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Tanti i posti dove nascondersi sul Monte Cinto

Tanti i posti dove nascondersi sul Monte Cinto

NASCONDINO AU CONTRAIRE

testo e foto di Marina Caruso (Bergamo)
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L’irruente voglia di giocare che non riesco mai a tenere a bada mi ha spinta a prendere la decisione di scalare in solitaria in due giornate Monte Cinto e Paglia Orba partendo all’alba di un qualunque giorno di metà agosto. Inesperta, per niente equipaggiata e poco informata.
Ma mi trovavo in Corsica per pochi giorni e chissà quando ancora avrei potuto averne qualcuno tutto per me. Le regole erano chiare e semplici: partire da Huat Asco, arrivare ad un buon orario sul Monte Cinto, raggiungere il rifugio Tighjettu dove passare la notte e il giorno dopo affrontare il Paglia Orba.

Alle 16 del primo giorno ero arrivata sulla vetta del Monte Cinto, in ritardo di parecchio sulla mia tabella di marcia. Mancavano ancora 8 ore per arrivare al rifugio. Avevo poca acqua, le gambe sentivano la fatica, non avevo incontrato più anima viva dalla tarda mattinata. Perdo il sentiero e inizio a camminare a vuoto, senza punti di riferimento e inveendo contro la cartina approssimativa su cui avevo deciso di fare affidamento. Ero nei guai. E così è iniziato il gioco. Una specie di nascondino al contrario: la Montagna si divertiva a nascondermi mentre io volevo farmi trovare. La conta era finita e io dovevo uscire allo scoperto quanto prima. Se da una parte il gioco mi spaventava, dall’altra questo vagare senza meta contro il tempo mi metteva addosso un’adrenalina che poche altre volte nella vita ho avuto il piacere di provare. Era quello che volevo, no? Vagabondare, silenzi, solitudine. Forse era troppo. E poi non mi sembrava più fosse una mia scelta. Ormai era calata la notte. La Montagna mi offriva i suoi nascondigli in attesa delle prime luci del sole. Ho solamente un sacco a pelo con me.

Mi nascondo. Gioco. Il mattino seguente costringo le mie gambe a proseguire. Parlo a me stessa, canto per tenermi compagnia e farmi forza. Bevo da una pozza d’acqua torbida, non ho potuto resistere. La tana sarebbe dovuta essere il mio punto di partenza, ma a metà della parete nord-est del Paglia Orba, dopo tanto girovagare, decido di seguire l’unica soluzione sensata che il mio cervello è ormai in grado di formulare: camminare dritta davanti a me in direzione di un paesino che scorgo a valle e che scoprii poi essere Calasima, frazione Albertacce. Le gambe vanno in automatico, gocce di sangue scendono dalle mie labbra spaccate dal sole e dalla sete. Le automobili, le case, un bar. Tre uomini mi corrono incontro.
Tana libera tutti.

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marina-caruso-bc16_voltoMarina Caruso | Nasco già in viaggio e mi chiamano Marina, forse per questo la montagna è stata lontana dal mio universo per molto, troppo tempo. Inespertissima, l’anno scorso ho fatto conoscenza col Gran Sasso ed è stato amore a prima vista, a eterna vista. Soffro di vertigini, fa ridere lo so. Ma mi piacciono le sfide e quando ho paura, canto e tutto passa.

Il mio blog | Non ho un blog, ma ho una pagina Facebook – http://www.facebook.com/marina.caruso.5

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