Il Bèco d'Aial da Ciou del Conte

Il Bèco d’Aial da Ciou del Conte

Nella toponomastica di Cortina d’Ampezzo la voce Aiàl (plurale Aiàde) ricorre in varie occasioni e in luoghi diversi fra loro.

In primo luogo, Aiàde identifica il torrente che percorre la Val d’Ortié confluendo nel Boite, quindi il ponte che scavalca il torrente stesso, situato a 1236 m sulla strada forestale segnavia n. 427 che da Socòl sale alla località Pian de ra Baita.

Aiàl è anche una particella boschiva presso il bivio di Fedèra Vecia, tra il Passo Tre Croci e Misurina; il toponimo si riferisce poi al torrione di roccia scura (Bèco d’Aiàl) immerso nel bosco alle falde nord della Croda da Lago, e infine al laghetto alla base del citato Bèco ed al rifugio che sorge sulle sue rive.

Secondo il glottologo Carlo Battisti (I nomi locali della Comunità d’Ampezzo, Dizionario Toponomastico Atesino, vol. III, parte III, Firenze 1947), la voce Aiàl, palesemente ladina, deriva dal latino area, arealis col valore di “piazzale nel bosco ove tempo addietro si costruivano le pile dei carbonai”. La voce identifica quindi radure sottoposte a disboscamenti per ricavarne carbone e ricorre, con lievi varianti grafiche, anche in zone prossime all’Ampezzano.

EM_cartello_04Nei pressi del lago d’Aiàl in epoca remota sarebbe stato dunque ricavato col taglio di piante uno spazio per la produzione del carbone. La prima notizia del lago appare quasi sette secoli fa, in un atto di confinazione fra la Regola d’Ambrizzola e la Comunità d’Ampezzo del 24 agosto 1333 (pergamena n. 16, “Limite dei pascoli di Falzarego e Ambrizzola”, presso l’archivio delle Regole; traduzione di Giuseppe Richebuono). Trovandosi presso una piccola area paludosa detta Parù de ra Faa, nel documento il lago viene denominato “lago della palude della fava”.

Alcune fonti, anche recenti, riportano poi la denominazione ormai desueta “Lago del Jàibar”; si tratta di una storpiatura ampezzana della voce tedesca “Schreiber”, che equivale a “scritturale, scrivano” e fu il soprannome che ebbe a metà Ottocento l’impiegato comunale Michele Arcangelo Dandrea. Il Dandrea lo passò poi alla famiglia – oggi estinta – della quale si ricorda il figlio Teofrasto, imprenditore di vari interessi che anche al lago d’Aiàl giocò il suo piccolo ruolo, avendo ottenuto dal Comune la concessione di pesca per un ventennio ed avendovi impiantato un deposito di attrezzi che pare funse anche da rustico ristoro.

Nuvolau e Averau

Nuvolau e Averau

Ernesto Majoni autore del post

Ernesto Majoni | Direttore editoriale de Le Dolomiti Bellunesi, pubblicista, accademico del Gruppo Italiano Scrittori di Montagna. Si diletta di cultura ladina, storia e alpinismo, collabora con diverse testate, vive a Cortina d’Ampezzo (Belluno).

5 commento/i dai lettori

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  1. Valentino Roiatti il15 agosto 2013

    Sono interessato al nome Iof e Iovet dei monti friulani . Qualcuno mi puo’ aiutare?
    Valentino Roiatti Udine
    grazie

  2. Ernesto Majoni
    Ernesto Majoni il3 maggio 2013

    Mi rendo conto con soddisfazione che il toponimo è diffuso in un’area molto vasta, al di là del “ladino”, ed in ognuna ha risvolti storici sicuramente interessanti.
    Sono lieto che la cosa interessi: in futuro proporrò l’analisi di altri toponimi.
    Ernesto Majoni

  3. Maurizio Salvadori
    Maurizio Salvadori il2 maggio 2013

    A Sagron Mis (TN) una recente ricerca ha censito oltre 180 Ajal (intese come piazze carbonili) distribuite su un territorio di circa 600 ettari e rappresentano anche da noi una sorta di stradario forestale, utili indicazioni micro-toponomastiche.
    Questo rilievo è corredato da una analisi sull’evoluzione bosco-prato dal Settecento ad oggi.
    In effetti, qualche “sospetto” sull’importanza di queste Ajal nei confronti delle dinamiche insediative c’è sempre stato, difatti il mito di fondazione per la comunità di Sagron Mis è attribuito ai carbonai che seguivano fin qui le compagnie minerarie.
    Il 18 maggio verrà presentata una pubblicazione che tratterà proprio questi temi nel contesto di Sagron Mis.

    Maurizio

  4. Un saluto a tutti,
    lavoro nella foresta del Cansiglio da ormai molti anni, i miei nonni materni erano cimbri.
    Il termine “aial” in Cansiglio era ed è ancora noto ed indicava lo spazio pianeggiante ricavato nel bosco per costruirvi sopra il “poiàt” cioè il mucchio orddinato di rami di faggio, ricoperto poi da terra e foglie, che veniva acceso con una combustione senza fiamma per ircavarne il carbone. In cansiglio ogni anno in luglio si fa ancora la festa dei carbonai con la preparazione di un piccolo poiàt in località Lamar.

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