A salire un quattromila, io, non ci avevo mai pensato.

Ho iniziato ad andare in montagna relativamente tardi, ben dopo i trent’anni per intenderci, ed ero ben contenta di fare giri ad anello o gite ai rifugi. Sinceramente queste cose mi danno ancora grande gioia, devo dire.
Grazie al Carma, che ha uno spirito più alpinistico di me, ho comunque salito tante cime che, per quanto facili, non avrei mai raggiunto senza di lui. Ma ogni volta che arrivo in vetta la soddisfazione si mischia con un lieve disagio che non so ben spiegare.
Poco tempo fa ho visto un bellissimo film su Antoine Le Ménestrel che, durante una delle sue performance urbane, a un certo punto, abbarbicato a un balcone, dice qualcosa del tipo: “Potrei salire di più, ma scendo qui. In questa società bisogna sempre avere di più comprare di più, fare di più, viaggiare di più. Io mi fermo qui e scendo”.
Ecco, credo che il mio disagio abbia a che fare in qualche modo con questo. E volendo fare la psicologa dei poveri da sola, forse anche il fatto di soffrire le vertigini è una forma di rifiuto profondo di questo modello. Chi lo sa.
D’altro canto, tutto ciò non significa affatto che almeno una parte di me non senta il richiamo delle cime, altrimenti il Breithorn Occidentale – il quattromila più facile delle alpi – non l’avrei mai salito. E invece.

E invece eccoci svegli alle 4.00

il giorno di Ferragosto destinazione Cevinia, per cercare di prendere la prima funivia che porta al Plateau Rosa. La scelta del giorno di Ferragosto si è rivelata buona, il numero di cordate che abbiamo incontrato era relativamente limitato e anche gli sciatori sul ghiacciaio decisamente pochi. Il Cervino si è quasi subito nascosto dietro una simpatica coltre di nuvole e adieu, ma per fortuna, giunti al Plateau Rosa, il mare di nubi è sotto di noi e la giornata promette davvero bene.
Dal rifugio delle Guide (3480 m) si attraversano gli impianti di risalita (purtroppo) in direzione del Colle del Breithorn. Pur amando sciare a Cervinia, devo dire che lo scempio fatto è davvero notevole e serve una certa capacità di astrazione per godere comunque dell’ambiente in cui siamo immersi che, tolto tutto, è e rimane splendido.

Colle del Breithorn

Colle del Breithorn

Una volta al Colle, finalmente,

non c’è più traccia di impianti e il panorama sul gruppo del Breithorn è strepitoso. Qui si attraversa un ampio pianoro ghiacciato tenendosi sulla destra per evitare una zona crepacciata e solo alla fine si svolta a sinistra, verso il grosso panettone del Breithorn (diciamolo, il Breithorn Occidentale ha una sua dignità estetica di cima visto dal Teodulo, da qui pare proprio un “tondone”). Poco prima di affrontare l’ultimo e più faticoso pezzo di salita, io e il Carma ci leghiamo e incredibilmente faccio il nodo a otto giusto al primo colpo! Tra l’altro sono anche molto contenta perché non sono particolarmente stanca e la quota non mi fa soffrire granché.
Iniziamo così a salire seguendo la traccia che taglia in diagonale la montagna e ignorando quella che sale al Breithorn Centrale. Dopo poco, io tolgo i guanti da sci perché fa troppo caldo e metto quelli di pile, il Carma invece toglie i ramponi perché si forma lo zoccolo sotto e prosegue così.
Poco prima della cima la traccia piega decisamente a destra e la vetta (4168 m) si raggiunge risalendo l’ampia spalla con un po’ di fatica. Credo sia impossibile trovare questa vetta deserta, ma nonostante tutto c’è spazio sufficiente per sedersi a sbocconcellare qualcosa (fame zero in ogni caso) e fare un po’ di foto.

In cima al Breithorn occidentale (4168 m)

In cima al Breithorn Occidentale (4168 m)

Prima di scendere guardo un po’ la cresta

che va verso il Breithorn Centrale. In realtà c’è solo un breve tratto davvero affilato, per il resto sembra pure fattibile. Alla fine però mi sembra di aver già fatto tanto e così decidiamo di scendere per la medesima strada.
La giornata si mantiene buona e la discesa è decisamente meno faticosa. Chiacchiero con due signori che fanno progetti su che vino stappare per festeggiare la cima mentre io ho ancora in mente la cresta.
A Plateau Rosa le nubi sono un po’ più basse, togliamo tutta la ferraglia e ci prepariamo per scendere in funivia. Il Carma ha capito benissimo che ci sono rimasta male per non aver fatto la cresta e allora dice che quest’inverno facciamo allenamento e poi mi ci porta. Pensandoci potevo anche forzarmi un po’ di più.
Pensandoci meglio, quando riuscirò a raggiungere un traguardo senza pensare ad altri che non ho raggiunto sarà più o meno come aver salito l’Everest, non puoi andare più in alto.

Breithorn centrale

Breithorn Centrale

Simonetta Radice autore del post

Simonetta Radice | Giornalista pubblicista, addetta comunicazione. Da sempre amo la montagna e tutto ciò che ha a che fare con essa. La libertà è un poco al di là delle tue paure. Vivo tra Milano e Gignese (VB) e questo è il mio blog http://estateindiana.wordpress.com/

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