Alain Robert. IMS Walk Day 2014 alla Plose (©ph. Matteo Zanga)

Alain Robert. IMS Walk Day 2014 alla Plose (©ph. Matteo Zanga)

Della motivazione, del talento o della sua mancanza, dell’impossibile che impossibile non è mai: Alain Robert e la scalata urbana.
Alain Robert (© Ph. Sergio Veranes pour l'Association Williams & Beuren)

©Ph. Sergio Veranes pour l’Assoc. Williams & Beuren

Confesso che non sapevo quasi nulla di Alain Robert, prima di incontrarlo all’IMS. L’Uomo Ragno, sì, sicuramente ne avevo sentito parlare ma non mi ero mai soffermata davvero su quello che faceva (e che fa); soprattutto non conoscevo la sua storia.
Non sapevo, per esempio, che a causa di due gravi incidenti occorsigli in gioventù fosse stato dichiarato invalido al 60% e che, teoricamente, non potrebbe più arrampicare.
Non sapevo che nemmeno per un minuto Alain avesse, in seguito a questo, seriamente pensato di smettere, e che avesse riacquistato le sue capacità centimetro dopo centimetro, accontentandosi di piccoli miglioramenti quotidiani e animato da una forza di volontà davvero fuori dal comune. Non sapevo, infine, che fosse stato ospite delle prigioni di mezzo mondo – è stato arrestato più di cento volte – perché quello che fa è sostanzialmente proibito e, se a volte gli arresti sono una formalità che viene sbrigata in poche ore, in altri casi le autorità locali non sono altrettanto tenere «In Malesia, in Malesia ho incontrato dei personaggi piuttosto duri».

L’arrampicata è la mia passione, la mia filosofia di vita. Anche se soffro di vertigini, anche se i miei infortuni mi ha lasciato una disabilità del 66%, sono diventato il miglior scalatore in “free solo”.

Sono più di centoquaranta gli edifici da lui scalati in tutto il mondo – dalla Sears Tower a Chicago all’Empire State Building a New York, fino alle Petronas Twin Towers a Quala Lumpur – e tutti rigorosamente in free solo. «Le Petronas Tower sono molto diverse tra loro, quando ho finito di scalare la seconda, più difficile perché costruita diversamente, mi dissero con orgoglio che era stata costruita in un tempo record – Si vede, avrei voluto rispondere!»
Oggi, capita che le sue arrampicate siano organizzate e sostenute da degli sponsor, ma lui liquida velocemente la questione: «E’ sempre meglio che lavorare da Mac Donald, no?»
Alain – e questo non potevo effettivamente saperlo – è anche una persona davvero simpatica e disponibile, ha l’aria di un rocker, assomiglia vagamente a Steven Tyler degli Aerosmith e ama vestirsi di rosso. All’IMS abbiamo avuto modo di chiacchierare un po’ e questa è la mia intervista.

Alain Robert on Qatar’s highest building

Alain Robert on Qatar’s highest building

Alain, qual è la cosa che ami di più dell’arrampicata urbana?
E’ l’idea della linea verticale, della linea verticale perché gli edifici è proprio così che sono: completamente verticali, una linea perfetta dall’alto in basso, e poi amo i materiali: il vetro, per esempio, che è completamente liscio, scivoloso a volte. Arrampichi la Sears Tower e sono quasi 500 metri verticali ed è una sensazione unica, perché hai sempre l’idea della distanza che stai percorrendo: in ogni momento vedi le persone, le macchine e tutto ciò che vedi ti ricorda quanto effettivamente sei in alto. Quando scali una montagna non è sempre esattamente così, non è detto che si possa vedere fino alla base, il colpo d’occhio è diverso: magari ci sono tratti verticali e altri meno, vedi un albero, che magari è solo un cespuglio, ma la percezione è meno netta.

Come ti prepari a scalare un edificio, che cosa fai il giorno prima, per esempio?
Dipende dall’edificio, se è difficile o meno. Se è facile, non faccio nessuna preparazione specifica, se invece è difficile, faccio un allenamento mirato sui muscoli che andrò ad usare di più. Può essere che decida di arrampicare su un muro a casa mia o su qualche parete, per prepararmi, la cosa importante è verificare sempre che il mio corpo risponda come deve.

Non scali più in montagna? Non ti manca?
A volte, ma non così spesso ormai. E sì un po’ mi mancano le montagne, mi piacerebbe per esempio tornare nel Verdon, è un posto bellissimo, ma il punto è che non si può fare tutto e come tutti ho dovuto scegliere. Però sì, la montagna un po’ mi manca.

In che misura, secondo te, quello che fai è questione di talento?
Io non credo di avere una particolare predisposizione all’arrampicata. Niente nella mia persona faceva pensare che potessi diventare un arrampicatore, anzi: quando ero giovane avevo paura del vuoto! Il fatto che io oggi scali in “free solo” è una questione di motivazione che si ha nel fare qualcosa. Nel mio caso è stato un film a ispirarmi, a farmi decidere che questo era quello che volevo fare: il film si chiama “The Grieving Snow” ed è la storia di due fratelli impegnati in una missione di soccorso in montagna. Io da giovane ero anche piuttosto gracile. La mia struttura fisica non faceva affatto pensare che avrei arrampicato ma, senza dubbio, avevo grande forza di volontà, quella che deriva dall’essere ispirati da qualcosa. Ho visto questo film, e ho deciso che anch’io.

Hai detto che da giovane avevi paura del vuoto e sul tuo sito c’è scritto “segni particolari: soffre di vertigini”. Tu? Soffri di vertigini? E come hai fatto a gestire questa paura?
Credo che si tratti di un percorso molto personale, nessuno può dirti come fare a superarla. Alcune persone semplicemente non vogliono misurarsi con la paura, non ci provano nemmeno e tendono a evitare qualsiasi situazione potenzialmente pericolosa, altre invece per qualche ragione ci riescono… e gli piace pure. E credo che questo sia il punto. Se anche solo da un punto di vista estetico ti piacciono le linee verticali, di sicuro troverai il modo di superare questa paura, ma se manca questa spinta, se la linea verticale viene percepita soltanto come ostile o spaventosa, allora non ha nemmeno senso combattere questa paura.

sr_Alain Robert_03L’arrampicata – la tua in particolare – racchiude in sé un gesto anarchico: quello che fai di fatto è proibito. C’è un messaggio che vuoi trasmettere?
Ce ne sono due, e hanno a che fare con la libertà e con la sicurezza. Ogni giorno – alla televisione, alla radio – siamo ossessionati dalla sicurezza, ci sono leggi che regolano qualsiasi cosa: a Yosemite, per esempio, è proibito fare base Jumping da El Capitain: non è una cosa assurda? Posso capire che sia proibito lanciarsi da un edificio, può essere pericoloso per la gente sotto. Ma da El Cap?
La nostra società tende a essere fin troppo attenta ai pericoli: siamo circondati da pericoli 365 giorni all’anno: in inverno c’è chi scia quando non deve, in estate chi nuota con le mareggiate… Così io scalo, in città, senza corda, se sei in pericolo ti senti più vivo che mai. I giornalisti ripetono sempre le stesse cose ma parlano molto meno degli incidenti in auto, per esempio. Forse perché vendere auto è importante?

Guardando quello che fai è impossibile non pensare a Philippe Pétit, il funambolo, l’hai mai conosciuto?
No, non l’ho mai incontrato devo dire, ma oggi molta gente pratica la slackline, che è ancora più difficile rispetto a camminare su un cavo perfettamente rigido. Però ci sono degli allenamenti specifici, sia per camminare che per cadere. E se si cade ci si può sempre aggrappare al cavo con le mani (ndr: certo, come ho fatto a non pensarci?), o se si vuole farlo in assoluta sicurezza… beh, basta usare un paracadute.

Progetti per il futuro?
A dicembre sarò a Dubai, per scalare la Cayan Tower, poi forse farò qualcosa in Giappone. C’è un giornalista francese che vuole organizzare una performance per scalare qualcosa insieme… sarà divertente.

(Simonetta Radice, inviata di altitudini.it all’IMS International Mountain Summit di Bressanone, 16-21 ottobre 2014)

Alain ROBERT The french spiderman Merchandising - http://alainrobert.spreadshirt.fr

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Simonetta Radice autore del post

Simonetta Radice | Giornalista pubblicista, addetta comunicazione. Da sempre amo la montagna e tutto ciò che ha a che fare con essa. La libertà è un poco al di là delle tue paure. Vivo tra Milano e Gignese (VB) e questo è il mio blog http://estateindiana.wordpress.com/

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