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IL RESPIRO DELLA VALLEdi Gianni Alberti (Belluno) La Val Crusa è una lunga valle chiusa fra erti, dirupatissimi monti, recitava la guida. Per Giovanni era un luogo sconosciuto e, quando il 1° novembre 1984 lasciò il piccolo abitato de La Muda ancora avvolto nelle ombre del primo mattino, ebbe il presentimento d’introdursi in un ambiente misterioso. Oltrepassati gli orridi burroni di Val Cartifài e Val Polidoro e attraversato il torrente presso la piccola Casèra delle Vàche, s’immerse gradatamente in una realtà appartata e impervia, dove le cime alte e lontane accrescevano l’aspetto angusto del percorso. Raggiunta la Casèra delle Vedèle, Giovanni proseguì fino ai pochi ruderi della Casèra dei Mandrìz, alla testata della valle. Camminava in salita da tre ore, valutando se proseguire verso le forcelle Scalabràs e Giaòn, ma l’ulteriore dislivello e la stagione avanzata, con poche ore residue di luce, lo indussero a fermarsi, ritenendo la missione compiuta. Volutamente senza riferimenti temporali e di spazio, Giovanni cercò d’estraniarsi per assaporare l’essenza di questi antichi luoghi pastorali, dai nomi ancestrali. Tuttavia, si ricordò subito del familiare detto locale “al sól màgna le óre” e comprese che bisognava concentrarsi sul ritorno, poiché il sole stava tramontando dietro i Monti Ferùch e in Val Crusa arrivava una luce radente e irreale. Sotto la Torre del Baranción, sulla traccia che immette nel remoto Van dei Erbàndoi, con un meraviglioso silenzio che induceva alle riflessioni più profonde, Giovanni ebbe l’intima convinzione di non essere solo e avvertì nettamente una presenza. Non era tanto un rumore o sensazione di passi felpati, non un bisbiglio di fondo o un sussurrio dilatato. Sembrava piuttosto un respiro impercettibile, a guisa di un leggerissimo stormire di fronde. Era una partecipazione sospesa e fluttuante, come di un accompagnatore insistente ma invisibile. Con inquietudine, Giovanni si guardò d’intorno e non colse nulla di reale se non nell’aria un’atmosfera arcana. Aveva forse avuto la sorte d’incrociare il decantato e rarissimo Spirito della Montagna? Sensibilmente turbato e con la valle ormai al buio, accelerò il rientro. Ritornato alla civiltà, preferì non dire nulla alle persone più intime e conservò soltanto per sé le emozioni di questa insolita esperienza. Anche dopo, in età matura, quando sovente la saggezza di una vita illumina il ragionamento, non seppe mai darsi una vera risposta né volle mai consultare uno specialista dell’inconscio. Peraltro, gli rimase una malcelata circospezione quando si trovava da solo in montagna: tendeva a voltarsi spesso come chi dubita d’essere osservato. |
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1 commento/i dai lettori
Partecipa alla discussioneSono contenta che tu metta alla prova se stesso anche in questo. L’ho letto ( tradotto) e questo si puó scrivere soltanto un “montanaro”! Quasi sentire Spirito della Montagna. Complimenti e auguri per il tuo blog. In bocca al lupo Gianni