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In montagna negli anni 70'

In montagna negli anni 70′

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Non ho un blog ma mi ha ispirato il tema dell’avventura. Per lavoro, sono ornitologo-guida naturalistica, e per passione mi sono spesso capitate avventure e il gioco previsto-imprevisto fa parte del mio vivere quotidiano.
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RUE DA MOLIN CON LOU REED IN TESTA

di Paolo Utmar (Trieste)

Era nell’estate del 76 ed io quindicenne con Ezio ed un suo amico decidemmo di salire sulla Schiara. Dormimmo al “Settimo Alpini” e all’alba Ezio non si sentiva bene perciò rimase in rifugio.  Raggiungemmo la cima e per il ritorno cambiammo ferrata passando dalla “gusela del Vescovà” .

Il mio compagno iniziò a sentirsi insicuro e pretese che gli facessi sicurezza sia nei tratti senza cavo che in quelli attrezzati. Nei pressi della gusela  accadde l’incidente: c’era una lingua di neve in un ghiaione e lui volle che gli facessi sicurezza senza rocce dove ancorarmi.  Esitò prima di muoversi, partì e cadde, urlò e mi strappò: mi trovai sulla neve, talloni piantati e la corda che tirava, nella ripida discesa. Finimmo nello spazio tra la neve e la roccia, a pochi metri dalla parete. Abbracci ma lui decise di fermarsi e di aspettare là i soccorsi.

La notte passò con il timore di addormentarsi  al freddo.  All’alba lo abbandonai per scendere, indirizzare i soccorsi, salvarmi. Poco dopo la ferrata si perdeva nella neve e io mi persi imboccando una valle selvaggia.  La testata era  coperta da praterie che cedevano il passo a paretine con mughi, bagnate dal disgelo: la natura che guardava indifferente le mie peripezie. Lontana, azzurrina, la valle principale dove sboccava la mia. Era la meta e scesi cadendo, ferendomi, perdendo la corda che avevo usato per superare un salto, rimanendo  più volte con un solo appiglio, un ramo di mugo  che non si spezzò.

Niente cibo, la stanchezza, l’elicottero dei  soccorritori “ciechi” nonostante il mio sbracciarsi con il K Way rosso e in testa le strofe di Lou Reed che facevano “And I feel  like a Jesus son..”.

Pur non essendo heroin un brano edificante questi versi  alimentarono una esaltazione utile a  credermi irriducibile. La prima traccia nell’erba, il primo mozzicone di sigaretta, il rumore del traffico nella valle poi sbucare nel prato e raggiungere la strada assolata, tentare l’auto stop, inutilmente.

Raggiunsi a piedi un bar e chiesi di chiamare il soccorso.  Arrivò una guida che mi offri del pane col miele e un letto a casa sua. Era incredulo di vedermi in piedi visto le previsioni. Sospese le ricerche e trovate le mie tracce pensavano di cercarmi nella valle, il giorno dopo. Il compagno venne trovato alle 10, io raggiunsi La Stanga in val d’Agordo alle 18.


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1 commento/i dai lettori

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  1. elio il16 settembre 2015

    Caro Paolo di questa storia avevo sentito solo la versione di Ezio.
    Bravo Paolo.

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