La stufa scrocchia, prende temperatura un po’ alla volta, i ciocchi ardono bene ma la stanza è ancora piuttosto freddina. Fuori c’è chi sgomma e manda su di giri il motore, ma quando nevica a fondovalle c’è sempre chi lo fa.
E’ un pomeriggio che ha dell’incredibile questo, fuori dalla normalità di una quotidianità entrata nel nostro modo di vivere in maniera viscerale nonché subdola. Subdola perché non ci si rende conto delle comodità moderne finché non capita una giornata come questa.
Ieri ha nevicato, ha nevicato dalle 5 di mattina alle 22 di sera. E’ scesa copiosa, abbondante a farmi felice, a coprire di silenzio le cose del paese, gli alberi, il letto del fiume, quei quattro pettirossi infreddoliti che ancora si ostinano a volare per l’abitato.
E’ scesa sui rami del caco, sui meli dei campi, sul noce di mio suocero. Poi è diventata pioggia, quella in cielo, cemento fluido quella già posata.
Noi, già a letto, non abbiamo capito cosa stava succedendo, il finimondo per qualcuno, i più pessimisti, un modo per aprire gli occhi per altri, e io rientro tra questi ultimi.
Portare mio figlio a spasso per il paese in sella alla slitta è un lusso, nel centro della strada maestra sapendo che quando scende bianca in pochi si muovono. Le strade son distrutte, piene di dossi, bianchi e ghiacciati. Anche stavolta chi doveva spalare non ha svolto al meglio il suo compito. Ma per me possono anche fare a meno.
Passa la notte, fuori da silente nevicata si è trasformato tutto in temporale.
Stamattina mi son recato al lavoro. Due sbalzi di tensione per la gioia del mio PC e poi il nulla, chiuse le comunicazioni, chiuse nel vero senso della parola: non funzionano cellulari, telefoni, internet, luci. Penso sia una cosa temporanea e quindi mi metto a spalare il vialetto della simpatica signora di fronte, nessuno glielo farebbe altrimenti.
Corrente niente.
Allora mi gusto in pace il caffè offerto quale ricompensa, senza patemi di dover stampare, salvare, plottare, perché nessuno chiamerà e se mandano una email, pace, tanto non posso leggerla.
Senza corrente ci riprendiamo il nostro tempo.
Il resto della mattina passa pulendo il mio ufficio. Le cataste di scartoffie erano lì da anni ma i ritmi serrati non mi lasciavano mai spazio per metterci mano.
Un cliente passa in ufficio a parlare con il mio socio. Ha sfidato le strade bianche e la gente inferocita, pretende il suo certificato ad ogni costo. Propone perfino di prendere i nostri PC e portarli a Tolmezzo per finire il lavoro presso di lui.
Io rido. Rido proprio tanto. Si arrampica sugli specchi, le tenta tutte, “dannata tecnologia”, e se ne va con la coda tra le gambe.
La corrente elettrica ancora latita.
Mi reco dalla suocera a recuperare il mio marmocchietto, lui non ha nulla da ridire su strade poco pulite o corrente assente, mentre mia suocera rasenta la pazzia. “Siamo isolati!” Nemmeno un messaggino ho potuto inviare, non siamo riusciti a vedere i cartoni, etc. etc. Con fare paterno la rincuoro, “vedrai che tornerà in breve la corrente dai!”. Adesso, dopo 5 ore, non è ancora tornata.
Sto scrivendo “alla vecchia” su di un pezzo di carta, alla luce di una candela con i miei gatti vicino a farmi compagnia.
Questa la considero un’occasione quasi unica di fare un salto nel tempo a quando la corrente elettrica era una tecnologia futuristica. Vivere, ovviamente con le dovute differenze, quello che provavano prima dell’avvento dell’era digitale.
Quest’estate ho avuto un’occasione simile per fare un salto nel tempo. Era una sera d’agosto, c’è stato lo spettacolo pirotecnico del paese. Sdraiato nel mio letto ho lasciato la porta aperta sull’esterno, i botti secchi dei fuochi d’artificio entravano prepotenti nella mia camera. Ho chiuso gli occhi immaginandomi all’interno di una tenda degli alpini durante il primo conflitto mondiale. Un’esperienza inquietante. Si lo so, non sono molto sano di mente, a volte. Nella mia brandina sentivo vicino lo scoppio degli shrapnell, poi il cannoneggiare dei 75 mm e su tutto i tuoni delle bombarde. Quanto odio, pensare ai miei commilitoni in prima linea mi fa chiedere perché?
Stasera cenerò al lume di candela con la mia famiglia. Spero che l’elettricità non torni, almeno fino a domani.
Ho già messo sul davanzale esterno le cose che erano in frigorifero, li staranno bene di sicuro. Il fuoco è acceso. Giocherò con mio figlio con qualche giocattolo e la scatola della TV sarà solo una muta spettatrice delle sue risate.
Un accendino in tasca servirà di sicuro ad accendere qualche candela consumatasi.
Prima, quando in cantina ho riempito di legna il contenitore in plastica per portarla di sopra, avevo in testa la luce frontale. Uscendo dalla stanza automatico è partito il gesto di calcare l’interruttore per spegnere la luce. Ma la luce era già spenta. Siamo veramente condizionati nei gesti e nel pensare.
Scalderò qualche pentola d’acqua sul fuoco per lavarmi e passerò la scopa dopo la cena in cucina, dell’aspirapolvere non se ne parla. Il pigiama al bimbo lo metterò qua vicino al fuoco, la stufa elettrica non va.
Altre necessità non ce ne saranno. Alla fine basta poco per vivere felici.
Sottrarre al “tanto” per stare meglio, o forse meglio dire al “troppo”?
Sarebbe meglio fermarci un attimo, come oggi, e pensare se ne vale veramente la pena, ridurci così, come automi. La nostra natura è diversa. A farcene una ragione vivremmo di sicuro meglio.
Ritorno al futuro, come vivere un’avventura semplicemente stando a casa propria e staccando la spina.
Me la voglio proprio gustare quest’occasione.
6 commento/i dai lettori
Partecipa alla discussioneA proposito di… “PC, I-pod, tablet, tante cose a mio avviso inutili che un sacco di persone reputano oramai indispensabili”… ci sarebbe da prendere in considerazione la possibilità che siano cose “potenzialmente utili”. Purtroppo un sacco di persone trovano indispensabile usarle in modo inutile.
Un racconto come questo dovrebbe motivare qualcuno a rendersene conto e a mostrare come si potrebbero usare per migliorare il sistema in cui viviamo.
Nonno Luigi
Post Scriptum – Devo aver dimenticato di cliccare “Rispondi”, sul commento di Omar Gubeila che contiene la frase…”PC, I-pod, tablet, tante cose a mio avviso inutili che un sacco di persone reputano oramai indispensabili”… Ho ripubblicato il mio commento al racconto via Google Plus: https://plus.google.com/u/0/110363898125072935054/posts/TxqppVM6jN2
Ciao Omar sono Francesca Loschi (e da 7 anni vivo a FORNI DI SOPRA) e trovo che, per ritrovare il nostro tempo come dici tu, non serva un black out! riflettiamo su quanto i problemi della montagna non vengano risolti ma rimandati da anno in anno. Secondo tè perchè ogni volta che nevica, indipendentemente da quanta ne venga, la corrente va via? siamo nel 2014 e, con tutti i macchinari a disposizione, non riusciamo a tagliare gli alberi lungo le linee eletricche ma c’è un continuo rimbalzo di colpe tra privati e enel. Altro che romanticismo! io la trovo squllida realtà di una montagna sempre più abbandonata.
Ciao Francesca, scrivendo questo post immaginavo già che non tutti condividessero il mio modo si pensare “romantico” (mettiamola così…) Sono conscio infatti che l’energia elettrica per alcune persone in particolare rappresenti un’elemento vitale. I miei pensieri, tuttavia, vogliono porre l’attenzione su quanto di inutile ci circondi e che crediamo necessario. All’inizio c’era il telefono, dopo il cellulare, che si è fatto sempre più piccolo, adesso torna ad essere più grande possibile, PC, I-pod, tablet, tante cose a mio avviso inutili che un sacco di persone reputano oramai indispensabili…. In particolare le nuove generazioni. Un esempio vicino alla mia famiglia: una mia parente ventenne se n’è uscita con un “se non torna la corrente dò di matto che non posso andare in internet”. Non credo servano commenti! Altro discorso, e qua mi tiro dentro anche io come carnico, è quello della cura della nostra terra e le nostre origini.. Tanti problemi alle linee elettriche sono stati causati dalla caduta di alberi e ramaglie sulle stesse. Il cerchio torna a chiudersi e mi spiego: i proprietari dei boschi non prendono più in mano la motosega per tenerli puliti perchè preferiscono riempire la cisterna del gasolio o aprire di più il rubinetto del gas.. Per contro però si lamentano dei costi sempre in aumento e quando la Ditta erogatrice informa che comincerà la pulizia dei tracciati, viene fuori la guerra dei poveri e le conseguenze si vedono. io dico solo una cosa, qua in montagna non possiamo paragonarci in tutto e per tutto alla gente di pianura. Le nostre origini sono differenti e il territorio che abitiamo è diverso, lo era lo è e sarà sempre così. un territorio che offre grandi risorse ma che qua in Carnia, ancora, non sappiamo sfruttare come i nostri confinanti (vedasi tirolo e zone turistiche del Veneto). E le opportunità ci sarebbero. Ciao e grazie del tuo commento.
Ciao Omar, leggere questo articolo è stato come vivere una bella avventura, rinunciare alle comodità del progresso (energia elettrica ecc..) non credo sia una cosa positiva, ma imporsi dei limiti che ti permettano di apprezzare le cose importanti della vita (figli famiglia natura) dovrebbe rientrare nella regola per qualunque persona.
Ciao Omar, leggendo il tuo racconto rivivo un’esperienza simile accaduta nel mio paese e in tutta la provincia di Ferrara nel 2010. Dopo una nevicata record per queste zone, siamo rimasti senza luce e riscaldamento per 24h: le cose che erano in frigorifero hanno trovato posto sul davanzale, qualche pentola sul fuoco con l’acqua per lavarsi e cena a lume di candela e lampade a petrolio della bisnonna. Tutti raccolti in cucina,compreso un amico che era venuto a farmi visita in cerca di compagnia, ci raccontavamo storie di quando non c’era la luce elettrica e come dovevano vivere i nostri nonni senza questa comodità a noi così “indispensabile”: si era creata un’atmosfera “magica” come se fossimo tornati indietro di 70 anni….tutto ad un tratto “FLASH” ritorna la luce a risvegliarci dal nostro viaggio..All’unisono abbiamo esclamato:” Ma cos’è tutta questa luce!!” e senza pensarci un attimo abbiamo spento tutto quello che era acceso ed abbiamo terminato la nostra serata a lume di candela.
E’ proprio vero come dici tu: con poco si sta meglio.