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LA “RICERCA DEL GIARDINO DI RE LAURINO” È UN RACCONTO FOTOGRAFICO DI TOMMASO FORIN CHE PRESENTA
IL CAMMINO DI UN ESCURSIONISTA NEL GRUPPO DEL CATINACCIO.
“DOCUMENTARE L’AMBIENTE FOTOGRAFICAMENTE È UNO DEGLI OBIETTIVI DI QUESTO LAVORO,
MA IL PRINCIPALE È DOCUMENTARE L’EMOZIONE CHE QUESTI PAESAGGI SANNO DONARE, IN TUTTI I MOMENTI DELLA GIORNATA”
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Dopo tre esperienze di pubblicazioni, da solo o in collaborazione con altri autori, presento questo lavoro riguardante il Catinaccio, uno dei Gruppi Dolomitici più frequentati da alpinisti ed escursionisti. E’ un’idea che si è sviluppata man mano che lo conoscevo, esplorandolo nelle stagioni meno frequentate.
Sono un amante dei silenzi della montagna, mi piace ascoltarla nei suoi luoghi più nascosti, meno frequentati e pertanto meno conosciuti. Questo gruppo poteva sembrare poco incline a soddisfare il mio desiderio di silenzio e solitudine. Il Catinaccio non è solo la Valle del Vajolet o dell’Antermoia, non è solo la Roda di Vael, questi sono i luoghi noti ai più. Con un po’ di curiosità, un po’ di pazienza, lasciandosi prendere per mano da queste montagne, se ne possono scoprire gli angoli più reconditi, i percorsi più nascosti in ambiente selvaggio che si affrontano in solitudine, spesso incontrando mufloni o camosci.
E’ la curiosità il motore di questa ricerca
La ricerca del nuovo non si conclude mai, quando si pensa di averlo percorso tutto il Catinaccio fa intravvedere nuove possibilità, come canaloni o tracce quasi invisibili che conducono alla meta più velocemente. E’ la curiosità il motore di questa ricerca.
Al buon escursionista, che non disdegna passaggi di I° o di II°, si aprono numerosissime possibilità, perché le cime sono nella maggior parte di facile ascensione. Chi direbbe, guardando i Dirupi del Larséch dal rifugio Gardeccia, che le cime principali di questo sottogruppo sono raggiungibili anche dai non scalatori?
Che cosa c’è dietro i Dirupi? Quanti sanno che lungo il sentiero frequentatissimo che porta al rifugio Principe è possibile una facilissima deviazione in un ambiente aperto e di grande suggestione sulle Teste d’Agnello?
Man mano che si conosce un ambiente si acquista maggiore convinzione e sicurezza nell’affrontarlo in libertà. Questa è stata la mia maggiore soddisfazione, l’esplorazione degli angoli remoti di questo Universo che ha la massima espressione nel gruppo centrale, racchiuso tra Cima Scalieret, Cima d’Antermoia, Dirupi del Larséch e Crepe di Lausa.
Ma che soddisfazione cercare e trovare il sentiero Bepo de Medil che conduce in cima alla Pala de Mesdì, o in una giornata uggiosa con nevischio seguire il sentiero Paola e raggiungere il rifugio Antermoia! Sentieri citati solo in alcune misconosciute relazioni e che permettono di muoversi nel Gruppo senza incontrare presenza umana.
La “Ricerca del giardino di Re Laurino” è un racconto fotografico che presenta il cammino di un escursionista nel Gruppo del Catinaccio, seguendo un percorso che sale da sud verso nord.
Documentare l’ambiente fotograficamente è uno degli obiettivi di questo volume, ma il principale è documentare l’emozione che questi paesaggi sanno donare, in tutti i momenti della giornata, soprattutto al tramonto, di notte o all’alba. Il girovagare per questi monti ha questo fine.
Conoscendo l’ambiente già il fotografo sogna una certa condizione
♥ Più proseguivo nell’esplorare il territorio più ne venivo coinvolto e incuriosito, avido di conoscere nuovi luoghi e anfratti.
Per cogliere un ambiente fotograficamente, come qualsiasi cosa, è necessario conoscere ciò che si sta fotografando. Per conoscere il Catinaccio è necessario solcarne i sentieri, diventare un tutt’uno con essi, riuscire a percorrerli anche con il buio e sapere come arriva la luce del sole sui valloni e sulle rocce. Qui l’aspetto tecnico della fotografia corre in secondo piano.
Conoscendo l’ambiente già il fotografo sogna una certa condizione, una certa luce, e programma l’uscita per raggiungere lo scopo prefissato. Nella mente si è composta l’immagine cercata ancora prima di partire. E’ il miraggio del fotografo, l’ispirazione che lo porta a soffrire in silenzio il freddo, a portare con fatica tutto il materiale necessario per il suo lavoro oltre a quello per l’escursione, compreso un sacco a pelo se è prevista l’uscita in notturna.
Per provare le emozioni forti è necessario farsi trovare sulle cime o sulle creste all’alba o al tramonto. Spesso per raggiungere lo scopo ho dormito in sacco a pelo, tra i 2700 e i 2800 m di quota, per essere prossimo ai luoghi dove avevo pianificato di fotografare, oppure ho camminato di notte per spostarmi da un versante all’altro del gruppo e riuscire così a cogliere le luci migliori dalla posizione più appropriata all’indomani.
Più proseguivo nell’esplorare il territorio più ne venivo coinvolto e incuriosito, avido di conoscere nuovi luoghi e anfratti.
Pure una necessità, quest’ultima, conoscere i luoghi dove ripararsi in caso di pioggia o durante le notti, passate spesso vicino a Passo Antermoia in un anfratto, o sotto un grosso masso, come quando mi sono protetto dalla grandine sotto una roccia strapiombante nei pressi della Busa di Lausa.
Nell’ultimo periodo la ricerca si è rivolta anche all’infrarosso
♣ Ora queste emozioni rivivono più forti nella mia memoria grazie alle fotografie e mi spronano a ripartire per vivere nuove emozioni in altri luoghi.
Mi piace cercare l’insolito, il meno noto, come ad esempio le luci notturne. Luci di stelle, di montagne che si illuminano di fronte alla luna, o quella flebile luce, invisibile all’occhio umano, che le montagne riflettono e che solo l’occhio della reflex riesce a cogliere e restituire in uno scatto o ancor meglio in un time lapse.
Nell’ultimo periodo la ricerca si è rivolta anche all’infrarosso, che permette di catturare paesaggi suggestivi e surreali, diversi perché visti con un “occhio” completamente diverso da quello umano, dove gli alberi diventano bianchi perché la clorofilla riflette completamente la radiazione infrarossa. Si sperimenta, paesaggi noti cambiano pelle, vivendo una nuova dimensione.
Alla fine del viaggio nel gruppo del Catinaccio centinaia di immagini sono pronte, sono istanti congelati che tutti assieme mi fanno rivivere le grandi emozioni vissute in un anno, durante il quale quasi settimanalmente ho calpestato i sentieri del Catinaccio.
Ora queste emozioni rivivono più forti nella mia memoria grazie alle fotografie e mi spronano a ripartire per vivere nuove emozioni in altri luoghi.
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Moena e sullo sfondo le Pale di San Martino, ripresi poco dopo il tramonto dal Majarè (ph Tommaso Forin)

A sx vista su Torri del Vajolet e zona del rifugio Vajolet dal sentiero panoramico; dx particolare del sentiero che porta alla Ferrata Santner; omino di vetta della Pala di Mesdì e Grande Cront (ph Tommaso Forin)