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Sono solo pochi sassi, ma portano alla salvezza

Sono solo pochi sassi, ma portano alla salvezza

DIVENTERAI UNA MACCHINA, UNA MACCHINA UMANA

testo e foto di Alberto Piovesan (Breda di Piave, TV)
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Come da tradizione, anche quell’anno lui ed il suo collega avevano organizzato per agosto una nuova avventura in montagna da condividere con i loro amici.
Avevano deciso come destinazione il bivacco Baracca degli alpini, protetto dalle possenti spalle della Tofana di dentro, da raggiungere comodamente sfruttando la funivia e percorrendo il sentiero attrezzato.
Lui però, quell’anno, era diverso. Non si accontentava della comodità, rifiutava qualsiasi aiuto: era reduce da un intenso corso con una Guida alpina che lo aveva portato a scalare la Marmolada in quattro ore, scendere i 2000 metri della normale al Piz Bernina, svegliarsi alle 3.30 per salire alla Punta Gnifetti senza particolare acclimatazione. Soprattutto, aveva imparato a soffrire: sacrifici economici per pagarsi uscite e materiale, sacrifici sociali rinunciando ad amici e fidanzata, sacrifici morali imparando l’enorme valore della sconfitta. Tutto questo l’aveva fortificato e reso un estremo calcolatore, aveva affinato i sensi e si sentiva un tutt’uno con ciò che lo circondava, con la Montagna.

Fu così che, mentre i suoi amici stavano comprando i biglietti della funivia, lui partì col suo zaino lungo il sentiero che porta al rifugio Ra Valles, in perfetto silenzio esteriore che ben nascondeva gli ingranaggi interni intenti ad elaborare ogni passo. Dopo aver attraversato il bosco ed essersi inerpicato tra i detriti, si imbatté in un cucciolo di camoscio: tra i due si instaurò una sorta di ballo a distanza, un tango, fatto di sguardi, due passi avanti ed uno indietro, avviluppati in un tacito rispetto reciproco che durò finché l’animale volle, ma che piacque ad entrambi. Da lì proseguì attraversando due piccoli nevai residui e, abituato com’era alla neve, decise di salire in vetta nonostante si stessero alzando nubi fastidiose. Il suo istinto gli fece udire un piccolo ruscello e gli suggerì di costruire un ometto roccioso, cosa che fece volentieri. Le nuvole si fecero più insistenti e minacciose, tanto da obbligarlo a rientrare, ma la visibilità era pressoché nulla e doveva accelerare: la calma interiore vedeva distintamente, il muro bianco di neve e foschia non erano un problema, e subito l’orecchio colse lo scorrere del ruscello che gli indicò la direzione corretta, confermata subito dall’ometto goffamente eretto.
Il corso l’aveva trasformato, se ne rese conto, era diventato anch’egli un animale che viveva i ritmi della natura. Ma per quel giorno le emozioni potevano bastare, doveva tornare nel mondo normale: i suoi amici lo stavano aspettando al bivacco.

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piovesan-alberto-bc16_voltoAlberto Piovesan | Sono diventato un impiegato, certo, ma appena possibile evado e mi rifugio dove posso dare il meglio di me, dove i miei sensi si trasformano: in questi ambienti montani, dal bosco al ghiacciaio, dalle Dolomiti alle Alpi occidentali, riesco a trovare l’ossigeno che alimenta la fiamma della libertà. E, quando posso, diffondo tale passione con tutte le mie forze.

Il mio blog | Gestisco una pagina Facebook che propone notizie e riflessioni sulla montagna e sul mondo che vi gravita attorno; è una semplice vetrina che dalla pianura dà sul verticale. Anche se è rivolta a poche persone, sono soddisfatto del seguito che sta avendo in questi anni e dei risultati a livello umano che ne sono derivati – http://www.facebook.com/PioCam-srl-263915090363802/

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