Per evitare il traffico sulla congestionata strada della Pusteria partiamo di buon ora,
transitiamo per la mondana e decadente Cortina d’Ampezzo e oltrepassiamo il Piave all’altezza di Domegge.
Raggiungiamo il nostro punto di partenza lungo una strada a senso unico alternato che ci porta al rifugio Padova. Il primo impatto con l’ambiente circostante è convincente, i sentieri sono ben segnalati, il territorio è intatto senza strutture turistiche devastanti o mega elettrodotti, l’unico rumore è quello del traffico aereo.
Ci incamminiamo verso la forcella Monfalcon di Forni, incontriamo pochi escursionisti, ammiriamo i rododendri ancora in fiore e i ciclamini che fioriscono tra i detriti dolomitici.
Dopo aver superato una seconda forcella, cerchiamo di orientarci tra le montagne che si vedono in lontananza verso sud est, ma quanto sono lunghe queste Alpi, da dove si potrà vedere il mare?
Arrivati al rifugio Giaf, ci accoglie la gestrice
Antonietta, insegnante di lingua tedesca a Cividale, il suo impegno ha contribuito a pubblicizzare questo territorio tra gli alpinisti di lingua tedesca. Sfoglio alcune pubblicazioni nella lingua retoromanza friulana e osservo la bandiera storica del Friuli con un imponente grifone coloro oro su sfondo blu, i paralleli con il nostro Sudtirolo sono molti.
Il secondo giorno risaliamo tre forcelle passando per una casera gestita da due simpatici friulani che si servono di un asino per rifornirsi di generi alimentari, purtroppo la mancanza di consistenti precipitazioni piovose negli ultimi mesi gli sta prosciugando la fonte.
Oltrepassata la forcella Urtisiel da non confondere con Urtijëi in val Gardena passiamo accanto ad una catena di vette e torrioni dolomiti, che si stagliano all’orizzonte in una successione ravvicinata in modo da fa emergere una particolare prospettiva tridimensionale.
Giunti alla forcella dell’Inferno, ci fermiamo
in un punto panoramico prima di scendere al rifugio Flaiban-Pancherini.
Incuriositi dalla nostra presenza si avvicina un gruppo di stambecchi, il primo maschio con lunghe corna arcuate e nodose si scontra con un altro maschio, il combattimento è spettacolare. Lo spasso per mio figlio è l’uso che lo stambecco fa delle sue lunghe corna e cioè quello per grattarsi il suo posteriore.
Al Flaiban Pancherini mangiamo per la prima volta la frittata di formaggio e patate chiamata frico.
Alla partenza della terza tappa sentiamo l’odore del fumo trasportato dal vento di alcuni incendi boschivi, favoriti dalle temperature elevate e dall’aridità del terreno. Giunti alla forcella Pramaggiore ci accolgono nuovamente gli stambecchi, ci sediamo in attesa di un altro combattimento ma questa volta lo spettacolo non avrà luogo.
Scendendo nuovamente in valle ci fermiamo accanto ad uno dei pochi torrenti, osserviamo una serpe e prima del temporale raggiungiamo il rifugio Pordenone. L’atmosfera è accogliente e l’ambiente è familiare, i rifugi nel parco sono piccoli con una capienza massima molto limitata e sono tutti ben gestiti.
L’ultimo giorno mentre pioviggina risaliamo la val Montanaia passiamo accanto al famoso Campanile circondato dalle guglie del Monfalconi. La discesa lungo il ghiaione dal lato opposto è più facile del previsto, la ghiaia fine ed uniforme ci permette di saltellare facilmente, qui mio figlio si è divertito nuovamente.
4 commento/i dai lettori
Partecipa alla discussioneCome sempre il tuo resoconto è esauriente ed interessante, invita a fare la stessa esperienza ….
Bell’articolo, ma venire voglia di visitare queste cime! e gli stambecchi, che spettacolo!!
Il profilo del territorio, corrisponde fedelmente alla realtà. Questa capacità d’illustrazione, dona a chi ha nostalgia di questi luoghi favolosi, la possibilità di rivivere i momenti magici, passati tra le vette, i torrioni e le stupende valli.
Ogni angolo delle alpi mi ha riservato delle sorprese, oltre alle singolari guglie dei Monfalconi questo angolo orientale delle Dolomiti mi è piaciuto sia per la vegetazione dovuta ad un particolare microclima, che per la gestione sostenibile del territorio.