“Non ci si bagna mai due volte sulle stesse acque”, affermava Eraclito.
Ed io ci credo. Per questo dopo aver consultato le previsioni meteorologiche propongo a mio marito di ripetere la via normale della Croda di Pausa Marza, nel gruppo del Cristallo.
L’indomani ci svegliamo molto presto, la luna ancora occhieggia, sorridendo, in cielo. Arriviamo a Misurina, il sole nascosto da densi nuvoloni inizia a riscaldare l’aria, e ci incamminiamo verso l’ex-rifugio Popena.
Per la maggior parte del tempo ascoltiamo i suoni familiari della natura che si risveglia finché giungiamo al “luogo del misfatto” (come lo definisce mio marito). Deglutisco e, senza commenti, attraverso quei pochi metri di sentiero spiovente che, quasi un anno fa, mi sono costati quaranta giorni di gesso e tre tristi mesi di lontananza dalle montagne. E’andata.
Sollevati continuiamo il nostro avvicinamento. Mio marito, enciclopedia alpina vivente, enumera le cime che si stagliano all’orizzonte raccontandomi dettagli e aneddoti su alpinisti famosi che le hanno salite.
Io rubo con la macchina fotografica la bellezza
dei fiori che si offrono ai nostri occhi, anche su queste magre pale.
Oltre i ruderi del rifugio mi indica la Croda che abbiamo deciso di salire e insieme individuiamo la via. Attraversiamo verso il Corno d’Angolo e risaliamo il breve ghiaione che porta alla cengia. Sono serena e tranquilla. Ci prepariamo con il materiale da scalata e iniziamo.
La via è breve e facile ma raggiunge una cima poco frequentata. E questo la rende speciale.
Mentre attendo che mio marito raggiunga la sosta ammiro il paesaggio intorno e mi perdo nel silenzio di quei minuti. La voce che proviene dall’alto mi invita a mollare tutto.
Poche parole. Quelle essenziali per non confondere e accordarsi, poi salgo in silenzio lasciandomi trasportare dal gesto e seguendo l’istinto nel cercare la via più semplice. Essenzialità, semplicità, silenzio sono qualità che amo della montagna. La confusione, l’apparenza, la complessità le lascio agli altri, anche quando sono a valle.
Pochissimi tiri di corda e siamo in cima. Le nuvole, gentili, si aprono e ci regalano degli scorci fantastici. In quel momento tutto diventa naturale.
Alcune volte durante una faticosa salita, di fronte alla complessità di alcuni passaggi in arrampicata o mentre ritorniamo sotto la pioggia con lo zaino che pare pesare il doppio mi chiedo perché vado in montagna.
Nella mente rimbalzano molte risposte:
per la bellezza dell’incontro inaspettato con alcuni animali selvatici, per il calore di un tramonto o per il silenzio rassicurante di una cima,… ma sono tutte risposte incomplete. La risposta vera è semplice, quasi banale: mi piace.
Vado in montagna, e ci torno ogni che volta che posso, perché semplicemente mi piace e questo mi rende felice.
Anche oggi la domanda bussa nella testa ma la risposta arriva subito: mi piace.
Abbraccio mio marito e dopo alcune foto iniziamo la discesa. Solo due corde doppie, che diventano un po’ laboriose perché il nodo di giuntura si incastra in una fessura, ci separano dal sentiero. Anche questo fa parte del gioco.
Il ritorno è tranquillo e “il luogo del misfatto” non esiste più. Ci sono nuovi orizzonti da scoprire, diversi sentieri da percorrere, fiori e animali da proteggere.
Ci sono solo le montagne e la loro semplice ed essenziale bellezza che si regala a me senza riserve e mi rende felice.
35 commento/i dai lettori
Partecipa alla discussioneBrava mamma come sempre :)
Andiamo in montagna domani?
Grazie. Un’unica parola per ringraziare chi ha letto e chi ha lasciato anche un commento al mio post.
Elisabetta
Quale serenità può dare la montagna se già la lettura di questo racconto ( molto piacevole) mi porta al sorriso?
Questo racconto può avere anche un’altra chiave di lettura: ci si può avvicinare “semplicemente” alla montagna, senza timori, da veri Neofiti, con poca esperienza nello zaino ma tanto rispetto per la montagna e tutto ciò che la circonda. Solo con questo approccio si verrà “semplicemente” ripagati dalla bellezza della natura.
il racconto rende pienamente l’atmosfera di quieta felicita’ che la montagna sa offrire a chi la frequenta con purezza di mente e di cuore. Bello e condivisibile!
E’ proprio vero, il racconto mi fa ricordare il piacere appagante, la sensazione di benessere, dopo la fatica, del raggiungere una meta, un rifugio, una cima. E mi fa sentire la nostalgia e la voglia di ritornarci dopo tanto tempo. Toccanti le fotografie.
Quel “mi piace” contiene tutto: non servono altre parole per definire la bellezza di andare in montagna!
E’ “semplicemente” questa, la passione per la montagna.
Mi piace! Leggere mi ha fatto rivivere sensazioni riposte da un po’ nel cassetto…o nello zaino!
Sembra di salire insieme, respirare l’aria frizzante, e , nel silenzio, contemplare le cime e la natura intorno. Bello!
Se questo post fosse intitolato qualcosa come “Arditamente, mi piacerebbe” …. quella quasi impercettibile osservazione conclusiva ….. “Ci sono nuovi orizzonti da scoprire” …. magari potrebbe preludere a un seguito …
Credo ci siano sempre “nuovi orizzonti da scoprire”, anche solo fuori della porta di casa. Basta aver occhi per vederli.
Dall lettura di questo racconto appare nitida la bellezza dei luoghi amati …delle vette raggiunte..delle difficoltà superate…bello!!!!
bellissimo racconto
Sono semplici parole ma esprimono la serenità e la gioia di andare in montagna
Alle volte usiamo termini ed agettivi per esprimere cose molto semplici.
Questo racconto ne e’ la prova.
Andiamo in montagna semplicemente perche’ ci piace, facile o difficile che sia,
perche ci fa’ star bene con noi stessi,con gli altri e con la natura che troppo
spesso altrattiamo.
Semplicemente….
la semplice bellezza della montagna, è proprio ben raccontata! consapevoli dei propri limiti, per andare oltre i propri limiti e raggiungere la vetta! per poi ridiscender, carichi di una nuova esperienza, proiettati verso altre esperienze.
semplicemente, emozionante!
no more talks, i like it!
anch’io durante le salite più faticose mi chiedo chi me lo ha fatto fare……….
ma una volta raggiunta la cima la risposta arriva immediata: perchè mi piace!
L’essenziale bellezza…lo scorcio nelle nuvole…il piacere del silenzio…che dire semplicemente piacevole
il racconto mi ha fatto rivivere sensazioni già vissute, di una montagna reale nella gentilezza dei fiori, l’eleganza degli animali, albe e tramonti, ma anche nella sua corposità e durezza quando le mani i nel massimo sforzo si aggrappano stringendo sino a sentire dolore. Questa è la montagna che amo e vivo.
Senza ricercare e scomodare profondi e complessi pensieri e ” pensatori ” è vero!
Andare in montagna perchè ci piace ,è la maniera piu’ semplice e reale:
“Ci sono nuovi orizzonti da scoprire”
tipo …
per continuare ad avere una montagna reale che ci piace …. dovremo inventarcene una virtuale
O no?
Inventarsi una montagna virtuale?
l’informatica non-ancora-di-consumo dovrebbe averci insegnato che si tratta di una questione di gestione della montagna reale, se la memoria non m’inganna … ;-)
Eppure la montagna è prima di tutto mentale, culturale. Bisogna immaginarla prima di salirci. Senza questo corredo scalare una montagna sarebbe solo una fatica insensata e inutilmente rischiosa, proprio come appare a chi non condivide una “cultura della montagna” che è importante quanto l’esperienza diretta, altrimenti non avrebbe senso scrivere di montagna e promuovere un blogger contest :-)
C’è da augurarsi che da questo “blogger contest” possa emergere ben chiara l’importanza di un “cultura della montagna”, grazie alla quale si può rispondere “perché mi piace” alla riflessione, letta in questo post, che dice ….. “di fronte alla complessità di alcuni passaggi in arrampicata o mentre ritorniamo sotto la pioggia con lo zaino che pare pesare il doppio mi chiedo perché vado in montagna.”
Per me, nonno, è stramaledettamente importante che questo tipo di cultura venga assorbito dai giovani, nativi digitali, che rispondono SOLO “perché mi piace” a domande tipo: “perché vuoi l’i-pad?” oppure “perché vuoi farti un account FaceBook?”.
Se è vero che dobbiamo andare verso un’economia della conoscenza è anche vero che i giovani non sanno ancora che alla conoscenza si arriva [metaforicamente] “arrampicando” … non “acquistandola” … come se fosse un gadget.
Esiste gia la “montagna virtuale” basta accendere il PC . Bisogna invece frequentare la “montagna reale” quella fatta di “terra e roccia” e poi metterci del nostro per renderla “Speciale”
Se fosse semplice come accendere un PC la frase “Ci sono NUOVI orizzonti da scoprire, DIVERSI sentieri da percorrere, fiori e animali da PROTEGGERE” in questo post non ci sarebbe. Secondo me.
Infatti è troppo semplice parlare di: proteggere, scoprire, percorrere. Seduti (come me adesso) davanti al PC. In maniera virtuale, si puo’ solo parlarne, se invece tutti i frequentatori della ” montagna reale” si impegnassero sul serio, semplicemente pensando a cosa produce un banale gesto, buttare la carta o la sigaretta, o arrivare col SUV piu in alto possibile e tanto altro… Tutti potremmo percorrere e scoprire proteggendo quello che amiamo.
Per tentare di chiarire perché la dimensione “virtuale” potrebbe ottimizzare quella “reale” ho scritto un post su Agner & Dintorni, con un titolo “provisorio” e cercando di “fermare” alcune idee “iniziali” http://agneredintorni.blogspot.com/2013/09/rifugi-virtuali-per-un-futuro-montano.html
non mi serve una montagna virtuale non è sufficiente una vita per scoprire quanto quella reale può dare
Peccato che non possiamo capirci. A me servirebbe un’identità virtuale, come quella che vorrei assumere e condividere grazie al Web, proprio perché non mi è bastata un vita a permettermi di contibuire a mantenerla [la montagna reale] nelle condizioni che vorrei ci fossero ancora quando i miei nipoti saranno adulti. Ma purtroppo si fa fatica perfino a cercare di dirlo.
Perché un’identità virtuale? Il PC, tablet, ecc sono solo mezzi per supportare la nostra vita reale. È più facile scrivere che dare l’esempio. Credo che se tu hai cercato di trasmettere il rispetto per la natura con il tuo modo di vivere, questo sia stato più importante e concreto che scriverlo sul web. La scrittura sul web è “un di più” ma non la parte principale. Ben vengano siti come questo, e altri, scritti da persone che amano la montagna ma secondo me il nostro (mi ci metto anch’io) amore per la montagna o meglio per la Terra va dimostrato con l’esempio senza stancarsi di rinnovarlo ogni giorno.
Elisabetta
La scrittura sul web non può essere destinata solo alla lettura; il trasferimento dalla carta al digitale può permettere di scrivere anche cose “eseguibili”, cioè trasformabili in azione, da chi le legge. Un sito come questo può diventare idoneo a contenere testi eseguibili, come se fossero programmi, se i suoi gestori assimilano il concetto di virtuale. Quel concetto io l’ho assimilato nel corso degli anni ’70, aiutando gli utenti dei computer di allora. Il concetto di virtuale entrò nell’esperienza degli utenti della macchina, a loro insaputa, grazie all’evoluzione dei Sistemi Operativi. Nel caso delle macchine si trattò d’introdurre delle interfacce che permettevano di gestire memoria e periferiche “virtuali”. Nel caso di un sito come questo cosa si dovrà introdurre? L’identità “virtuale” di alcuni autori di testi? Ambienti d’incontro tra frequentatori del sito che funzionino come “rifugi virtuali”? La risposta è da cercare. Sul web l’argomento “virtuale” è trattato da un mare di documenti. Non sono riuscito a individuarne uno semplice e sintetico. Mi è piaciuto però questo http://www.descrittiva.it/calip/Bambini_reali_mondi_virtuali_Giannini.PDF …. come mi è piaciuto il tuo post, che ho citato su Agner & Dintorni, in http://agneredintorni.blogspot.com/2013/09/rifugi-virtuali-per-un-futuro-montano.html ….. Luigi