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Un camoscio

Un camoscio

CHI LO SA FARE NON CONOSCE IL PERCHE’

testo e foto di Mario Ferrazza (Mel, BL)
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“Dove passa il camoscio passa anche l’uomo”. Parole di uno che conosce le sue montagne per averle percorse, esplorate, scalate come pochi altri.

Un tempo arrampicare per lui aveva il senso pratico e brutale del cacciatore, la sfida del bracconiere alla legge degli uomini e alla vita degli animali. Ben presto seguì l’ammirazione per le vittime accompagnata dalla catarsi della competizione alla pari, la gara tra istinto e impulso di emulazione.

Uno stimolo eccezionale in quell’uomo supportato da tecnica e abilità, ma oltre a pareti famose, vie nuove, ripetizioni classiche cosa restava da fare?

Forse l’inconscio chiede un senso privo di causalità senza dover affrontare la parete insidiosa della filosofia. Dunque si va per tracce di sentiero su un ghiaione anonimo seguendo un piccolo branco di camosci che controllano distanza e possibile minaccia. Risalgono un canalone con la proverbiale agilità e senza alcuna fretta, l’ultimo si ferma si volge, aspetta, gli altri vanno per le rocce di sinistra seguendo il nulla apparente scalfito nella parete… “Dove passa il camoscio passa anche l’uomo”.

Non tutti gli uomini, quel tale sì? Certo, lui può seguire l’esemplare solitario. L’uomo conosce la legge del branco, perfetta nel mondo animale, perversa nella versione umana. Lui sa che il camoscio isolato cerca di trascinare nei guai chiunque possa rappresentare insidia per i suoi simili, l’uomo consapevole di ciò lo segue lungo linee immaginarie scolpite nella roccia, passaggi insidiosi su tratti franosi, per sfasciume, su pendii ripidi d’erba secca e terra infida. Eppure va su senza sforzo apparente dietro all’animale che lo tiene a distanza di sicurezza. Il camoscio si ferma, si volta, lo fissa come per farsi gioco dell’uomo, poi salta giù dalla cresta, a balzi lungo il versante opposto ancor più ripido.

“Posso scendere anch’io, ma non così…”, pensa l’inseguitore fermo sul crinale della muraglia anonima, sequenza di rocce e di spuntoni senza dignità apparente. Ma di là la vista si perde per luoghi famosi e cime ancor più celebri, salite e risalite, lontane, distanti e mai quanto il pensiero che vaga ben oltre, oltre l’ammirazione per l’istinto animale, oltre il blasone stesso delle cime famose… pare tenda all’imponderabile ipotetico costruttore della realtà, dall’inezia di un sasso al senso di un infinito impalpabile…

Ma è ora di scendere a valle, dietro al camoscio e non come il camoscio.

Nota: Il testo deriva dal servizio Rai sul Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e soprattutto dall’intervista a Franco Miotto, soggetto che non ha bisogno di presentazioni in cui la consapevolezza di rimanere persona prevale sulla nomea di personaggio.

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Mario Ferrazza_bc2016_voltoMario Ferrazza | Pensionato, buon escursionista e sci alpinista di livello adeguato all’età.

Il mio blog | il mio blog è altitudini, il “deposito” dei mie racconti: www.altitudini.it/author/mario_ferrazza

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