E che non dica che non l’avevo avvertito: passare la notte a bivacco Reali, sotto la cima

della Croda Grande, per salire in vetta con le pile frontali prima dell’alba e veder il sole sorgere da lassù, sarà pure bellissimo ma è una pazzia. Specie considerando che l’ultimo tratto, tutto su roccette, è disagevole già con la luce piena, figuriamoci alle cinque del mattino. Eppure questa volta, in un’insolita inversione di ruoli, è mio marito a trascinarmi nell’avventura.
Partiamo da S. Andrea alle tre del pomeriggio, carichi come muli: tra sacchi a pelo, fornellino da campo, pentolini, nonché quattro litri e mezzo d’acqua – non si sa mai che quella del nevaio lassù sia sporca – mi ritrovo uno zaino che, considerata la mia minuta struttura fisica, in termini di peso può considerarsi lui “la mia dolce metà”. Dato che ci aspettano 1300 metri di dislivello sotto il sole forse sarebbe meglio che imparassi una volta per tutte a limitare il bagaglio.
Superiamo il bivacco Menegazzi, adagiato su un prato degno di Heidi: il bello inizia adesso, con la ripidissima salita alla forcella dei Vani Alti su un sentiero davvero “da capre” – che infatti sono presenti in gran numero, a conferma di quanto detto sopra in merito alla pastorella svizzera.
Giusto perché chi ben comincia è a metà dell’opera, per errore seguiamo i vecchi segnavia, che ad un certo punto scompaiono. Il sentiero è ormai solo un taglio appena visibile sul costone sopra di noi: non resta che zampettare insieme alle capre suddette lungo un pendio tanto ripido che di mio marito, che mi cammina davanti, vedo solo le caviglie. Fortunatamente ritroviamo la strada, e guadagniamo il panorama sulla Val Canali che si apre dalla forcella.
Purtroppo è tardi, non possiamo fermarci: non ho il cuore di dire a Enrico, ormai stanco, che in realtà di forcella da superare ce n’è un’altra. Come si dice ai bambini, “mancano solo dieci minuti”.

Il bivacco Reali visto dalla cima della Croda Grande

Il bivacco Reali visto dalla cima della Croda Grande

Quando superiamo anche la seconda forcella,

e la vista spazia su una piana rocciosa con un puntino rosso in centro – il bivacco! -, ci accoglie un vento che definire sferzante è un eufemismo. Le nuvole ci sfrecciano accanto lungo il canalone, fino a quando arriviamo finalmente al Reali. Quattro chili e mezzo portati sulle spalle per nulla: non solo la neve lì attorno è pulita e abbondante, ma si sta pure sciogliendo in mille rivoli, risparmiando anche il lavoro di farlo sul fornello. Chiaro comunque che, se non avessimo portato su tutte quelle borracce, di acqua non ce ne sarebbe stata nemmeno una goccia.
Considerata la temperatura, ci rifugiamo all’interno del bivacco e prepariamo la cena: il menù prevede minestra in busta, non sarà un piatto da chef ma almeno è calda.
Devo ammettere che essere in due, a 2650 metri di quota, seduti attorno ad un fornelletto a gas e immersi nel più totale silenzio se non fosse per gli ululati del vento, come quadretto familiare ha il suo fascino.
Sono quasi le nove, ma sulle cime arrivano ancora gli ultimi raggi di sole: non c’è storia, solo le Dolomiti possono vantarsi di esibire questo incomparabile rosa confetto al tramonto.
Stellata spettacolare a parte, quassù come intrattenimenti non c’è granché, per cui alle nove e mezza siamo già nei sacchi a pelo.

Sarà la stanchezza, ma entrambi dormiamo

inaspettatamente sodo sui tavolacci di cui sono dotati i letti a castello del bivacco: il cellulare che alle cinque meno venti ci ricorda i buoni propositi di salire in vetta in tempo per l’alba mi provoca una reazione del tipo «No mamma, altri cinque minuti».
Tempo di infilare gli scarponi e la giacca e siamo in marcia: seguire i segni sulle rocce col solo fascio di luce delle pile è un’impresa, tanto più che ad un certo punto ci troviamo di fronte ad una macchia di neve così dura da non poter essere attraversata senza ramponi. La aggiriamo, ma così facendo perdiamo il sentiero: insomma, è un vizio. Meno male che ormai c’è un po’ di luce, e a prezzo di una faticosa risalita lungo un ghiaione ci rimettiamo sulla retta via.
Acceleriamo il passo: questa deviazione ci ha fatto perdere tempo, rischiamo di arrivare in vetta troppo tardi. A salvarci è un banco di nubi basse, che copre esattamente il punto dove sta sorgendo il sole: abbiamo qualche minuto in più prima che questo sia visibile, e poter ufficialmente dire che nel momento in cui è comparso «noi c’eravamo».
In vetta le raffiche di vento sono così forti che non resta che sedersi.

La targa a Martina Andreola collocata sulla vetta

La targa a Martina Andreola collocata sulla vetta

Quassù, sotto la statua della Madonna che indica

la cima, ci aspetta mia cugina Martina: la targa che la ricorda sembra nuova, nonostante sia trascorso un anno dalla posa. Lascio un saluto anche a lei sul libro di vetta, dopotutto siamo saliti fin qui anche per questo.
Intanto il sole è salito sopra le nuvole. Ora capisco perché i greci usavano dare all’Aurora l’epiteto di «dita di rosa»: il cielo fa il paio con il colore delle rocce dolomitiche, mentre i raggi inondano le cime. Inutile dire che le foto si sprecano, e che passiamo più tempo con l’occhio nell’obiettivo che a goderci lo spettacolo: i lati negativi della tecnologia, che ci porta a pensare più ad immortalare i momenti nell’illusione di renderli eterni così, piuttosto che a viverli.
Il vento non dà tregua, così decidiamo di scendere: non vedo l’ora di arrivare al bivacco e farmi una tazza di tè caldo – e abbiamo pensato pure ai biscotti, non manca niente. Probabilmente una delle colazioni più apprezzate della mia vita, per quanto spartana: seduta davanti ad un panorama mozzafiato, con l’uomo che amo, anche l’infuso scaldato sul fornello e bevuto da una gavetta è un ottimo inizio alla giornata. Anche se, bisogna ammetterlo, la prossima volta si potrebbe fare di meglio e pensare alla moka per il caffè.
Rifacciamo gli zaini: la discesa è lunga, e vorremmo concluderla prima che faccia troppo caldo. Nel partire, rivolgo un ultimo sguardo alla vetta: ciao Martina, ci rivediamo alla prossima escursione.

L'alba dalla cima della Croda Grande

L’alba dalla cima della Croda Grande

Chiara Andreola autore del post

Chiara Andreola | Laureata in Mediazione Linguistica all'Università di Padova e Lingue Moderne per la comunicazione internazionale all'università di Roma 3, ho frequentato l'Istituto di Formazione al Giornalismo Carlo de Martino di Milano e sono giornalista professionista dal 2009. Ho compiuto studi anche presso l'Università di Berkeley, e effettuato stage a L'espresso e al dipartimento Comunicazione della Commissione Europea a Bruxelles. Collaboro come freelance con diverse testate (il Gazzettino, Udine Economia, Venezie Post, Città Nuova ecc.) e curo un mio blog chiaraandreola.blogspot.it. Abito a Udine.

16 commento/i dai lettori

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  1. elena il29 settembre 2013

    grazie per avermi fatto vivere una grande emozione

  2. rosewhite il27 settembre 2013

    amazing! and emotional …

  3. Chiara Andreola
    Chiara il27 settembre 2013

    Semplicemente un grazie a tutti: la cosa che più mi fa piacere è di essere riuscita a far provare anche a chi legge ciò che ho provato io.

  4. elisa antonello il24 settembre 2013

    Complimenti, un racconto stupendo che ti appassiona dall’inizio alla fine merito anche della semplicità con cui vengono descritti paesaggi ed emozioni vissute.

  5. Mattia il24 settembre 2013

    Leggere racconti delle Nostre montagne è sempre piacevole. Invidio chi ha la possibilità di assistere all’alba tra il verde della natura.

  6. Michele il24 settembre 2013

    Complimenti… leggendo mi sembra di respirare le stesse emozioni.

  7. Armando il24 settembre 2013

    Siamo da decenni in queste montagne…..percorrendo in lungo e in largo la magnifica zona. Dal racconto si evince la magia del luogo fatato. Racconto profondo, ben descritto nei particolari, scorrevole e piacevole da leggere. Una piccola nota di rammarico Va al perchè di questo viaggio. Complimenti!!!

  8. alfio il23 settembre 2013

    Complimenti, una piacevole fluidità ricca di emozioni in un contesto magico ben descritto ed illustrato. Con la speranza di farne meta di future escursioni, rinnovo i complimenti. Grazie.

  9. Adriano il4 settembre 2013

    Complimenti, proprio un bel racconto. Sono zone che frequento spesso d’estate. Grazie

  10. franco il2 settembre 2013

    Complimenti a chi ha scritto questo articolo. Lo trovo molto scorrevole e pieno di sentimenti profondi che fanno meditare. Ti cattura fin dall’inizio e una volta terminato ti dispiace che sia finito.
    Molto bello, complimenti ancora !

  11. mary il1 settembre 2013

    Complimenti a chi ha scritto questo articolo, che leggendolo mi fa assaporare il silenzio e la tranquillità che offre gratuitamente la montagna….. Ho conosciuto Martina e lo scrittore di questo articolo ama la natura e la montagna come l’amava Martina. Complimenti ancora e un grande grazie.

  12. Angelo il1 settembre 2013

    Non conosco il posto ma dalle fotografie e sopratutto dalla descrizione deve essere un posto magnifico dove ritrovare la pace con noi stessi e con il creato. Mentre leggevo con la fantasia e con l’aiuto delle foto ho fatto anch’io quella salita. Grazie.

  13. ROSSANA il1 settembre 2013

    Invio un messaggio da grande amante della natura e delle sensazioni di pace e tranquillità che sempre provo quando la contemplo. Non sono certo un’ abile alpinista però, leggendo questo post, riesco a calarmi perfettamente nell’atmosfera del luogo e a percepire lo stato d’animo di chi ha vissuto quei momenti meravigliosi. Sono sensazioni che almeno una volta nella vita devono essere vissute e valgono tutti gli sforzi compiuti per raggiungere la vetta. Spero di vivere anch’io un giorno un’esperienza cosi intensa come questa e di riuscire a descriverla cosi bene come ha fatto l’autore del post. Grazie per averci fatto partecipi delle tue emozioni!

  14. claudio il29 agosto 2013

    Grazie agli anni (anagrafici), di montagna ne ho percorsa. Diverse volte son salito lassù. Sempre ho provato emozioni, elaborato pensieri, apprezzato il silenzio, capito l’amore che mi circondava. Mai son riuscito a scriverlo come qui l’ho percepito.
    Grazie!

  15. Elisabetta Taschin
    ely il29 agosto 2013

    Bello! Semplice evero come lo sono le montagne. Mi fa rivivere emozioni provate ogni volta che raggiungo una cima. Grazie per averle condivise con noi.

  16. Luisa 58 il29 agosto 2013

    Bello! Un racconto che si legge d’un fiato e … ti sembra di essere lì a camminare su quei sentieri e ad ammirare quei magnifici panorami. Conosco la Croda Granda, ma l’ho sempre vista solo dal basso, non essendo io in grado di salire quei 1300 metri di dislivello che portano alla cima… Leggendo quest’esperienza però ho potuto sognare di essere anch’io lassù….
    Grazie a chi l’ha scritta, si sente che l’ha fatto col cuore, come può fare solo chi ama la montagna.

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