Il vento sibila forte e spazza i pendii ghiacciati del comprensorio del Monte Rosa.
Dieci ore prima ero sceso dalla splendida Piramide Vincent ed ora il concerto degli elementi risulta essere solo un’ulteriore causa di insonnia.
Dentro la mia camera, al rifugio Città di Mantova, a 3500 m, rannicchiato nel mio sacco a pelo, sono percorso da brividi freddi e pungenti. Guardo ansiosamente l’orologio deprecando il lento scorrere delle ore. Di tanto in tanto emergo dalla mia crisalide perché il brivido freddo mi fa sudare più del dovuto. Non c’è dubbio: sono in ansia per domani. Domani è il giorno della vetta, domani proverò a realizzare il sogno che avevo da bambino: il Monte Rosa mio per qualche minuto.
Dannatamente spesso, forse dieci volte in un’ora, mi chiedo se ce la farò, se il mio corpo andrà fin lassù o se dovrò arrendermi all’inferiorità del mio essere rispetto alla Montagna. Oggi ho faticato e domani sarà molto più difficile.
«No, domani salirò con le unghie e con i denti se sarà necessario! A costo di tornare strisciando, non farò svanire nel nulla mesi di allenamenti ed uscite.»
Il martellante tintinnio della finestrella
causato dalle forti raffiche di vento assomiglia al mio cuore impazzito. Mi assale un senso di nausea e di inadeguatezza. Ho capito, sta arrivando la mia amica-nemica ansia. Mi sta venendo a trovare nel momento più difficile!
«E che sarà mai?» esclamo.
Mi metto seduto sul letto e mi appoggio alla parete della camera.
«Ora io e te facciamo un discorsetto!»
Respiri lunghi ed affannosi mi inducono a più miti consigli e ad impostare il dialogo su basi più civili. Sono un tipo istintivo e, forse, impulsivo, ma qui è bene chetarsi. La rabbia potrebbe essere cattiva consigliera.
Ripercorro i momenti più belli che ho trascorso nei mesi precedenti, le salite al Grossglockner e all’Ortles, gli insegnamenti di Marco, la Guida Alpina e Maestro.
Prendo coraggio.
«Perché devi farmi patire proprio ora? Perché in montagna?»
«Non guardare a me! Io sono te! Mi chiami insistentemente ogni volta che desideri qualcosa. E ora sono qui in tua compagnia sul Rosa. Saliamo assieme?»
«Sì, come no?! Il guaio è che se non mi fai dormire io come diavolo faccio a realizzare il mio sogno?»
«Non preoccuparti! Ti ho già detto che sei tu che mi cerchi. Io non faccio altro che darti forza quando ti serve. Che te la tolga è solo un tuo pensiero a corto raggio.»
«Ho capito ma ora non sto molto bene. Sono stanco e mi costringi a rimanere sveglio! E alle 3.10 devo essere in piedi!»
«Ti preoccupi perché non stai riposando? Suvvia! Non stai attaccando il K2! Datti una calmata e vieni con me.»
Una melodia disgustosa mi impedisce di dare una risposta. È la sveglia del mio cellulare! Si parte! Mi vesto velocemente, bevo un po’ di the caldo ed ingurgito a fatica una barretta energetica. Calzati i ramponi, parto legato al mio maestro da primo di cordata.
Si prospetta una giornata stupenda;
il vento ha calato di molto l’intensità e una miriade di stelle illuminano la traccia segnata sul ghiacciaio. Mi sorprendo della mia velocità, nonostante un ritmo alle volte incostante. I minuti scorrono più velocemente, tanto che l’alba e il primo tepore di giornata arrivano ben presto a darmi conforto. Spaventosi crepacci restano lì come monito; chi comanda in certi luoghi non è l’uomo. Splendidi seracchi vincono, chissà per quanto ancora, la forza di gravità mentre bizzarre strutture di ghiaccio mi suscitano simpatia e, al tempo stesso, un senso di timore e di inferiorità.
«La vetta! Mio Dio è vicina! Ancora poco, ancora uno sforzo. Ci sono quasi! No, non devo piangere.»
Di nuovo quella disgustosa melodia. Ma non l’avevo eliminata una volta disattivata la sveglia?»
Estraggo dalla tasca il cellulare sperando che Marco non veda. Non dovrei farlo in certe situazioni ma il suono è davvero fastidioso. Mi accingo a spegnerlo: leggo le 3.10.
«Piaciuto il sogno Ale? E ora in piedi! Per realizzarlo!»
2 commento/i dai lettori
Partecipa alla discussioneCerte notti sono più faticose delle salite del giorno seguente, ma se il sogno si realizza la fatica rimane solo un ricordo.
Il racconto è scritto con un pizzico di piacevole suspence. Bello! Ma il sogno si è poi realizzato?
Certo che si è realizzato, te lo confermo: con una lacrima e con i denti stretti la vetta è stata raggiunta! Nei giorni seguenti era quasi “drogato”, non parlava che di questo; ci ha lasciato il cuore, come probabilmente capita in questi casi.
La Montagna dà emozioni uniche.