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dalla cresta del Cimon Rava

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MASKA, IL VAGABONDO DELLA MONTAGNA

testo e foto di Andrea Carta (Vicenza)
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Maska ha accompagnato gente in montagna per trent’anni: gruppi, corsi, aggiornamenti tecnici… e tanto altro.
Ma non era un professionista, solo un appassionato che ereditò dalla famiglia la tradizione e la missione di fare montagna con e per gli altri, a ottimi livelli tra l’altro.
Poi, improvvisamente, tutto questo finì, maciullato dall’arrivismo e dall’opportunismo altrui.
E così Maska si ritrovò “pensionato” da quell’attività cui aveva dato tanto, sacrificando tempo alla famiglia, al lavoro, ai propri sogni alpinistici nel cassetto.
Sepolta la rabbia, almeno nelle intenzioni, e superato il disagio iniziale decise di provare a cambiare tutto: zaino, scarponi, vestiti… ma soprattutto il modo di andare in montagna. Non più schiavo di scadenze, programmi, attese, discussioni, delusioni… solo lei, la Montagna, così come veniva, in libertà.
E allora via, senza meta, senza programmi, con un nuovo zaino, vuoto, da riempire con nuove amicizie, nuove soddisfazioni, in semplice e onesta armonia con tutti e con tutto.

Seguiva viàz sconosciuti, fermandosi su un prato blu di genziane o cercando la piccola salamandra tra i sassi umidi o appostandosi in attesa dell’aquila che tornava al nido, talvolta sbucando d’improvviso davanti a un camoscio così incredulo da non riuscire nemmeno a  scappare o perdendosi tra le pieghe di pareti sconosciute e ritrovandosi a sera ormai imminente senza nulla per passare la notte.
Ma in fondo al suo cuore c’era ancora qualcosa di amaro, gli occhi opachi, l’animo triste, trafitto dalle ferite recenti e ancora incredulo di fronte allo spudorato tradimento.
Maska aveva un posto “suo”, una seconda casa tra le crode, dove andava spesso, anche da solo, per giorni, a volte. Così poteva accadere che non rientrasse la sera, come aveva detto… ma ormai i suoi cari non se ne preoccupavano più di tanto, stava diventando un’abitudine.

Ma quel giorno Maska non tornò… e nemmeno quello dopo: c’era un presentimento strano, diverso dal solito; a casa aspettarono, aspettarono… non era come le altre volte. Chiamarono quelli del posto, chiesero notizie; gli risposero che qualcuno l’aveva visto seguire un camoscio lungo una parete scoscesa, altissima… poi più nulla.
Passarono giorni su giorni… la rassegnazione ormai strappava il posto alla speranza… altre  ricerche, un po’ di angoscia.
Forse aveva scelto che doveva finire così, lassù in montagna, nel cuor delle Alpi… .
Invece tornò, dopo quasi una settimana, stanco, logoro, sfinito… ma nei suoi occhi brillava una luce nuova, mai vista prima, una luce che si diffondeva libera e riempiva la valle, ormai colorata dall’autunno imminente… mentre lui ripeteva un motivetto, sottovoce: «E il vagabondar m’è dolce, tra questi monti».

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carta-andrea-bc16_voltoAndrea Carta | Vivo (e lavoravo, sic!) a Vicenza. Vado in montagna da (tanti) anni e ci torno ogni volta che posso, specie in Dolomiti, in tutte le stagioni. Ho scritto e pubblicato di montagna e imprese storiche alpine (vedere http://old.altitudini.it/cima-undici-100-anni-dalla-grande-impresa-dei-mascabroni/)… e continuo tuttora.

Il mio blog | è altitudini.it – http://old.altitudini.it/author/andrea_carta

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Red. ≈altitudini.it | La redazione di altitudini.it racconta e discute di montagna e alpinismo.

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