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Oberflitz (Rasciesa) d'inverno

Oberflitz (Rasciesa) d’inverno

OBERFLITZ

testo e foto di Gregorio Vasta (Milano)
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Venticinque anni fa, da poco laureato, stanco per il lavoro che non funzionava, la casa che non si trovava, da una vita insomma che non ingranava… venticinque anni fa insomma, solo all’inizio di agosto, pallidi e accaldati, riuscimmo ad iniziare a pensare alle vacanze (io e la mia fidanzata). Senza spendere troppo, mi raccomando! Che anche soldi non ce n’erano, né si sapeva quando sarebbero arrivati. Qualcuno ci consigliò la Val di Funes, forse qualcosa lì si riusciva ancora a trovare.

E così il 4 o il 5 agosto riuscimmo finalmente a partire da Milano, con la nostra macchina tutta scassata. Lungo la strada ci fermammo a mandare per posta la domanda di partecipazione a un concorso da comunale in un paese della cintura milanese, un postaccio, ma non vedevo alternative.
La stanza che avevamo preso era subito oltre il fiume, sul lato meno esposto al sole, a metà della valle. Non ci accorgemmo neanche che più in là c’erano delle spettacolari dolomiti, e la mattina dopo partimmo per una passeggiata nel bosco scosceso dietro casa, verso Flitz.
Non avevamo neanche la cartina (era la prima volta che andavamo in montagna da quando eravamo bambini quando ci pensavano i genitori) e nel giro di poco perdemmo il sentiero. Cominciammo quindi a vagare nel bosco, non c’era nessuno in giro a cui chiedere. Ma non volevo mollare, e quindi proseguimmo salendo, seguendo qualche traccia e qualche vecchio segnale, tutti sudati, graffiati dai rovi e dalle ortiche, furenti e di pessimo umore.

Improvvisamente sbucammo in cima. E di là, un pianoro erboso vastissimo, ordinato, qua e là mucche e cavalli, qua e là percorso da persone civili. E una vista spettacolare, le Odle meravigliose, il Sassolungo, l’alpe di Siusi, montagne innevate in lontananza! Al piccolo rifugio nella malga, un ottimo pasto, gustoso e a poco prezzo.

Quella gita mi ha cambiato la vita. E’ un po’ esagerato da dire, ma è così. Ho imparato che non bisogna mollare. Che bisogna faticare, e che alla fine c’è il premio. Che dalle situazioni più nascoste e trascurate possono nascere delle belle sorprese.
A casa eravamo ospiti di due vecchini tedeschi, per nulla a disagio ad avere in casa un ragazzo e una ragazza che passavano un sacco di tempo a letto a fare l’amore, ma anzi abbastanza incuriositi (con molta discrezione, però) dalle nostre usanze culinarie.
Fuori, prati e alberi che sembravano giardini. E alla vecchina, quando pensava che non la sentisse nessuno, piaceva cantare accompagnandosi con l’organetto.
Be’, da quella volta tutto è iniziato ad andare meglio.
E al concorso per il posto in Comune non mi sono neanche presentato.

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Vasta Gregorio bc16_voltoGregorio Vasta | Nato a Milano, vivo e lavoro a Milano. Mi piace scrivere, disegnare, fare foto e sculture. Ho sempre desiderato di riuscire a mescolare queste cose (ah, mi piace anche andare a camminare in montagna – ma mi sembra difficile farlo nel blog).

Il mio blog | Nel blog cerco di parlare di quelle cose che tutti vivono, ma di cui si fa fatica a parlare (o non si vuole parlare) o comunque si parla poco (perché non sta bene, perché sono difficili o è meglio tenerle nascoste). E invece facciamolo! –  http://il-lato-oscuro.blogspot.it

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Red. ≈altitudini.it | La redazione di altitudini.it racconta e discute di montagna e alpinismo.

7 commento/i dai lettori

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  1. Annalisa Ferrario il20 settembre 2016

    Pensavo che i vagabondaggi dovessero riguardare “terre alte” e non la montagna vicino a casa. Non sei mai stato in posti veramente selvaggi? E’ di questo secondo me che bisognava scrivere

    • Gregorio il21 settembre 2016

      Mah, su questo ci sono molte opinioni. Alcuni (e non sono io: ma nomi famosi come Manolo, Messner…) pensano che appunto le montagne dietro casa siano le più importanti. E anche Thoreau, a cui in fondo dobbiamo il concetto di wilderness, la sua Walden l’aveva trovata a pochi chilometri da Boston (va be’ che allora erano tutti i boschi…). Personalmente, mi è capitato di sentirmi più perso e in contatto con la natura in certi boschi sconosciuti dell’Appennino o in mezze valli nascoste, piuttosto che su certe cime dolomitiche superaffollate.
      Ma per rispondere alla tua domanda: sì, certo, mi è capitato poi molte volte di trovarmi in ambienti estremi e difficili. Ma forse il motivo per cui amo andare in montagna è stata proprio la sorpresa di quella “prima volta”.

      • Annalisa Ferrario il22 settembre 2016

        Sarà. Mi chiedo quale fascino possa avere la “mezza montagna”

        • Gregorio il23 settembre 2016

          Dicono (non so se sia vero) che il motivo di questo fascino sia nella nostra fisiologia: perché come genere umano ci siamo formati quando eravamo cacciatori e raccoglitori, e da allora siamo cambiati poco. E quindi, quando ci troviamo persi in una foresta, ci sentiamo a nostro agio. Siamo tornati dove apparteniamo veramente (dicono).

  2. Margherita il8 settembre 2016

    Questo è un racconto molto simpatico e anche un po’ settecentesco nello spirito; inoltre sentieri persi e trovati, svolte e percorsi, e compagnia e affinità e buona volontà occorrono per andar sui monti così come per viaggiare la vita. La vecchina tedesca che canta e suona l’organetto: una figura da film! / http://www.podereleserre.it

  3. Cesare il7 settembre 2016

    molto bello quel lato del monte, e poco frequentato dai turisti; spesso si incontrano animali, caprioli, ecc. Ma per essere precisi, il posto dove siete sbucati si chiama “Rasciesa” (come nella foto), Oberflitz è più in basso, quando vi siete persi probabilmente non vi siete accorti di averlo superato!

    • Gregorio il8 settembre 2016

      Giusto, il nome esatto è Rasciesa (ci siamo tornati molte volte). Ma per noi è rimasto “Oberflitz” per quella prima, mitica volta!

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