L’alta Via 7 lungo la dorsale dell’Alpago è un percorso insolitamente impegnativo

in una delle regioni più selvagge e incontaminate delle Alpi Orientali: l’idea di affrontare luoghi rocciosi assolutamente privi di attrezzature e sorgenti, di scoprire posti nuovi difficilmente vivibili è semplicemente elettrizzante.
Settembre 2009, dal Rifugio Dolada prendo il sentiero 905, che con faticosa salita mi porta alla forcella soprastante, da dove comincia la bellissima dorsale erbosa del Col Mat.
Il sentiero è discretamente segnato, ma stretto e discontinuo; il terreno è scivoloso e franoso, bisogna fare attenzione ad ogni passo perché il pericolo di cadere è costante. Lo zaino con il necessario per un bivacco all’aperto, acqua e cibo per almeno tre giorni, pesa almeno 22 kg e spesso mi fa ondeggiare pericolosamente; alcune volte mi salvo aggrappandomi agli arbusti per non finire giù.
La vegetazione è rigogliosa e strada facendo trovo un sacco di mirtilli… buonissimi, i migliori mai mangiati, purtroppo però non posso fermarmi perché il tempo peggiora e vedo in lontananza dove la pioggia sta già cadendo; prendo qualche goccia, poi torna un po’ d’azzurro e l’animo si rasserena.

L’aerea dorsale del Col Mat verso il Col Nudo

L’aerea dorsale del Col Mat verso il Col Nudo

Dopo un’ultima salita mi ritrovo ai piedi

del Col Nudo nel Ricovero Naturale Valbona, da solo immerso nella natura e nel silenzio; solo il suono di qualche campanaccio giunge da valle mentre distendo materassino e saccopelo sul tavolato all’interno della grotta che sarà casa mia per una notte.
Poi con la schiena appoggiata alla roccia riposo e guardo l’orizzonte, la fatica fatta e le difficoltà superate sembrano già un ricordo tanto è profondo l’attimo che sto vivendo in comunione con il silenzio e le ombre di queste selvagge montagne. Da un lato mi viene da dire “ma chi me l’ha fatto fare?”, dall’altro sento di essere nel giusto: soddisfo il desiderio di fare parte della bellezza che mi circonda, purifico corpo e spirito affrontando fatica e difficoltà.
Ecco il tramonto: il sole si nasconde lentamente dietro alla Schiara, la fila di cime all’orizzonte si staglia contro una tiepida luce gialla e subito cala la temperatura. Meglio ripararsi al calduccio del saccopelo, ma è ancora presto per dormire; non resta che guardare fuori e fare qualche stupida foto in attesa del buio.
Poi quasi senza accorgermi mi addormento guardando attraverso l’entrata della grotta che per stasera è la finestra della mia cameretta. Quando mi sveglio, la notte non è così buia e riesco ad intravedere i profili delle montagne; c’è molta umidità e dalle pareti si sente qualche goccia cadere nel catino di raccolta e questo è l’unico rumore che ogni tanto interrompe il profondo silenzio.

Sveglia alle 6.00: è scuro,

ma per ora sembra sereno. Mi alzo, mi vesto, faccio colazione e preparo lo zaino.
Poi tra le prime luci, mi incammino lungo il sentiero 930 verso la ferrata Costacurta in compagnia di alcune pecore che guardano dubbiose il mio passaggio. La ferrata si rivela impegnativa: il lungo ed esposto percorso taglia il versante NE del Teverone con un salto pauroso sulla Valle Chiadelina; lo sforzo in alcuni tratti è notevole e il peso e l’ingombro dello zaino non aiutano.

Vertiginosa vista dalla Ferrata Costacurta

Vertiginosa vista dalla Ferrata Costacurta

Giunto al termine, riposo un momento

e mi ritrovo ricoperto dalle nuvole: il tempo sta già cambiando. Mi affretto a proseguire verso il Crep Nudo lungo il sentiero 936, che con faticosi sali e scendi percorre le Rocce Bianche: il tragitto presenta un impegno costante con passaggi di facile arrampicata; procedo con la massima attenzione.
Cade qualche goccia e l’entusiasmo mi fa sperare in una nuvola passeggera; intanto la meta non arriva, anzi sembra sempre più lontana, irraggiungibile… poi purtroppo piove.
A malincuore devo scegliere di rientrare: non ho un ricovero e non posso certo fermarmi all’aperto sperando che domani migliori. Scendo per il sentiero 932 reso infido dalla pioggia, rischiando ad ogni passo di finire gambe all’aria.

Arrivo a Casera Venal tra pioggia a secchi, tuoni, lampi, grandine, spero di trovare riparo per cambiarmi, riposarmi e guardare la cartina. Purtroppo il ricovero è chiuso con un lucchetto e l’unico riparo è la stalla piena di mucche che mi si avvicinano, mi annusano e mi leccano. Giusto il tempo per un sms e prender fiato, poi di nuovo sotto un forte temporale, ormai bagnato fino alle ossa, con la strada simile a un torrente in piena… sempre giù in cerca di un riparo; gambe fredde e affaticate, ma bisogna andare avanti.
Mando a “fanculo” il tempo, come risposta… tuono… bene, ho capito, grazie.
Continuo a scendere per una strada asfaltata, poi ecco le prime case, completamente disabitate, ma in una di queste vedo un piccolo portico dove mi riparo. Mi spoglio nudo, mi asciugo e mi cambio; rifaccio lo zaino, consulto la cartina e vado verso valle.

Intanto ha smesso di piovere, ma altre nuvole

avvolgono creste e cime. Scendo con orgoglio lungo le strade asfaltate, mentre la gente mi guarda strano: chissà cosa pensa e come appaio ai loro occhi, forse un po’ matto. Io mi sento come un eroe di altri tempi, come uno dei pionieri esploratori della montagna di cui ho letto nei libri; sono soddisfatto di quel che ho fatto, ma dispiaciuto per aver dovuto interrompere il tragitto.
Questi giorni attraverso luoghi così impervi e selvaggi come mai avevo visto contribuiscono a trasformare questa rinuncia in nuova energia per i progetti che già si accavallano in testa e la curiosità di vedere cose c’è oltre a dove mi sono fermato alimenta il desiderio di rifare e ultimare questa alta via.

Tramonto dal Ricovero Naturale Valbona

Tramonto dal Ricovero Naturale Valbona

Andrea Perini autore del post

Andrea Perini | Sono nato a Venezia il 02/02/1984, lavoro come fisioterapista a Mestre, semplicemente appassionato di montagna. Da piccolo ho frequentato la montagna trascorrendo i mesi di vacanza estivi coi nonni nella casa di Col di Rocca Pietore (BL), percorrendo facili passeggiate ai rifugi della zona coi genitori e poi sperimentando l’escursionismo solitario che poco a poco mi ha portato a percorrere tutte e otto le Alte Vie delle Dolomiti. Da qui ho cominciato una esplorazione sistematica soprattutto della zona dolomitica, spingendomi poi anche in altre regioni per affrontare alcuni trekking di più giorni; la quantità di progetti sulla scrivania è ancora numerosa. Appassionato di foto, pratico discretamente l’arrampicata sportiva e frequento la montagna in ogni stagione d’estate con gli scarponi e d’inverno con gli sci.

7 commento/i dai lettori

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  1. stefano dei rossi il19 agosto 2015

    E’ bello scoprire le doti di alcuni colleghi … ci si sente più ricchi dentro. Una “dritta” di Nicoletta mi ha permesso di scoprire questa tua finestra appassionata affacciata sulle montagne e su internet che mi affretto ad iniziare e condividere … Intanto complimenti Sjor Andrea … mi piace come scrivi e quel che scrivi … e poi mi piace soprattutto dirti che in quel che vai facendo e hai fatto riconosco quanto ho vissuto anch’io qualche anno fa. Anch’io come te me ne sono andato “in solitaria” in certi tuoi stessi luoghi vivendo immerso dentro al magico mondo delle Dolomiti e della Natura … Credo sia stata una delle stagioni più avvincenti della mia esistenza … che tu con le tue gesta e racconti stai inducendomi a rispolverare e ricordare. Grazie … hai un lettore e un ammiratore in più.

    • Andrea Perini
      Andrea Perini Autore il19 agosto 2015

      Grazie mille, mi fa piacere sapere che un mio racconto non è sterilmente fine a se stesso, ma può aiutare a rievocare belle esperienze passate.

  2. Maria il15 settembre 2013

    Non sono una gran camminatrice, ma leggere questo racconto mi ha fatto venire voglia di calzare gli scarponi e partire all’avventura…grazie per aver stimolato il desiderio di montagna.

  3. Martina il11 settembre 2013

    Un’avventura incalzante, piena di immagini, di colori, di suoni…e noi leggendola riusciamo a immaginarla..e lasciamo che ci susciti fantasie di altrettanto belle e appaganti avventure

  4. Alessandro Cavalieri il30 agosto 2013

    Un racconto pieno di immediatezza che vive in un continuo presente; repentino cambia il tempo, cambia il paesaggio e noi li seguiamo dappresso. Attraversati dal mondo circostante, lo attraversiamo noi stessi, all’inseguimento della luce, a piedi.

  5. Enrico il16 agosto 2013

    Qui traspare l’animo di chi ama la montagna profondamente.
    Complimenti, continua così!

  6. Riccardo il15 agosto 2013

    Bellissimo racconto e altrettanto bello spunto per una o più gite. Grazie blogger!

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