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L'husky Nanuk

L’husky Nanuk

Mariateresa Montaruli foto
Giornalista di viaggi da 22 anni e bike blogger di ‘Il lato Bici’ su iodonna.it. Scrivo di bici, ma la passione per la geografia culturale non è sopita: la racconto sulla pagina Fb “Aspettando il giorno in cui il giornalismo di viaggi tornerà di moda”.
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IL CALORE DEL GHIACCIO

di Mariateresa Montaruli (Milano)

Nanuk, il cane dal nome Inuit con gli occhi di ghiaccio, ci seguiva passo passo. Procedeva per traiettorie tutt’altro che lineari tra le chiazze di bosco dell’Alpe, le zampe nella neve alta, circumnavigando gli abeti, addentandone i rami per gioco. Io arrancavo seguendo Gottfried che faceva da apripista nella neve vergine. Nanuk invece non conosceva quel battere scomodo del tallone sulla racchetta da neve e lo sgocciolare del naso. Si fatica nella neve fresca. Servono gambe e glutei forti che credevo essermi fatti in bicicletta. Devi dare un ritmo all’affondo, ripeteva Gottfried, e fare 4 passi per ogni inspiro ed espiro. Bada all’ossigeno non solo al cibo o all’acqua. Passi ritmati come in una danza.

Nanuk era con noi, ora davanti, ora dietro, ora non più in vista, gli occhi di ghiaccio che parevano tutt’uno con il paesaggio dell’Alpe di Siusi, quell’altopiano da pascolo nel territorio di Castelrotto che si distende morbido, a 2000 metri di quota, le baite annerite dalle patine del tempo, prima di alzarsi nei giganti di roccia dello Sciliar, del Sasso Lungo e del Sasso Piatto.

Alla baita Sanon abbiamo bevuto un succo di mela caldo. Sudatissima, ho dovuto chiedere un phon a Daniel, il figlio della rifugista: occhi da cerbiatto, riccioli scuri, lineamenti maschi e un fisico che, pur mascherato da ristoratore di montagna, lasciava echi nella stanza.

Daniel mi ha portato giù, tra il deposito e la lavanderia, attaccando il phon alla presa di in un bagno privato. Stavo per chiedergli di asciugarmi i capelli, ma siamo dovuti ripartire.

Aprivo nuovamente la strada in neve fresca, nel silenzio più assoluto, troppo concentrata a rimanere leggera sull’affondo per accorgermi che Nanuk era sparito. È scomparso per qualche ora inseguendo forse un’impronta di capriolo o il senso degli Inuit per la neve. Lo abbiamo ritrovato all’uscita del rifugio Rauchhutte. Aveva scortato fin qui un gruppo di escursionisti tedeschi che si erano smarriti. Ho colto il suo sguardo color dell’acquamarina: l’empatia di ogni ritorno, il chiaro riconoscimento. Lo sguardo saturo di vita che chiude ogni pur minima avventura. Nel pulmino, si è accucciato davanti, la coda sotto il radiatore, il muso sul mio scarpone spruzzato di neve. E ha dormito.

Io ero sveglia. Ho imparato quel giorno che le salite si affrontano sempre a piccoli passi. Che l’ossigeno manca più dell’acqua. E che anche il colore del ghiaccio, quello degli occhi di Nanuk, può avere un suo dolcissimo sapore.


 diario icona_01 il mio blog | http://www.facebook.com/mariateresamontaruligiornalista

Il lato B dell’articolato mondo della bicicletta, visto dall’altra metà del cielo, da donne che non contano solo chilome tri, ma raccolgono esperienze. Mi trovate su http://www.iodonna.it/tag/il-lato-bici

Redazione altitudini.it autore del post

Red. ≈altitudini.it | La redazione di altitudini.it racconta e discute di montagna e alpinismo.

7 commento/i dai lettori

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  1. amichesiparte il29 settembre 2015

    Ho colto il suo sguardo color dell’acquamarina: l’empatia di ogni ritorno, il chiaro riconoscimento…. che bello questo passaggio… brava!! – http://gravatar.com/amichesiparte

  2. Roberto Bonzio il28 settembre 2015

    Bello! Sa d’aria fresca e se doveva far passare la voglia di starsene in città… c’è riuscito alla grande!

  3. Nonna Elena il21 settembre 2015

    Molto interessante come sempre!

  4. Simonetta Radice
    estateindiana il1 settembre 2015

    molto bello :) – http://estateindiana.wordpress.com

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