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Bivacco con vista Sassolungo e momenti di vagabondaggio dolomitico

Bivacco con vista Sassolungo e momenti di vagabondaggio dolomitico

VAGABONDO PART-TIME

testo e foto di Gabriele Villa (Ferrara)
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All’inizio fummo vagabondi per necessità.
Eravamo una mezza dozzina di ragazzini, senza mezzi di spostamento, in un paesino di montagna con vista sulla Nord-Ovest del Civetta, guardavamo quel castello di rocce, mentre scorazzavamo sui pendii di erbe e sassi del dirimpettaio Sasso Bianco.
Miravamo alle cime, ma tutto era meta, tutto quello che fino a un anno prima faceva parte dei divieti, uno in pratica, non allontanarsi dal paese.

Avevo diciassette anni, mio cugino e gli altri amici pochi meno.
Dieci anni dopo, cominciai ad arrampicare e il vagabondare divenne verticale, soprattutto quando si sbagliava via o il calcolo dei tempi e si doveva improvvisare.
Erano stress, ma quanto era avventuroso rientrare a notte fonda, al chiaro della luna, ma anche no, riuscendo a malapena a distinguere la traccia del sentiero che ti riportava a casa?
Poi arrivò l’imprinting, una foto in bianco e nero sul libro “Tra zero e ottomila” di Kurt Diemberger: due giovani con gli zaini sulla schiena da cui sporgevano corde da arrampicata, sacchi a pelo, tegamini per scaldare il cibo e una didascalia, “i vagabondi della montagna”. Quello era il sogno e trovai il compagno giusto per condividerlo, facemmo ciò che faceva Diemberger con l’amico Wolfi, in piccolo, perché entrambi avevamo un lavoro fisso ed eravamo alpinisti domenicali, di belle speranze, ma poca esperienza.

Andavamo via tutti i fine settimana, dormendo in auto, a volte in tenda, altre nei “tabià” che, all’inizio degli anni ’80, trovavi quasi tutti aperti e pieni di fieno.
In agosto poi, la settimana intera di ferie era l’apoteosi.
Era il vagabondaggio desiderato, con tenda, fornello, sacco a pelo, utensileria da tavola, necessario per lavarsi nei torrenti e un minimo per cambiarsi, oltre al materiale da arrampicata, naturalmente, perché quella era la “benzina” del nostro motore.
Vagabondare per noi era andare dove ci portava la voglia di arrampicare, ma il senso principale era quello di non sapere al mattino dove si sarebbe dormito la sera, e la speranza di trovare un prato e una notte serena per dormire senza la tenda e con il firmamento stellato che ti riempiva gli occhi. Infatti, in quel periodo, tenevo non solo il diario delle arrampicate, ma anche quello dei bivacchi e nel 1979 furono trentacinque.
Gli impegni di lavoro e poi quelli della famiglia mi hanno sempre impedito di diventare un vagabondo a pieno titolo, così come di impegnarmi in avventure extraeuropee.
Mi sono accontentato di essere un vagabondo più nello spirito che nei fatti.
Un vagabondo par-time.

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Villa Gabriele bc16_voltoGabriele Villa | Frequento la montagna fin da ragazzo, oggi continuo a praticarla da escursionista, da ciaspolatore e da alpinista. Sono istruttore regionale di alpinismo dal 1984, ancora in attività. Amo raccontare scrivendo e sono stato blogger del sito intraisass fino alla sua chiusura, dopo la quale sono felicemente approdato ad altitudini.

Il mio blog | Dopo essere stato blogger di intraisass, mi sono avvicinato ad altitudini.it nell’anno 2012 partecipando al primo Blogger Contest. In altitudini.it ho trovato uno luogo di scrittura e dibattito ad ampio raggio, culturalmente stimolante, legato ai temi della montagna, che è la mia grande passione – http://old.altitudini.it/author/gabriele_villa/

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Red. ≈altitudini.it | La redazione di altitudini.it racconta e discute di montagna e alpinismo.

2 commento/i dai lettori

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  1. Gabriele Villa
    Gabriele Villa il1 ottobre 2016

    Grazie Alberto. Qualcosa devo anche a te perchè l’esperienza del fu-intraisass mi ha di certo aiutato a districarmi sull’impervio sentiero della buona scrittura.

  2. Casa di Cultura C il1 ottobre 2016

    Bravo Gabriele. Alberto Peruffo / http://casacibernetica.wordpress.com

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