zona coi genitori e poi sperimentando l’escursionismo solitario che poco a poco mi ha portato a percorrere tutte e otto le Alte Vie delle Dolomiti. Da qui ho cominciato una esplorazione sistematica soprattutto della zona dolomitica, spingendomi poi anche in altre regioni per affrontare alcuni trekking di più giorni; la quantità di progetti sulla scrivania è ancora numerosa. Appassionato di foto, pratico discretamente l’arrampicata sportiva e frequento la montagna in ogni stagione d’estate con gli scarponi e d’inverno con gli sci.

42 commento/i dai lettori

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  1. Pingback: Bolli sì o bolli no? (parte 2) | racconta e discute di montagna e alpinismo 19 Ott, 2015

    […] “Bolli sì o bolli no? Fatemi capire” sembra abbia ottenuto un risultato: stimolare dei commenti che hanno portato a dare delle risposte […]

  2. Maria il4 ottobre 2015

    Salve, sono una escursionista senza pretese. Ho letto l’articolo e seguito la discussione con interesse, nonostante i toni di certi commenti; tale problematica non mi era particolarmente nota e sono felice di saperne qualcosa in più. Mi sembra che traspaia il sentimento dell’autore verso i monti e che, anche se dovesse avere ancora dubbi, saprà fare le cose giuste. Personalmente ho apprezzato chi umilmente cerca di capire, ponendosi domande e mettendosi in discussione, mentre atteggiamenti rigidi ed estremisti mi sono sembrati meno incoraggianti. Grazie ad Andrea e ad Altitudi che mi hanno fatto prendere coscienza di questa realtà.

    • Lorenzo Filipaz
      Lorenzo Filipaz il8 ottobre 2015

      Gentile Maria
      Io invece ritengo questo articolo pericoloso. Proprio “il sentimento per la montagna” del suo autore, l’ingenuità delle domande poste senza previa documentazione sul tema (perché le domande bisogna anche saper farle) e la falsa coscienza insita nell’equiparazione di imbrattatori e ripulitori concorrono a stimolare una nocivissima indulgenza nei confronti di un’attività abusiva che va invece condannata e sanzionata poiché la segnalazione di sentieri è un’attività regolamentata e non lasciata all’arbitrio di chichessia, o alle opinioni di un forum, io non sono un esperto eppure non mi è difficile comprenderlo: adoro la cosiddetta filosofia DIY, do it yourself, mi piace il punk e il garage rock, da un po’ ho preso a fare il sapone in casa, con alcuni amici produco un po’ di miele, ma so che se c’è un campo dove il fai-da-te è vietato è quello dei beni comuni, e la montagna è un grande, minacciato, bene comune che non si può lasciare a bollatori megalomani che magari sono pure convinti di illuminare la via all’umanità (ma che in verità peraltro limitano la facoltà di fare da sé di chi viene dopo di loro).
      Quando salii il Duranno e la cima dei Preti, se ben ricordo, incocciai su dei bolli stampigliati addirittura lungo il percorso di calata in doppia. L’obiezione potrebbe essere “ok, però in alcuni casi i bolli sono messi sul percorso giusto e sono utili”, e chi stabilisce in quali casi siano utili e in quali no? ci sono commissioni, enti, e quando una via non è segnata c’è un motivo, significa che si è ritenuto quel percorso troppo pericoloso dal punto di vista escursionistico; Buscaini e Metzeltin nel loro Grande libro delle vie normali hanno persino evitato di menzionare determinate cime proprio per uno scrupolo di coscienza, per lo stesso motivo accade che molti percorsi vengano chiusi perché una frana o l’erosione li rende nel tempo alpinistici, se si decide di intraprenderli ugualmente lo si fa prendendosene tutte le responsabilità del caso. Ecco, la responsabilità è il vero convitato di pietra di tutta questa discussione.
      Ovviamente non si può subordinare solo a criteri di sicurezza la segnalazione o meno di un sentiero, ci sono anche criteri ambientali, paesaggistici ed etici. Nelle riserve naturali integrali è proibito persino uscire dai sentieri tanto è stato reputato pericoloso l’impatto antropico in determinati ecosistemi fragili, altrove si è optato per misure meno drastiche, cercando di scoraggiare la frequentazione di massa evitando le segnalazioni. Si è così ritenuto, purtroppo a torto, che limitare l’accesso a determinati ambienti ai soli esperti avrebbe significato circoscrivere l’accesso solo ad escursionisti o alpinisti rispettosi e intelligenti. Purtroppo non è così, l’idiozia arriva ormai ovunque, come il “bel” graffito al bivacco dei Mascabroni di qualche anno fa tristemente dimostra.
      Non si può neanche ridurre la questione a un mero problema di legalità, come in ogni campo, perché se un’amministrazione comunale decide di costruire una strada del tutto inutile nel bel mezzo di un’area incontaminata non significa che sia nel giusto solo perchè ha la carta bollata e un po’ di voti dalla sua parte. La discussione sarebbe interessante e non è iniziata di certo oggi, ma se la si riprende con questo piede non si arriva da nessuna parte, neanche con enormi frecce rosse a segnalarci le possibili mete.
      Forse i toni esasperati di chi lotta da anni contro questi abusi non avranno giovato alla causa ma il primo a presentare i “bocciardatori” (i ripulitori) come dei talebani che non hanno niente di meglio da fare è proprio l’autore, prima implicitamente e poi esplicitamente, da cui è facile comprendere il nervosismo di chi con sacrificio si adopera a rimediare agli atti di vandalismo indiscriminato che negli ultimi anni hanno attanagliato la montagna, specie quella più “incontaminata”, per quel che può valere il termine. Anche perché l’articolo non parte dalla denuncia di una bollatura nonostante le ipocrite prese di distanza, ma viceversa dalla denuncia della scalpellatura di alcuni bolli, si può discutere sulla qualità di una specifica ripulitura, su quali siano le tecniche migliori per contrastare lo scempio, quali organi contattare per concordare l’opera di volontariato, ma non mi pare proprio che la discussione sia stata impostata in questo senso. L’autore avrebbe potuto fare marcia indietro, dire ok ho sbagliato, non ho posto la questione in maniera onesta, ma questa faticosissima prova di umiltà non l’ho letta in nessuna delle sue repliche, anzi, sembra che l’ignoranza sia una franchigia che dispensa da ogni responsabilità. – http://www.alpinismomolotov.org

      • Andrea Perini
        Andrea Perini Autore il9 ottobre 2015

        Non voglio controbattere sul contenuto di quanto scrivi che è in buona parte condivisibile. Però permettimi una nota personale: non ho nessuna difficoltà a dire che le domande possono essere state poste in modo sbagliato e mi sembra che a più riprese ho cercato di fare capire il contesto in cui si sono sviluppate, sperando nella vostra clemenza; non sono ne un giornalista ne un esperto (anzi penso di dover sempre continuare a imparare) e forse non mi sono espresso bene, ma se avevo già delle risposte o delle convinzioni non avrei domandato. Mi sono offerto come “capro espiatorio” pure di arrivare ad avere delle risposte e mi dispiace che forse si preferisca chi dà fideisticamente ragione, piuttosto di chi ha dei dubbi e si interrogata per avere una cognizione di causa. Mi devo scusare nuovamente con te, questa volta per essere un pericoloso ipocrita ignorante. PS: io ascolto da Mozart ai Guns’n’Roses e tengo un orticello di patate.

      • Maria il9 ottobre 2015

        Gentile Lorenzo,
        come già detto sono una escursionista senza pretese, che si è sempre limitata ai sentieri ufficiali, numerati e ben tracciati, ed ora che gli anni e gli acciacchi avanzano sempre più spesso si accontenta di passeggiare nei boschi e guardare le cime dal basso. Ma il mio rapporto con la montagna non è “superficiale”. Mio padre è nato e vissuto in un paesino a 1200 m ed ora riposa in un cimitero con una splendida vista. Ed io in quel paese ho mosso i miei primi passi.
        Era un uomo burbero mio padre, un montanaro di poche parole con la lingua tagliente. Ricordo che da piccina qualche volta mi vergognavo quando rispondeva malamente a turisti che secondo lui non avevano comportamenti corretti . Bene, ora che sono più che adulta, vedere che la montagna, “ grande bene comune”, da molti non viene rispettata .. beh, un po’ mi girano! E non è solo lungo il cammino verso le vette che manca il rispetto, ma anche nei boschi: funghi presi a calci, raccolti e poi gettati, carte e lattine buttate qui e là (purtroppo talvolta anche dai paesani che vanno a far legna, sempre più spesso con trattori ed altri mezzi motorizzati che trasformano i sentieri in autostrade). E nei paesi: bambini che raccolgono i fiori dal tuo giardino e, rimproverati, li buttano senza che i genitori, presenti, profferiscano parola (io, invece, sono figlia di mio padre!); le zucchine che da un giorno all’altro si dissolvono nell’orto (ma in questo caso ho la consolazione di aver sfamato qualcuno che soffriva di stipsi); qualche pezzo di legna che sparisce dalla catasta, ma è ovvio che se sideve fare un picnic con bracciolata serve la legna, allora meglio prenderla dove è già secca! E non bastano quelli senza rispetto, ci sono ancora gli sprovveduti, quelli che “Signora, dove porta questo sentiero?”, “Con i mocassini? E’ facile che la porti all’ospedale”.
        E che dire delle amministrazioni comunali? Le strade sono sempre quelle e non è bastata la neve del 2013 per metterle in sicurezza: alla prossima nevicata abbondante le frazioni rimarranno ancora isolate, ma poco male, sono montanari e sono abituati. Gli impianti di risalita però vengono ripristinati in fretta e furia e le centraline idroelettriche crescono come i funghi e i torrenti diventano rigagnoli. Quella vicino a casa mia ci tiene anche compagnia: sentivo il caratteristico fischio dei pastori e mi chiedevo da dove sarebbero comparse le pecore e invece è la centralina che di tanto in tanto fischia! Ed alterna il fischio ad un rumore simile a catene tirate, neanche fosse un maniero inglese popolato di fantasmi!E che dovrei fare, oltre a protestare per i rumori con l’ufficio tecnico?(Lo so, un tempo manifestavo e protestavo: una volta mia madre mi incontrò per strada mentre saltellavo cantando “Come mai, come mai sempre in c… agli operari?!”. Finse di non avermi vista.)
        Confesso,inoltre, che quando sento e vedo l’elicottero del soccorso alpino che mi vola sopra la testa i miei pensieri sono spesso contrastanti e vanno da “speriamo che si salvi” ad “ecco un altro deficiente”.
        Conqueste premesse dovrebbe essere chiaro quello che io penso: la montagna dovrebbe essere vissuta sempre e da chiunquecon il massimo rispetto ed umiltà.
        Per quanto riguarda in particolare l’attività abusiva di bollatori megalomani e le fatiche dei “bocciardatori”, devo dire che l’articolo “Bolli si o bolli no? Fatemi capire” a qualcosa è servito: a far conoscere il problema a gente di … mezza montagna che come me (e credo siamo in tanti) non si avventura fuori dai sentieri ufficiali.
        Una sola perplessità: perché uno per porsi e per porre delle domande dovrebbe essersi per forza previamente documentato? Se sono documentato non ho bisogno di chiedere, a meno che il mio intento non sia quello di fare polemica (e non mi sembra questo il caso, viste tutte le parole che si è preso l’autore!).
        Io credo che se i “ripulitori” avessero usato uno spruzzino pieno di solvente ed alcuni stracci forse l’articolo nemmeno sarebbe stato scritto: un bollo sbiadito sorprende meno di uno che chiaramente è stato oggetto di violenza. Detto questo, temo che il problema non sia risolvibile a breve perché è evidente che, a modo suo, ognuno si ritiene nel giusto. Mi viene da pensare a due diversi modi di amare: l’amore casto, rispettoso dei “bocciardatori” che vogliono preservare percorsi, ambienti e procedono nella consapevolezza che a comandare è sempre la montagna; l’amore possessivo, quello un po’ malato, dei bollatori folli (ma quanti sono?) che devono lasciare il segno del “possesso”, del loro passaggio e così incoraggiano altri a seguirli.
        Soluzioni? Solo una: educare, insegnare, spiegare. Ed è per questo che dico che il problema non è risolvibile a breve, perché è ai giovani che ci si deve rivolgere, ai bambini in età scolare, a quei piccoli che colgono i fiori nei giardini solo perché i genitori non hanno insegnato loro che non si fa, che una volta colti i fiori muoiono. Più facile a dire che a farsi? Può darsi. Ma se in tanti non si prende coscienza che il problema esiste e se questo rimane quasi uno scontro fra due fazioni, beh allora difficilmente si risolverà.
        Alla prima occasione chiederò ai miei vicini di casa, una guardia forestale e il gestore di un rifugio, cosa pensano dei bolli abusivi (mai in paese ho sentito accennare a questo problema). Ma forse farei meglio ad interpellare un volontario del soccorso alpino, uno di quelli che rischiano per togliere dai pasticci intrepidi, sprovveduti e sfigati.
        A questo punto mi viene da chiedere: bolli si o bolli no? E’ questo IL PROBLEMA? E, attenzione, lo chiedo a me stessa: un argomento sul quale riflettere. E, prometto, mi dissolverò nell’aria come le mie zucchine e non mi leggerete più su questo argomento, nemmeno se qualcuno mi scriverà che sono una vecchia matta (matta magari si, ma non così vecchia!).
        Buona montagna e buone riflessioni a tutti.

        • Gianlluca Calamelli il9 ottobre 2015

          Mi sembra degno ti stima tutto quello che scrivi. Mi piace, proprio. Ma devo rispondere a due cose. Picchiare sulle rocce, oltre ad essere uno sfogo fisico che scaccia i pensieri e forse evita di pestare ben altri oggetti, è anche un modo più sano ed efficace di cancellare i segni, per quanto scheggi le rocce (danno di poco conto, specie in Dolomiti); personalmente non mi mettere mai a buttar solvente sulle rocce, veleno su altro veleno. Ma questo è un dettaglio tecnico. Rifiuto invece in modo deciso e completo la tua frase “a modo suo, ognuno si ritiene nel giusto”. Non che sia falsa, credo sia vera, ma mentre uno è nel giusto del suo singolare egoismo a volto coperto noi tutti siamo nel giusto della buona fede, della correttezza, del buon gusto, in ultimo anche della legalità. Un po’ di differenza, in una società cosiddetta civile, credo ci sia, o no? Poi non vorrei essere ripetitivo, credo di aver fatto capire come la penso e dunque mi fermo.

        • giangi4 il12 ottobre 2015

          hai mai provato ad usare un solvente sulla roccia? In caso contrario almeno scrivi in forma dubitativa e non affermativa altrimenti chi si è spaccato la schiena fino ad adesso con la bocciarda sembra uno stupido.
          sulla leicità di fare domande: nelle domande dell’autore non ce n’è traccia delle tonnellate di byte scritte sull’argomento, il che significa che non è stata fatta neanche la più banale delle ricerche…sarò anch’io della vecchia generazione ma se voglio lanciare un sasso nello stagno un minimo di ricerca lo farò!
          oppure significa che aver risposto qui non serve a niente e domani iniziamo da capo?

          • Andrea Perini
            Andrea Perini Autore il12 ottobre 2015

            Se delle tonnelate di byte hai qualche link da consigliare, inseriscilo pure qui, sarà sicuramente di aiuto a chiunque voglia approfondire l’argomento.

        • Lorenzo Filipaz
          Lorenzo Filipaz il14 ottobre 2015

          «perché uno per porsi e per porre delle domande dovrebbe essersi per forza previamente documentato?»

          Questa domanda avrebbe potuto essere stata lecita vent’anni fa, ma dopo internet 1 e 2.0, google e tutti gli strumenti di ricerca attualmente disponibili è una finta ingenuità. Colgo l’occasione per rispondere anche ad Andrea Perini con un po’ di link
          http://www.corriere.it/cronache/09_novembre_18/dolomiti-graffitaro_e06daea8-d46e-11de-a0b4-00144f02aabc.shtml?refresh_ce-cp
          http://www.fuorivia.com/forum/viewtopic.php?f=3&t=22214
          http://www.banff.it/le-verniciature-della-famiglia-beltrame/
          http://messaggeroveneto.gelocal.it/pordenone/cronaca/2015/09/22/news/segnale-telefonico-c-e-scritto-sulla-roccia-1.12140830
          Questo per quanto concerne gli ultimi anni, per tutte le discussioni ante-internet credo Luca Visentini sia stato più che esaustivo.
          In qualunque caso prima di intavolare una discussione e pretendere di prendere posizione (come l’autore ha fatto pur continuando ad occultarlo) io ho sempre saputo che è buona norma documentarsi per capire se tale discussione è già stata intavolata precedentemente e quali siano i termini della questione, per etiquette proprio, oltre che per intelligenza…

          «bollatori folli (ma quanti sono?)»

          Bastano pochi unni per devastare un ambiente, mentre occorrono battaglioni di volontari per rimediare ai loro danni, così come basta poco sforzo per usare una leggera bomboletta spray, mentre occorre un impegno non indifferente portarsi appresso una bocciarda ed eliminare le tracce di vandalismo. Basterebbe questo per capire che non c’è simmetria tra le due azioni. Oltretutto bastano pochi emuli per rendere la pratica virale, per questo è essenziale scoraggiarla senza se e senza ma, altro che prendersela con chi ripulisce…

          «A questo punto mi viene da chiedere: bolli si o bolli no?»

          è semplice: no! Tanto difficile capirlo? Sarebbe come dire: precedenza sì o no? Intavoliamo un discorso sentendo i pareri di chi la rispetta e chi non la rispetta…
          Per fare un altro esempio che illustri bene quanto grave e in malafede sia porre il problema in questi termini si pensi al cambiamento climatico: la comunità scientifica internazionale è unanime nel riconoscerlo e nel correlarlo alle attività umane, eppure c’è chi cerca di gettare fumo negli occhi cercando di instillare la percezione nel pubblico che l’argomento sia controverso e che la scienza si sia spaccata (per approfondire http://www.wired.it/attualita/ambiente/2014/03/07/tutti-nemici-riscaldamento-globale/ ), il meccanismo è sempre quello: prendere dei dati di fatto e spacciarli per opinioni di cui si fa persino finta di rispettarne le ragioni, purché si ascoltino anche le altre campane, quelle degli abusivi, dei cialtroni, magari anche dei criminali, secondo un’idea deformata e disonesta di democrazia

          Su solventi, “tipi diversi di amore” e altre amenità ti hanno risposto adeguatamente gli altri. Levo anch’io il disturbo perché non credo di aver altro da aggiungere e come si suol dire “non c’è peggior sordo…” etc etc. Poi non so se è un problema di carattere permaloso, ma dall’autore continuo a non vedere passi indietro che non siano larvati di arroganza e vittimismo.
          Saluti – http://www.alpinismomolotov.org

  3. Andrea Perini
    Andrea Perini Autore il2 ottobre 2015

    In conclusione e sintetizzando, se non ho capito male, il punto di vista della maggior parte di chi ha partecipato a questa discussione è che, al di fuori dei sentieri numerati e della segnaletica ufficiale, bisogna fare di tutto per mantenere o riportare la montagna alla sua “condizione originale” evitando di aggiungere nuovi segni di passaggio e riducendo quelli che eventualmente sono stati posti nel corso del tempo. E, provando ad immaginare di rifare la medesima salita e trovando una nuova segnaletica rossa sgargiante, posso anche capire le reazioni/azioni espresse da taluni, che in risposta al quesito posto nell’articolo dicono che hanno smartellato perchè quei bolli rappresentavano un abuso ingiustificato.
    Forse una soluzione potrebbe esserne parlarne: tra chi sostiene la wilderness, chi fa i bolli, chi la montagna la frequenta per passione e chi ci vive/lavora, ma immagino che simili tentativi siano già stati fatti e comunque non sia facile affrontare un argomento così delicato. Intanto può essere utile fare “informazione” e spero che questa discussione sia servita a fornire degli elementi in più per compredere la situazione, non solo a me, ma anche ad altri.

    • giangi4 il4 ottobre 2015

      Il problema è che chi segna commette innanzitutto un abuso, quindi non troverai mai uno che ti dice: si, sono stato io a segnare.
      Ma siccome per una serie di circostanze chi segna è abbastanza noto, quando ci parli ottieni le solite risposte, inutile cercare di controbattere, si sentono la mano di dio.
      La verità è che nonostante coprano i loro misfatti con apparenti buone intenzioni, la motivazione principale è soddisfare il proprio ego, sentire di aver fatto qualcosa, quasi come ignoti benefattori.
      Ho avuto la possibilità di parlarci con uno di questi, non ne vieni fuori, quello che fanno loro è giusto…che dialogo vuoi avere con persone così?
      Aggiungo una postilla: si, quando si parla di bolli sembriamo antipatici, estremisti, chiusi al dialogo…è che invece siamo stanchi, stanchi di ripetere da anni le stesse cose, stanchi di dover controbattere alle stesse domande, stanchi di dover trovare consenso quando si difende la legalità, stanchi di trovare appoggio nelle istituzioni solo a parole e mai nei fatti e stanchi di dover perdere giornate intere della nostra vita a ripulire ciò che altri hanno illegalmente sporcato.
      Ti faccio ancora due domande anche se non hai risposto alle mie precedenti.
      Come ti sentiresti se mentre dedichi una giornata a ripulire, passa casualmente (ma anche no) proprio chi ha sporcato, sapendo che in poco tempo rimetterà i segni?
      Seconda domanda: ti sei fatto giustamente delle domande, ma prima di porle agli altri, hai cercato le risposte da solo?
      La mia impressione è che ti interessava più la domanda della risposta.

      • Andrea Perini
        Andrea Perini Autore il4 ottobre 2015

        Ho notato che non è venuto alcun commento da parte di chi fa i bolli, forse ad un’azione non corrisponde una ragione e in tal modo purtroppo può essere difficile un dialogo e una soluzione. E così continua questa “lotta”, perchè per quanto si voglia cancellare poi ci sarà qualcuno che ridipinge nuovamente e in tutto questo l’unica che ci rimette e solo la montagna; per quello avevo pensato che azzerare i conti e mantenere almeno la situazione come sta potesse quanto meno evitare di peggiorare la situazione, ma certo che se si continua a segnare neppure questa è una soluazione.
        Forse sono partito dalla domanda sbagliata (derivata da una normalità aberrata come dite voi, cioè di essere abituato a vedere qualche segno anche fuori dai tracciati ufficiali), ma la mia intenzione era solo di capire (e far capire) quali potevano essere le ragioni da una parte e dall’altra. E sinceramente ho faticato ad arrivare a una risposta (che comunque in fine ho sintetizzato) sentendomi piuttosto attaccato. Penso che (citando le parole di un amico) chi ha esperienza o pensa di averla, e soprattutto chi possiede una certa autorevolezza in tema di montagna e alpinismo, dovrebbe comunicare il suo “sapere” in modo da educare piuttosto che da censurare.
        In quanto alle domande che mi poni penso di aver già risposto qua e la:
        – se rifacendo una salita vi trovassi una nuova scia di bolli rossi immagino ne sarei infastidito, ma confesso che se andando per la prima volta su una cima incrociassi qualche vecchio bollo qua e la non ne sarei scandalizzato.
        – farsi domande e darsi risposte può funzionare fino ad un certo punto, ma poi serve un necessario confronto per verificare ipotesi e tesi e da qui la necessità di una discussione, che per quanto sofferta ha dato i suoi frutti.
        Per le domande fatte nei commenti precedenti invece sarebbe meglio risponderti davanti a una birra onde evitare fraintendimenti.
        Però provo ancora una volta a spiegare quale può essere stata l’origine della mia domanda e perchè è stata posta in tale modo: per chi ha conosciuto una montagna priva di alcun segno fuori dai sentieri ufficiali, vedere che durante gli anni viene pitturata può essere fonte di dispiacere, e dare origine a un senso di sopruso e privazione, che porta a voler cancellare quei segni per ripristinare la condizione originale; per chi invece ha conosciuto solo una montagna che anche fuori sentiero può avere qualche sporadico segno rosso qua e la, vedere un segno smartellato può stupire perché da il senso di togliere qualcosa che appartiene alla montagna, così come una casera abbandonata o una postazione militare che se pure non sono la montagna ormai ne fanno parte (anche se può essere un senso errato perché in origine non era così, è un po’ questione di relatività). Allora forse proprio qui dovrebbe stare quel senso di educazione e di formazione da parte di chi ha visto di più o ne sa di più, e essere capaci di trasmettere quel sapere onde evitare che questa situazione venga effettivamente considerata la normalità. Non so se mi sono spiegato. Grazie e ciao.

        • Gianlluca Calamelli il4 ottobre 2015

          La birra è in caldo, se vuoi. Ma mica si può avere senza la pappa pronta. E l’impressione è che se nessuno ti diceva niente da parte tua c’era già un certo indirizzamento. “Per quanto si voglia cancellare poi ci sarà qualcuno che ridipinge nuovamente e in tutto questo l’unica che ci rimette è solo la montagna” continua ad essere un pensiero fondamentalmente sbagliato. Al di là del fatto che chi ci perde siamo sempre TUTTI noi (o quasi tutti), il problema è che finché qualcuno dipinge, alla collettività toccherà per forza ripulire. Non so se vedi le sfumature, che sfumature non sono. Non tedio più, buona montagna.

        • giangi4 il12 ottobre 2015

          Azzerare i conti!
          A partire da quando scusa?
          Da adesso, oggi?
          Da appena dopo che sei passato?
          Da prima che mettessero i bolli?
          Da domani appena li rimettono?
          Qual è il giro di boa da cui partire?
          Sono anni che gente più nota di te e di me chiede di fermarsi, sono anni che la varie associazioni indicano sulla carta quale dovrebbe essere l’indirizzo.
          Mah…
          Forse c’è bisogno di una soluzione meno banale e più forte che scrivere su un blog: mi pare che da adesso basta.

          • Andrea Perini
            Andrea Perini Autore il12 ottobre 2015

            Azzerare i conti … da quando gli uomini riusciranno a trovare un comune accordo. Da quanto ho potuto vedere mi sembra che ciò non sia possibile, quindi la risposta è forse mai.

  4. Andrea Perini
    Andrea Perini Autore il2 ottobre 2015

    Sperando che chi legge sia disponibile a un cambio di prospettiva, provo a sviluppare un ulteriore pensiero basato sulla mia modesta esperienza.
    Stavo riordinando le foto di alcune gite e mi sono accorto che in talune comparivano i bolli di cui parliamo e pensandoci bene in molte delle salite fatte ho trovato segni rossi e in quasi tutte almeno qualche ometto o qualche altra traccia a guidare i miei passi verso la meta.
    Per chi ha cominciato a frequentare la montagna fuori dai sentieri numerati da poco tempo (e non ha vissuto l’evoluzione degli eventi) la presenza di questa segnaletica non ufficiale può essere una “normalità”: io conosco la montagna così come l’hanno lasciata le generazioni precedenti.
    E la presenza di alcuni bolli (quando discreta e ragionata) non penso mi privi della possibilità di imparare comunque, poco a poco, ad orientarmi in terreni sempre meno antropizzati, a leggere i rametti spezzati, le tracce su un prato, su un ghiaione o sulla neve, a individuare il punto debole di una parete, a interpretare una cartina o le indicazioni di una relazione … certo se dovessi fare a meno di tutte queste cose mi troverei in gran imbarazzo, anche se non dubito ci sia chi sappia destreggiarsi anche in un contesto così svantaggioso.
    Ovviamente i bolli, anche se presenti, non dovrebbero essere vissuti come dei lasciapassare che permettono di fare tutto a chiunque: ognuno dovrebbe sapere valutare il proprio rapporto capacità/difficoltà, soprattutto su percorsi fuori via che come tali possono presentare maggiori imprevisti, e partire preparato.
    La montagna io l’ho conosciuta così e ho imparato ad amarla per com’è: mi domando, ma non è proprio possibile azzerare i conti ed evitare di andare in montagna con pennello o martello, ma andarci solo per godersi il cammino, il paesaggio e la nostra personale esperienza? Forse è un pensiero troppo utopistico?

    • Lorenzo Filipaz
      Lorenzo Filipaz il2 ottobre 2015

      Secondo me Andrea continui a porre male il problema. Non è una questione di punti di vista, se si sta trattando di abusivismo edilizio non è che bisogna organizzare dibattiti andando a sentire le ragioni dei costruttori abusivi per una delirante concezione di par condicio. La soluzione che proponi tu… lasciare a casa pennello e martello, congiunzione che equipara le due azioni (“bollare” e “sbollare”), è fuori dal mondo. Presuppone un’idea di montagna “pre-ottocentesca”, senza problemi di antropizzazione. Dietro ogni sentiero c’è una storia, magari una conflittualità, delle scelte sedimentate lungo secoli, dietro l’assenza di un sentiero c’è comunque una storia oltre che a delle ragioni ben precise, anche legali (responsabilità civile etc etc). Probabilmente è l’ostinarsi ad ignorare questa cosa senza essere “disponibile a un cambio di prospettiva”, come dici tu, dando per scontato che la realtà che hai visto tu sia così ab origine, a suscitare le reazioni più irritate da parte di chi ha vissuto e ha lottato per la montagna. Il fatto di considerare i bolli faidate una normalità senza porsi domande… ti sei mai chiesto se questa percezione di normalità non sia il frutto di un’aberrazione? Ecco, secondo me poni domande che in verità non domandano e questo per molti è il sintomo di una sconfitta
      Un saluto

      • Andrea Perini
        Andrea Perini Autore il2 ottobre 2015

        Premesso che personalmente non sento la necessità di aggiungere nuovi bolli e che mi arrangio con quel che c’è o non c’è, mi sembra evidente che la divergenza tra chi fa e chi cancella i bolli non si limiti a una discussione teorica ma comporti una pratica che danneggia la montagna e mi sembra di capire che questo genere di comportamento continui nonostante tutto e nonostante tutte le lotte che sono state fatte anche in passato in una sorta di faida infinita dove tu mi bolli, io ti cancello, tu mi cancelli, io ti bollo. Allora mi domando se può aver senso cercare una soluzione più “pacifica”, magari trovare un punto di incontro tra le due “fazioni” in cui si smette di aggiungere nuovi bolli e magari si lasciano alcuni segni discreti e ragionati sugli itinerari dove questi ci sono da tempo (da definire “tempo”); certo bisogna vedere se questo può essere un compromesso ammissibile da un lato e sufficiente dall’altro, ma se veramente potesse far dimenticare pennello e martello non ne varrebbe la pena? Altrimenti si rischia di andare avanti così per chissà quanto ancora. Perdonatemi se per molti sono una sconfitta.

        • Gianluca Calamelli il2 ottobre 2015

          Sembri veramente non renderti conto delle proporzioni. Stai sbagliando di parecchi ordini di grandezza. Da una parte la differenza tra mettere i bolli e toglierli: per fare un cerchio con la bomboletta vanno via pochi secondi, per toglierlo decine di minuti (e non viene come prima). Dall’altro una seconda differenza, fondamentale: le persone che mettono i bolli ABUSIVI (evidenzio, ché non si confonda con la segnaletica “ufficiale”) sono poche, pochissime, mentre quelli che vanno a porvi rimedio sono molti di più; ma rappresentano (o DOVREBBERO rappresentare) tutto il resto della popolazione. Anche i dubbiosi, anche te. Chi ha cancellato i bolli sulla Gardesana non si è mosso per sé, non mi risulta abbia lasciato la firma. Il problema è che pochi sciocchi (termine assolutamente insufficiente per definire la complessa natura dei soggetti) fanno MOLTI più danni MOLTO più velocemente di quanto poi si possa fare per rimediare. Lotta? Non mi sembra proprio. Soluzione più pacifica? Non capisco ancora. Stasera mi sento particolarmente stupido.

    • Gianluca Calamelli il2 ottobre 2015

      Non ho capito, Andrea, il cambio di prospettiva. Se qualcuno è nato camminando fuori sentiero quello non sono io. Non rinnego l’aver seguito per tanti anni solo sentieri segnati né li disdegno tutt’oggi. Ma non capisco come tutto ciò porti a considerare con indulgenza i bolli fuori sentiero, i bolli su sentieri non gestiti, i bolli un po’ in giro dove capita, anche se radi e discreti.

      Cioè??? O li guardi o non li guardi, i bolli. Se fai finta che non ci siano certo che puoi imparare, ma NONOSTANTE i bolli, non GRAZIE ad essi.

      L’unica interpretazione che posso dare al tuo discorso è questa: “i bolli non mi danno fastidio, li uso sempre meno e a poco a poco imparo a fare anche senza”. Appunto! Io una volta andavo dove c’erano bolli, ora vado (anche) dove non ci sono. E mi secca vedere che altri vogliano invece portarli anche dove non ci sono mai stati.

      No, ti dico, non capisco affatto il cambio di prospettiva. E se hai capito bene sono uno che è disposto al dialogo anche oltre misura.

      • Andrea Perini
        Andrea Perini Autore il2 ottobre 2015

        Allora, il cambio di prospettiva era di passare dal punto di vista di qualcuno che ha vissuto un certo processo di lotta per mantenre la “wilderness” di un tempo, al punto di vista di uno che arriva adesso e trova la situazione che c’è ora. La tua intepretazione mi sembra corretta e sono d’accordo con te anche sul fatto di non aggiungere bolli dove non ci sono mai stati.

        • Gianluca Calamelli il2 ottobre 2015

          Bene.

          Se poi vuoi passare da me (stessa città) ti presto tonnellate di carta stampata, così approfondisci storicamente il contesto. Non basta ma almeno certe domande inutili le toglie di torno :-D

  5. Alpine Sketches il1 ottobre 2015

    “Ma che ci andiamo a fare in montagna, se non per perdersi, nel senso più ampio del termine, per poi ritrovarsi? Perché trasformare la montagna in qualcosa di simile alle nostre città, con miriadi di segnali in ogni dove? Ma allora restiamocene in città, no? oppure andiamo a goderci l’aria fresca in macchina… perché urbanizzare anche dove è rimasta qualche briciola di wilderness? Quando tutto sarà segnalato, cosa rimarrà all’avventura?

    L’idea che passa invece, veicolata dal concetto della sicurezza, è quella populistica e demagogica, a facile presa, che l’ambiente è di tutti e che tutti abbiano diritto di usufruirne. In sicurezza, ovviamente. Perché questa società ha nella sicurezza un vero e proprio feticcio.

    E che chiunque la pensi diversamente sia un elitario che vuole tenere la massa fuori.
    E’ terribile, questa logica. Micidiale. Distruttiva. Ovunque, a qualsiasi livello. Perché laddove tutti hanno diritto a tutto, la corsa ad “occupare” e quindi a modificare l’ambiente in cui viviamo è una corsa di massa. E siamo tanti. Troppi. E dove arriviamo, adattiamo, modifichiamo, distruggiamo.

    Si afferma con forza il diritto di tutti a fare tutto, ed è uno dei caposaldi della nostra società. Siamo incapaci di fare un passo indietro, di fermarci. Di adeguare noi all’ambiente, anziché l’ambiente a noi.

    Siamo incapaci di formulare il semplice pensiero: non sono capace, mi fermo.
    E quello che vale per uno, ovviamente per estensione vale per tutti.
    La sicurezza vera è nel conoscere il territorio in cui ti muovi, è nel fare il passo secondo la propria gamba. E non nel costruire dei corridoi di vernice”.

    Parole di Roberto Buzz che faccio mie da un vecchio post (ma sempre attuale purtroppo) che riguardava i vandalismi in Val dei Drap e Val dei Cantoni, Parco delle Alpi Friulane.
    https://alpinesketches.wordpress.com/2012/09/17/battaglie-perse/

  6. Andrea Perini
    Andrea Perini Autore il1 ottobre 2015

    Con la discussione messa in campo è emerso il punto di vista dei molti che sostengono non si debba lasciare traccia del proprio passaggio; ora sarei curioso di leggere anche l’opinione di chi fa i bolli, eventualmente anche in forma anonima se fosse necessario.

  7. Massimo Bursi il1 ottobre 2015

    “Prendi solo fotografie, lascia solo impronte”

  8. Massimo Bursi il1 ottobre 2015

    Io sono assolutamente per non lasciare tracce di passaggio: bolli ed ometti… tanto c’è ne sono già in abbondanza.
    L’entropia della frequentazione delle montagne mi evidenzia il fatto che anno su anno le tracce di umano passaggio aumentano ineluttabilmente.
    E’ necessario fermarsi e cambiare direzione!
    Concludo con una frase scritta da Gary Hamming più di 50 anni fa e secondo me “profetica”.
    Ciao a tutti

    Non lasciate nessuna traccia di voi in parete, né chiodi, né cunei, né cordini: non asportate nulla dalla parete, ritornate portando con voi i vostri ricordi e le vostre fotografie; a chi vorrà seguirvi non dite nulla di preciso: soltanto il punto di attacco, quello di uscita e un cenno per le difficoltà generali.
    Gary Hemming

  9. Andrea Perini
    Andrea Perini Autore il30 settembre 2015

    Mi rendo conto di essermi inserito in una diatriba che forse va avanti da prima che io nascessi e posso anche capire il tono un po’ acceso di certi commenti da parte di persone evidentemente più navigate che con queste discussioni hanno avuto già a che fare (e che proprio per questo possono portare il loro punto di vista e insegnare qualcosa). Penso che non si nasca esperti rocciatori o esploratori e per quanto mi riguarda esperienza e conoscenza si maturano sul campo nel corso del tempo e delle gite fatte, da quelle più facili a quelle progressivamente più impegnative. Proprio in questo processo di formazione mi è capitato di pormi delle domande a cui da solo non sono stato in grado di rispondere; da qui la necessità di capire meglio le motivazioni di simili gesti, tanto di chi vernicia, quanto di chi cancella. Mi sembrava che porre queste domande in un blog che discute di montagna potesse essere opportuno: per taluni potrà essere sempre il solito argomento in cui due schieramenti non saranno mai d’accordo, per altri magari è una cosa nuova e un momento di riflessione da cui imparare e da cui farsi la propria idea.

    • Gianluca Calamelli il30 settembre 2015

      Beh, sinceramente, Andrea: quando troverai uno di quelli che bollano le vie normali di nascosto digli pure di scrivere qui, ché siamo tutti un po’ curiosi :D

      La “diatriba”, o meglio, i dubbi, vanno avanti da quando è nata la consuetudine di bollare. Un’opera che aveva un senso quando – appunto – è nata, e che può avere un significato diverso oggi, quando nell’andare in montagna è cambiato tutto: conoscenza, motivazioni, tecnica, numero di persone, tipologia di persone…

      Ci rendiamo conto che certi sentieri di media montagna sono già scomparsi e molti altri stanno scomparendo semplicemente perché non ci passa nessuno e nessuno ha interesse a dare continuità alla CULTURA della montagna? E se li pitturi rimarranno sentieri scomparsi ma… pitturati. Perché l’escursionista non lo educhi ad andare in posti selvaggi pitturandogli la strada, così al massimo lo metti solo nei guai.

      E questi pitturano le vie normali…

      • Andrea Perini
        Andrea Perini Autore il1 ottobre 2015

        E perchè una volta bollare aveva un senso?

        • Gianluca Calamelli il1 ottobre 2015

          Correggo la mia sbrigativa affermazione in “avrebbe anche potuto aver senso”. Non lo so, sinceramente, sospendo il giudizio. Mi sono fatto qualche idea ma posseggo pochi elementi; sulla stampa istituzionale (riviste CAI) del secolo scorso ho letto tante cose, sicuramente non tutte, e si trova di tutto e di più. Il fatto chiave per me è che qualunque senso potesse avere la bollinatura 100, 50, 20 anni fa nel frattempo la frequentazione della montagna è cambiata molto: potrebbe non aver più senso in assoluto o potrebbero non aver più senso le modalità. In ogni caso la bollinatura di vie normali e altri percorsi a scarsa frequentazione, ieri come oggi, è SEMPRE stata più che border-line.

          • Andrea Perini
            Andrea Perini Autore il1 ottobre 2015

            Grazie! Così mi piace, discussione e non mera polemica.

  10. loris il30 settembre 2015

    Sono completamente d’accordo con Luca,Gianluca e Giangi.Sono più di vent’anni che frequento le montagne più selvagge:monti del sole,viaz della schiara e degli spiz,oltrepiave ecc…Devo dire che purtroppo ho trovato bolli rossi un po’ dappertutto,anche vecchi e non riesco a capire il perché.Venti giorni fa sono andato in moiazza a fare il viaz del livinal del bus,che per fortuna non è bollato.Alla fine del viaz ho continuato alla ricerca di passaggi di camosci riuscendo ad arrivare alla cresta delle masenade dove passa la ferrata costantini.Là ho visto una cosa indecente:tutta una fila di bolli rossi nuovi posti a un metro di distanza,tenere presente che è frequentatissima,è impossibile perdersi!Domanda:ma chi ha fatto questo secondo voi è una persona normale?Saluti

  11. giangi4 il30 settembre 2015

    Aggiungo un’altra cosa…
    Hai papgttmtdg lasciare le cose come stanno…sono più di vent’anni che vado in montagna, non ho mai mai mai mai mai visto lasciare le cose come stanno.
    Ogni anno si aggiunge qualcosa…ma possibile che non si possa togliere qualcosa piuttosto che aggiungere?
    Ma ti rendi conto (ti do del tu come se ti parlassi di fronte una birra) che si continua a portare su? A portare, come dice un mio amico, la città in montagna?
    Che se continua così la montagna, quella vera quella che dici ti piace frequentare quella lontana dalle cartoline da vendere ai turisti, quella montagna sparisce?
    E visto che le dolomiti mi sembrano abbastanza antropizzate modificate turistizzate segnate sporcate funivizzate ecc ecc, non è il caso di cominciare a portar giù un pò di roba? Magari quella che non serve, che fa solo male…si parte dal rifiuto che si trova sul sentiero e che non è nostro ma inquina lo stesso…e poi qualche segno che appunto non è autorizzato e fa solo male…e magari smettiamola di pensare di portar su roba, installare bivacchi dove non servono, croci su tutte le cime, ferrate dove offendono, lasciamo per favore la montagna come sta.
    Chi vuole il segno lo trova nelle migliaia di sentieri, nelle centinaia di ferrate o bivacchi o funivie o rifugi che ci sono già in dolomiti…se ti servono i segni ti chiedo ancora, li hai percorsi tutti i sentieri segnati delle dolomiti?

  12. giangi4 il30 settembre 2015

    Ciao
    Avendo fatto questa cima qualche anno fa, senza bolli ma con qualche ometto, mi chiedo dove siano i problemi di orientamento?
    Quando arrivi a quel forcellino di cresta basta andare su e l’unica indicazione serve per imboccare la cengia…poi la via è obbligata, hai pareti in alto e in basso, ogni tanto qualche canale bello ripido che taglia la strada…dove altro vuoi passare?
    Detto questo non capisco alcune cose che hai scritto.
    Parli di rocce deturpate dalle martellate…che forse i segni rossi sono belli?
    Poi ti chiedi come si sentirebbe chi ha tolto i segni se succedesse un incidente…allora ti chiedo se succede la stessa cosa perché uno si fida dei segni e poi manca la manutenzione? Oppure perché reso sicuro dalla presenza di segni va a ficcarsi in posti dove non dovrebbe?
    E ti chiedo ancora, dove è il limite? Fino a dove ci si può spingere a segnare e modificare un percorso? Chi decide il limite?
    Cioè uno si sveglia la mattina e mette quattro segni, poi si alza un altro e ne mette dieci, un altro pensa ‘e se c’è la nebbia?’ E allora ne mette cento, poi si sveglia un gruppo e dice ‘no quel passaggio è pericoloso, meglio mettere giù un pò di ferro’ e si continua così…qual è il limite? E non sto parlando del tuo limite, ma di quello che tutti dovrebbero rispettare.
    Non è meglio forse lasciare al cai e agli enti competenti la tracciatura e manutenzione dei sentieri catalogati, e tutto il resto senza? Altrimenti si che poi succedono gli incidenti.

  13. Simonetta Radice
    estateindiana il30 settembre 2015

    Senza entrare nel merito della questione, non capisco francamente il tono del commento.

  14. Gianluca Calamelli il30 settembre 2015

    Mi ritrovo molto, Andrea, nei passi della tua escursione. La curiosità, lo spirito di avventura, le incertezze, i timori della salita, il tirare il fiato a discesa conclusa: sono tutte esperienze che fanno parte anche del mio vissuto in montagna. Come te mi avventuro ogni tanto tra i monti da solo, conscio dei miei limiti ma assaporando in modo unico la sensazione di libertà concessa dal decidere in autonomia i tempi e la strada da percorrere. E’ fondamentale che tu abbia trascorso una giornata felice: per questo andiamo in montagna! E in più hai pure raggiunto la meta che ti eri prefisso.

    Mi fanno molto riflettere però… le tue riflessioni. La situazione che hai vissuto – di vedere dei bolli rossi quasi del tutto cancellati – è peculiare, e mi sembra giusto che tu ti interroghi a riguardo. Ma – se anche non ti dai delle risposte definitive – la mia impressione (permettimi di dirtelo) è che tu non ti faccia le domande giuste, o per lo meno non te le ponga nel modo corretto. Innanzitutto la principale: “per quale motivo sono stati cancellati i segni”? E’ un interrogativo, un’incertezza che traspare fin dal titolo e che sottende spesso un fondamentale malinteso. La domanda giusta per me è: “per quale motivo e da chi sono stati apposti i bolli?”. E il malinteso a cui alludo – lo dico subito – è questo: da una parte considerare chi mette i bolli e chi li toglie alla stessa stregua, rivali in una contesa, dall’altra far… di tutti i bolli un fascio, confondendo di fatto la segnaletica più o meno ufficiale ma che “ha un nome” dalle segnalazioni realizzate “chissà da chi e chissà perché”. Caliamoci nel caso specifico, visto che posso riportarti l’esperienza mia e di altri amici che come me sono saliti sulla medesima Cima de la Gardesana, in tempi diversi e con o senza bolli. Qui ci sono palesemente delle “motivazioni storiche”, come dici tu, visto che fino a pochi anni or sono la cima non era segnata e poi è stata bollata in modo indecente (i bolli erano molto più numerosi di quanto tu possa aver visto). Stiamo parlando di una cima, non di un sentiero! E allora la domanda che viene naturale è: perché segnare questa via normale?

    I bolli sono stati cancellati (malamente: si poteva far meglio) per rimediare ad un evidente danno. Per ripristinare “una salita alpinistica priva di segnalazioni”. Similmente so che ci si è mossi in Oltre Piave, nei fatti citati nel cappello al tuo articolo, anche se lì la situazione ha delle particolari aggravanti; ed anche altrove si sono verificate gravi deturpazioni, ben diverse dall’opera di segnalazione che contraddistingue i normali sentieri. La verità e che chi ha bollato la salita alla Gardesana si è arrogato il diritto di modificare l’ambiente a proprio piacimento, di fatto violando la libertà altrui. La libertà, in sostanza, di poter vivere la montagna in modo completo: scegliendo i percorsi segnati o meno, non venendo guidati ad ogni passo da chi ci vuole per forza di cosa stupidi. Se i sentieri – e qui parlo dei normali sentieri – scompaiono non è colpa della mancanza di bolli, e non saranno i segni di vernice a salvarli: come dici tu si tratta di luoghi ostici, pensare di mantenere vivi certi percorsi bollandoli è un’idiozia, perché non è dimostrato che questo porti più frequentatori mentre invece è dimostrabile che porta frequentatori meno esperti. Meno esperti perché non possono fare l’esperienza di trovare da sé il percorso, perché sono guidati a forza dai bolli.

    Tu poni delle domande. Vuoi la montagna tutta per te? Non vuoi lasciare traccia di passaggio umano? E se uno si ammazza perché mancano i bolli? Queste sono domande mal poste. L’ultima, poi, è un nonsense che sovverte il rapporto causa-effetto. A me vengono invece in mente altre domande. Se trovavi la teoria di bolli che c’era prima avresti riportato la stessa soddisfazione? E se non trovavi bolli o ometti avresti forse rinunciato? E in tal caso sarebbe stato un male? Avresti preferito riuscire anche a costo di qualche bollo ben messo? E tornando, hai pensato a buttare giù i numerosi ometti che hai eretto salendo? Non dico che avresti dovuto farlo, ma ti è venuto il pensiero? Beninteso, non ti sto ponendo sotto inchiesta, sono domande che faccio a me stesso, adesso e ogni volta che vado in montagna. Anch’io non ho tutte le risposte in tasca, ma una cosa la credo di sicuro: non c’è bisogno di una falsa sicurezza imposta, ma di una sicurezza reale che viene da noi stessi e dalla nostra esperienza. Ogni escursionista ha bisogno di imparare ad andare in montagna, ognuno solo entro i propri limiti e non entro quelli che altri vorrebbero imporre.

    Chissà cosa direbbe Angelini dei suoi “umili sentieri”, lui che già metteva in guardia sul possibile abuso di questi segni rossi, di queste molliche di pane da cui sembra non riusciamo ad affrancarci almeno nei luoghi più liberi.

    • Andrea Perini
      Andrea Perini Autore il30 settembre 2015

      Mi sembra interessante questo cambio di prospettiva: perché fare i bolli? E francamente non saprei rispondere a questa domanda, bisognerebbe sentire il parere di chi i bolli li fa. Personalmente non mi permetterei mai di fare dei bolli, però devo ammettere il mio peccato: percorrendo la montagna da solo mi è capitato di sentirmi rassicurato nel vedere un qualche segno (un ramo spezzato, un ometto o anche un bollo) ai piedi del passaggio di arrampicata, al termine di una cengetta o dentro un canalino che mi confermasse di essere sulla pista giusta. Sono d’accordo che la presenza massiva di segni al di fuori dei sentieri numerati possa essere inopportuna, ma d’altro canto non mi sono mai sentito offeso se lungo la salita trovo un bollo ogni tanto. Nella fattispecie, partendo per questa cima non mi aspettavo ci fossero dei bolli ed ero pronto a vedere fin dove riuscivo ad arrivare con quello che c’era e con le mie capacità; facendo la salita ora mi sono trovato di fronte a una cosa “cancellata”, se invece avessi ripetuto la salita trovandoci dei bolli che prima non c’erano mi sarei trovato di fronte a una cosa “fatta” e forse le mie riflessioni e le mie domande si sarebbero sviluppate differentemente; ho comunque cercato di condividere quelle riflessioni. In quanto agli ometti, mi sono limitato a sistemare quelli già presenti senza aggiungere nulla, e sinceramente non mi è proprio venuto in mente di buttarli giù tornando indietro. Grazie per aver stimolato nuove domande.

  15. Luca Visentini il30 settembre 2015

    No, spiegami tu, piuttosto, le ragioni delle verniciate. Hai percorso tutte le Alte Vie delle Dolomiti, e non hai mai sentito parlare di “wilderness”? Scrivi in un blog di montagna e non conosci, a partire dalle Tavole di Courmayeur, tutti gli sforzi e le risoluzioni del Club Alpino Italiano, per esempio, a tutela delle poche e ultime montagne selvagge rimasteci in Italia? Hai tutta questa passione per la natura alpina e arrivi a scrivere “non dappertutto i segni di vernice sono uno scempio, ad esempio quando indicano la via di ascesa ad una cima senza essere invasivi”. Mai sentito parlare di alpinismo, autonomia, orientamento, avventura, libertà, eccetera eccetera, cioè di tutte le ragioni per cui fin poco tempo fa si andava in montagna. Non so se ci sei, o ci fai. E stai comunque tranquillo: non cancelliamo i bolli e le frecce da tutte le cime dolomitiche, né smantelliamo le ferrate o i percorsi oramai divenuti classici e iperfrequentati. Per cui, ribadisco, non gettare fumo negli occhi… Cancelliamo soltanto le recenti verniciature che hanno preso di mira proprio le ultime montagne rimaste incontaminate (ogni gruppo dolomitico ha il suo zelante missionario, che in realtà vuole soltanto lasciare traccia del proprio passaggio: mai letto “L’immortalità” di Milan Kundera?).

    • Redazione altitudini.it
      Redazione altitudini.it il30 settembre 2015

      Luca, la frase “Non dappertutto i segni di vernice sono uno scempio, ad esempio quando indicano la via di ascesa ad una cima senza essere invasivi” che appare nella introduzione del post è da attribuire alla ns. redazione e non ad Andrea Perini, l’autore del post. Con tale frase volevamo segnalare che c’è anche chi ritiene che, in alcuni casi, i “bolli” siano utili. Non è però il pensiero della redazione di altitudini. – red. altitudini.it

      • Luca Visentini il30 settembre 2015

        Grazie per la precisazione, ciao a voi e ad Andrea Perini, Luca.

  16. Luca Visentini il30 settembre 2015

    Spero che i tuoi ometti, al ritorno, li abbia buttati giù. Perché se fanno tutti come te, e in tanti, troppi, fanno come te, la montagna si ritrova non con qualche ometto che indica il percorso nei momenti dubbi per l’orientamento, ma con centinaia e centinaia di ometti, uno dietro l’altro, che dall’alto sembrano le scritte dei nomi propri tipo Lago Coldai. Poi penso che quanto tu scrivi sia fumo negli occhi e non tenga conto di anni e anni di discussioni e conclusioni ecologiste, anche da parte del club alpino, riguardo alla montagna.

    • Andrea Perini
      Andrea Perini Autore il30 settembre 2015

      Penso che si dovrebbe trovare il giusto equilibrio tra segnare la via come una pista d’atterraggio e eliminare sistematicamente le tracce di passaggio. Per quanto mi riguarda ho semplicemente sistemato un po’ gli ometti mezzi crollati o quelli assolutamente poco evidenti, senza aggiungere nulla di più a quanto già c’era. Sicuramente mi mancano la sua esperienza e la sua conoscenza in fatto di montagna e non ho potuto seguire gli anni di discussioni; proprio per questo domandavo di capire quali possano essere le ragioni di bolli e martellate. Grazie del commento.

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