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Salita ad "Iddu", il vulcano signore di Stromboli

Salita ad “Iddu”, il vulcano signore di Stromboli

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Innamorato delle Dolomiti, soffre di mal di pianura dove vive e lavora. Ama le altezze, i boschi, i luoghi selvaggi e solitari e gli piacciono i viaggi alla scoperta di cose nuove. Frequentatore della montagna da sempre, quando è costretto fa l’ingegnere civile presso una nota società italiana.
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SALITA AD “IDDU”, IL VULCANO SIGNORE DI STROMBOLI

di Giorgio Milazzo (Padova)

Salire su un vulcano attivo non è cosa da tutti i giorni. Anche se non si può considerare una vera esperienza “no-limits”, quando arrivi in cima e senti il respiro di questo drago ti rendi conto che sei veramente piccolo piccolo. Paura e fascino insieme.

Contemporaneamente c’è un pizzico di ironia a pensare ad un gruppo nutrito di turisti che aspetta sulla cima di un vulcano incitandolo ad una bella eruzione. Se metti a fuoco l’idea nella sua semplicità ti senti un po’scemo.

Iddu, come viene chiamato il vulcano, è il vero signore dell’isola. Lui detta gli spazi antropici, lui scandisce con le sue sbuffate i ritmi. E gli strombolani conoscono questo cuore pulsante come il loro. Me lo faceva capire bene Chiara, una ragazza dell’isola, spiegandomi che nel 2003 c’era stata una colata importante e che il vulcano era abbastanza tranquillo, e me lo confermava Zazà, la nostra guida sul vulcano. Era come se parlassero di un familiare irascibile.

La salita inizia appena il sole sparisce dietro il vulcano. All’ombra di questa rupe nera ci si inerpica prima attraverso la macchia mediterranea e poi nella parte sommitale sulla lava. Salendo, non tanto le eruzioni, ma l’eccezionale panorama verso il mare al tramonto che offre questa montagna di quasi 1000 m sul mare è sorprendente.

Poi, mentre il vento tira teso e il sole sta calando, senti un tonfo del cuore, uno di quei tonfi che sconfinano nelle paure ancestrali. Come cadere da primo in arrampicata sportiva. Il senso del pericolo unito al profumo del coraggio. Iddu ti sorprende di colpo facendoti vedere un po’ dei suoi sopiti muscoli. Lo spettacolo delle schegge di lava che zampillano nell’ombra della sera è qualcosa di unico.

E’ ora di muoversi, la notte è calata senza che ce ne accorgessimo. Frontale, caschetto e maschere antipolvere e via su per il crinale. Il vento sospinge il “profumo del vulcano”, come lo chiama Zazà, verso di noi e ci toglie un po’il respiro. Poi di botto si esce dall’odore dell’inferno e si rimane su uno spazio sospeso che ha come tetto le stelle, come pavimento la nera cenere e come pareti tutto quello che la frontale può inquadrare.

Letteralmente si scia sugli scarponi per un’oretta giù diritti lungo la massima pendenza, su sabbia molto polverosa. Qualcosa, comunque, di assolutamente unico. Riappaiono i canneti, poi l’asfalto, ed alla fine le luci della piazza.

L’escursione è finita. Una esperienza.


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