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Dolomiti, un cercatore di appigli in azione

Dolomiti, un cercatore di appigli in azione

IL CERCATORE DI APPIGLI

testo e foto di Fernando Bellotti (Pedrengo, BG)
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Ok, vado io”.
Tre parole, una responsabilità.
Siamo sulla Est del Catinaccio, ormai da parecchie ore, e da un paio di tiri siamo fuori via. Non di molto, ma abbastanza per farci perdere la bussola. É tardo pomeriggio e non abbiamo molto tempo a disposizione.
Incomincio a scalare. Mi aspetta un lungo traverso verso sinistra, quello che sembra l’unica traiettoria percorribile per levarsi dai problemi. Poco alla volta esco dalla vista dei miei due compagni e rimango solo, un puntino isolato, in una parete enorme.
Un tiro di corda in fondo, sono solo pochi metri. Tutti da percorrere per capire se il mio viaggio avrà successo.
Sono ispirato, concentrato e calmo. Non penso a nulla, solo a cercare appigli.
Percepisco a colpo d’occhio che alcuni sono buoni, mentre per altri ho bisogno di sentirli tra i polpastrelli. Mi muovo lento, ma efficace, ed è una bella sensazione avanzare con fluidità. A volte cerco di sporgermi per intravedere qualche metro in più, per capire dove sto andando. Come un velista sulla sua barca o un pioniere del vecchio West.
Io non lo so se qualcuno è già passato di qui. Ma in fondo che importa? Per me è un terreno del tutto inesplorato. Chiodi non se ne vedono e comunque potrei essere nel deserto, al polo nord o in una navicella spaziale. Di fronte all’ignoto le grandezze e le distanze appaiono identiche. La percezione delle difficoltà da affrontare è dentro di noi.
Quei pochi metri rappresentano la giungla tropicale e la “sosta” da trovare, la civiltà perduta che va scoperta. Finalmente riesco a proteggermi, un dado in una piccola scanalatura nella dolomia. Mi sento sollevato, ma non ancora libero.
La mia piccola esplorazione prosegue il tempo non conta più nulla, sospeso e dimenticato anche lui. Ancora qualche metro e riconosco il tiro originale della via e finalmente poco sopra di me, un paio di chiodi che mi indicano la fine del viaggio.
Mentre mi assicuro e recupero i miei compagni sento di liberarmi della responsabilità, mi sento compiaciuto e vagamente euforico.
Chissà se anche Amundsen, raggiunto il polo Sud,  ha provato la stessa sensazione.

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bellotti-fernando-bc16_voltoFernando Bellotti | Sin da bambino sono un innamorato delle montagne e degli ambienti naturali in generale. Di professione ho scelto quindi di fare il Geologo. Mi piace scrivere delle mie esperienze in montagna. Stringere la mano ai compagni di cordata raggiunta una cima, per me ha ancora significato.

Il mio blog | Il blog del Gruppo Alpinistico Presolana raccoglie le avventure dei Soci, amici o semplici appassionati che hanno voglia di raccontare le proprie esperienze in montagna – http://www.gapscanzo.net

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Redazione altitudini.it autore del post

Red. ≈altitudini.it | La redazione di altitudini.it racconta e discute di montagna e alpinismo.

4 commento/i dai lettori

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  1. Gianluca il13 settembre 2016

    Il lusso e la bellezza di potersi sentire ancora esploratore. Forse solo in montagna o in parete possiamo sentirci ancora tali. Bel racconto, grazie!

  2. Alice Tebaldi il12 settembre 2016

    Quante emozioni in questo tuo racconto, condivido pienamente!

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